Il romanzo non è di facile lettura. Probabilmente il suo valore è legato ai tempi e ai luoghi in cui viene letto.
Per saperne di più metto il link dell'articolo dell'Huffington post dedicato con intervista dell'autore
https://www.huffingtonpost.it/2016/03/04/2084-boualem-sansal_n_9381564.html
...Continua2084. La fine del mondo di Boualem Sansal è il premio della caccia al tesoro vacanziera: quale libro che non ho letto è considerato un capolavoro? Si è rivelata una lettura urgente e necessaria per capire quanto avere categorie di pensiero contemporanee possa rispondere alle nostre esigenze di osservare il mondo al di là delle banalità propinate.
Paolo Cognetti nel mirino
Questo articolo nasce dalla presa di coscienza che ho stipulato un patto con Estetica-Mente per scrivere un articolo alla settimana. Ho sempre buone idee, la modestia non mi è mai mancata del resto, ma questa settimana ne avevo una geniale. Vi spiego: grazie ad un’amica avevo agganciato Paolo Cognetti, eravamo pronti ad intervistarlo ma questo che fa? Vince lo Strega e così io, povero redattore di questa modesta rubrica, mi devo accodare alle grandi televisioni ed ai grandi critici. Poco male, lo incontrerò tra qualche settimana quando le acque saranno più calme. Mi va riconosciuto il fatto che sto diventando una specie di Re Mida: all’Europeo guardavo solo il Portogallo e sappiamo com’è finita, ora Cognetti e potrei citarvi molti altri casi ma mi fermo qui. E allora l’Inter? Potrebbe domandare il popperiano di turno apostrofato anche in lingua swahili “lo spettina minchia”. Bè caro il mio cigno nero, gli oroscopi e le autobiografie hanno una cosa splendida in comune: scegli tu cosa tenere e cosa no. Ora gentilmente spostarsi, grazie.
Letture vacanziere
Dopo questa breve ma non brevissima introduzione vi racconto cosa ho letto questa settimana, così dalla redazione non possono accusarmi di non fare il mio dovere come non vedono l’ora di fare.
Questa settimana sono stato sull’isola di Fuerteventura con mia moglie per una piccola vacanza. So che non ve lo state chiedendo ma vi aggiorno lo stesso: tutto bene, grazie.
Quando vado in vacanza, in particolare su un’isola, mi porto sempre un libro che non ho letto ma che viene considerato un capolavoro o un grande classico che non ho avuto il tempo di leggere. Anche questa volta è andata così, ed ho scelto di leggere 2084 – La fine del mondo di Boualem Sansal, scrittore algerino sotto gli occhi dei grandi critici in questo momento anche grazie alla fama procuratagli dal quel tipaccio rispondente al nome di Michel Houellebecq.
La pubblicità di Houellebecq
Riassumo la faccenda: Boualem Sansal scrive un romanzo molto forte in cui immagina una teocrazia che per certi versi richiama alla contemporaneità di alcuni estremismi, arriva Michel Houellebecq e dice (dopo tutto quello che ha scatenato il suo Sottomissione) se il mio libro vi sembra terribile provate a leggere 2084.
Boom! Questa frase diventa la miglior pubblicità al libro di Sansal e il libro viene letto con un intento esegetico che forse ruba al libro la sua caratteristica più esaltante: la profondità del racconto.
Un impero teocratico
La narrazione è ambientata in un ipotetico futuro in cui il governo teocratico rispondete al Dio Yölah ha in mano la completa gestione del tempo e della libertà di tutto l’Abistan, impero vastissimo che ha completamente sconfitto e relegato i propri nemici al di fuori del proprio territorio.
In questo spazio sconfinato e insieme strettissimo per quanto riguarda libertà personali e libertà di pensiero, gli unici che hanno libera circolazione sono i pellegrini che visitano i luoghi Santi del grande Dio Yölah .
Il pellegrino Ati
A farci entrare in questo impero oscuro e melmoso è proprio un novello pellegrino, attratto in realtà non dalla santità propagandata dal regime ma dalla domanda opposta: cosa c’è di là? Chi sono i cattivi?
Esempio chiaro di pensiero critico, Ati è un uomo a cui gli anni di sanatorio hanno evidentemente donato una saggezza e una lucidità molto grande, mente libera in cui le domande sulla vita nell’Abistan superano le certezze.
Riconoscimenti meritati
Il romanzo è avvincente e le atmosfere sono davvero pregne di sensazioni forti, quelle che si provano attraversando il deserto del Sahara o i monasteri sulle pendici dei monti dell’Africa sahariana. I dialoghi e le riflessioni sono illuminanti e portano il lettore ancora più dentro il racconto, calandolo in un gioco linguistico prima che narrativo. Insomma, un libro a cui i riconoscimenti internazionali non sono piovuti di certo per caso, ma anzi hanno colto un terreno da cui lasciarsi cullare e custodire.
Impianto generale del libro
Detto questo vorrei fare una riflessione sull’impianto generale del libro. Ovviamente tutti hanno associato 2084 al capolavoro di Orwell da cui anche la scelta cronologica del titolo (così parrebbe in effetti), ma a mio modesto avviso Boualem Sansal non si occupa solo di politica e di come un regime può o non può organizzare la vita di migliaia di persone. In 2084 c’è una riflessione che racconta anche cosa è diventato l’uomo e quali percorsi mentali è capace di intraprendere da solo senza trovare terreno intellettuale intorno a sé.
La denuncia epistemologica
Nelle prime pagine del libro si parla di un nemico che non viene più neanche considerato tale vista la grandezza della vittoria del regime e questa diventa una riflessione centrale nel libro perché siamo di fronte alla cancellazione di ciò che è altro, della diversità, della categoria stessa del pensiero.
Quanti oggi, nell’epoca di internet e della facilità nel recuperare le informazioni, si chiederebbero cosa esiste oltre al mare che vediamo? Riusciamo ancora ad immaginare qualcosa che non abbiamo mai esperito? Riusciamo ad immaginare quello di cui non abbiamo mai sentito parlare?
Dal mio punto di vista questa è la riflessione più interessante che compare nel libro, una denuncia epistemologica a tutto l’Occidente. C’è una branca dell’antropologia che da anni si occupa di smontare il mito degli scrittori di culture non occidentali basandosi su un principio sacrosanto: perché raccontate la cultura che non vi appartiene col linguaggio della vostra cultura?
È facile capire come questa domanda può da sé smontare centinaia di riflessioni antropologiche che hanno la profondità della mia visione del reef con la maschera e il boccaglio del supermercato.
Credo che 2084 sia un libro veramente urgente e necessario per capire oggi cosa voglia dire avere categorie di pensiero contemporanee e che possano rispondere alle nostre esigenze di osservare il mondo non facendoci travolgere dalla banalità dei quotidiani e dei telegiornali.
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Ero molto incuriosita da questo romanzo che promette di ispirarsi a “1984” di Orwell e di restituircene una versione attualizzata, nel contesto dei problemi legati al terrorismo dell’ISIS. Così appena è uscita l’edizione italiana me ne sono procurata una copia e ho cominciato la lettura, con una serie di timori e di aspettative. In sostanza i timori riguardavano la possibile (probabile?) strumentalizzazione politica di un romanzo di così immediata attualità; le aspettative tuttavia, di matrice filosofico-letteraria (cosa avrà ripreso e cosa avrà rivisto Boualem Sansal del mondo orwelliano? Come avrà immaginato il totalitarismo di domani?), facevano da contrappeso ed equilibravano i timori. Dopo un inizio forse lento, ma con un suo fascino nelle descrizioni di una società completamente sottomessa da un regime religioso totalizzante (di ispirazione chiaramente islamica), la macchina narrativa si inceppa, e l’unica reazione che riesce a suscitare è la noia. Ripetizioni, mancanza quasi assoluta di parti dialogiche, apparenti o reali incoerenze, e infine, nella parte centrale e finale, una specie di sciatteria anche nella forma, come se si trattasse più del riassunto di un’opera ancora da scrivere e rivedere che di un romanzo pronto per la pubblicazione. Confesso di aver finito la lettura per un autoimposto senso del dovere più che per interesse. Anche l’idea di Orwell è stata ripresa in modo pedissequo e, francamente, non so cosa mi rimane di questa lettura.
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Un po' 1984, un po' Il Signore degli Anelli, è stata una fatica immane leggerlo.
Nessuna originalità, nella maniera più totale, con due o tre concetti (già letti mille volte e digeriti in passato), ripetuti mille volte.
Una noia mortale.
Chi non ne ha abbastanza di cronache (ahinoi quasi quotidiane) di attentati terroristici di matrice islamica e di cosiddette guerre di religione non perda l’occasione di leggere questo romanzo. Sulla falsariga dell’ormai epico racconto orwelliano, Sansal mette in scena l’apocalittico mondo dell’Abistan, un ipotetico, immenso stato totalitario-teocratico in cui – neanche a dirlo – regnano incontrastate l’intolleranza verso qualsiasi forma di dissenso politico-religioso e la manipolazione delle menti e della storia. Il protagonista, reduce da un lungo soggiorno in un sanatorio tra le montagne, cerca invano di capire chi sia e dove viva e per questo intraprende un viaggio perigliosissimo verso la capitale del regno. Fra dubbi esistenziali e false rivelazioni, incontrerà un campionario di accoliti di regime, di spie e di malfattori che gli faranno vivere avventure piene di angoscia e di pericoli.
L’avvertenza iniziale, piena di evidente ironia, e i primissimi capitoli, se scritti con l’intento di far decollare il romanzo lasciando supporre che lo stesso ci porti aldilà della riproposizione di una critica feroce alle distopie, tradiscono ampiamente le aspettative.