Il "grande fratello" fu inventato per mostrare al pubblico le dinamiche di un gruppo di persone costrette a vivere in un ambiente ristretto per un certo periodo di tempo. Telecamere registrano ogni fatto e l'audience si innalza tanto più all'interno avvengono fatti anomali, o scandalosi, o negativi o verbalmente scorretti.
La Nothomb in questo romanzo va oltre: e inventa una società del futuro in cui viene realizzata una trasmissione che si chiama "Concentramento". Le regole all'interno sono le medesime utilizzate dai nazisti nei campi di concentramento.
"Venne il momento in cui la sofferenza altrui non li sfamò più: dovevano trasformarla in spettacolo".
Più elevata è la violenza, più elevato è il raccapriccio, più elevata è la consapevolezza di essere spettatori di una cosa inaudita, più lo spettacolo è assicurato e l'audience schizza alle stelle.
"Un programma televisivo spesso è l’unico argomento di conversazione, tra le persone. Per questo tutti guardano le stesse cose: per non rimanere isolati e poter condividere qualcosa"
E' corrosiva Amélie, provoca ed esagera per farci ragionare. Ma è veramente esagerazione? L'audience televisivo non aumenta quanto più ci sono disastri, omicidi, stupri e scandali? Non siamo anche noi inconsciamente alla ricerca di esagerazioni al negativo?
“Non si diventa innocenti per il semplice fatto di lavarsi le mani di una situazione.”
...Continua"Chiunque conosca un inferno durevole o passeggero per affrontarlo può ricorrere alla tecnica mentale più gratificante che esista: raccontarsi una storia."
Parte in quarta, poi piano piano si perde.
E sul finale avrei voluto più acido solforico.
Ovvero: niente e vissero tutti redenti e santi.
Primo libro che leggo di questa autrice:
pur non essendo il mio genere, non mi è dispiaciuto affatto.
Si tratta di un romanzo breve (130 pagine) che è allo stesso tempo una critica ad un certo tipo di intrattenimento televisivo (che mescola insieme tv del dolore e reality show) ed una riflessione sull'umanità. In particolare, viene evidenziata e messa alla berlina l'ipocrisia di coloro che si sentono superiori a certe bassezze e turpitudini ma alla fin fine soggiaciono pedissequamente alle logiche del mercato.
Pannonique, una ventenne colta ed elegante, finisce in una retata e viene rinchiusa in una sorta di campo di concentramento, ripreso da telecamere 24 ore su 24. Diventa così uno dei protagonisti di un reality show molto particolare in cui puntata dopo puntata verranno eliminati dei concorrenti: eliminati definitivamente in maniera "fisica", attraverso una votazione che decreterà la morte dei più sfortunati.
Buona l'idea di partenza - quella del reality-lager - che suscita interesse e smarrimento per tutta la prima parte del racconto. Purtroppo, la seconda parte si dilunga in eccessivi "pistolotti morali" e si perde un po' per strada il senso del racconto. Quella che poteva essere una critica caustica e feroce, giocata sul filo dell'ironia, diventa un dibattito sul bene e il male, che sa tanto di deja-vu. Sarebbe stato meglio portare alle estreme conseguenze l'idea iniziale - perseguendo fino in fondo l'immagine della crudeltà e del disprezzo - invece di riacchiappare per la giacca un buonismo di maniera che risulta fasullo e stride un poco con il resto del racconto.
Al di là delle critiche, "Acido solforico" è comunque un discreto romanzo. Si lascia leggere in una manciata di ore, facendo riflettere a lungo sulle trappole della modernità che, troppo spesso, dimentica per strada umanità, compassione e tenerezza.
Come sempre questa scrittrice destabilizza e ti sciocca con i suoi romanzi.