Per tanti anni, dopo aver letto il libro verità di Christiane F., mi sono chiesta che fine avesse fatto. Se si fosse disintossicata per davvero, se fosse rimasta con Detlef, se avessero avuto figli. Ed ecco che mille anni dopo compare in libreria... "il seguito"! Preso subito, curiosità enorme...
Devo dire che l'inizio mi ha un po' annoiata, Christiane diventa "famosa" e va qua e là spinta dal battage pubblicitario del suo libro. Poi la fama cala e lei... torna a drogarsi. Vagabonda per l'Europa in certa di avventure e trip, rimane incinta e interrompe le gravidanze... Alla fine concepisce un figlio che decide di tenere ma ormai il suo cervello è troppo bollito e se lo fa portare via. Nel finale abbiamo questa cinquantenne con una vita di abusi ed eccessi alle spalle, abbastanza sola, ammalata nel fisico e fortemente paranoica. Che tristezza, speravo davvero che Christiane fosse riuscita ad avere una vita migliore e che fosse riuscita a vivere la mezza età in modo sereno.
Patetica Christiane F , ormai è rimasta un rimasuglio di pasticche, alcol, eroina ecc ecc. Già nel primo libro era una tipica tossica che tendeva a dare la colpa di tutto agli altri, alla società, ai genitori, al prete, al condominio ecc ecc. Il secondo libro ci presenta una Cistiane F cresciuta ma con le stesse idee: si buca e sniffa per colpa degli "altri", non c'è mai una traccia di responsabilità o di ammissione personale. Letto il primo, non si può non leggere il secondo, ma sono due letture patetiche.
...ContinuaMa un bel po' di viaggiatori non arrivavano nemmeno fino in India, in Thailandia o in Nepal. Tiravano le cuoia sulla strada a forza di drogarsi. A Kabul c'era perfino un cimitero per i morti del Magic Bus, almeno prima della guerra in Afghanistan. Chi faceva l'hippie trail poteva recarvisi in pellegrinaggio, giusto per pregare, meditare o combinare non so che altro. Io sarei finita senza dubbio là. Un mucchio di drogati dentro un pulmino Volksvagen in mezzo al deserto e ai campi di papavero: mi sarei sballata senza riuscire a fermarmi, non sarei più voluta ripartire. Avrei finito per lasciarci le penne. E' per questo che non avevo voluto andarci. (119)
...ContinuaEra difficile fare una seconda parte di biografia che fosse all'altezza della prima. "Noi, I ragazzi dello Zoo di Berlino" era perfetto, senza filtri e diretto come doveva essere.
Il suo seguito continua sulla stessa linea, chiaramente con leggermente meno potenza, ma ugualmente coinvolgente.
Non so come mai, ma la biografia di Christiane F. rimane impressa più di altre. Forse perché non è edulcorata come certe altre, niente viene smorzato ma raccontato così com'è. Probabilmente è anche per il modo in cui Christiane tratta se stessa: non si fa alcuno sconto, anzi, si dice responsabile di tutto ciò (o quasi) che le accade e per come si è ridotta -male- negli anni.
Per quel che mi riguarda, non potrete leggere biografia migliore, per argomento, stile e modo di narrare. Davvero meritevole di attenzione.
Quale opera di narrativa può essere più vera di un racconto di vita vissuta in prima persona? Nessuna. Ci si aspetterebbe di trovarsi di fronte ad una trovata commerciale per far guadagnare due soldi ad una tossica derelitta, 35 anni dopo l'uscita del caso mondiale 'Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino'. E invece siamo di fronte a 35 anni crudi, scanditi da una parabola costantemente in caduta libera verso il baratro. Nessuna speranza, nessuna fiducia verso il futuro. Qui, il futuro, non c'è; ci sono soltanto i giorni che passano uno dietro l'altro, senza alcuna prospettiva. La droga, e la dipendenza da essa, che vincono su tutto e tutti. Sempre. È un libro degno del suo predecessore, questo, e varrebbe la pena farlo leggere nelle scuole per cercare di tenere il maggior numero di giovani vite lontane dall'autodistruzione. Perché, diciamocelo pure, dal tunnel della droga si esce soltanto in una maniera: non entrandoci. La storia di Christiane Felscherinow è degna di essere ascoltata: ognuno, poi, se ne farà la sua opinione.
...Continua