La frugalità è uno stile di vita fondato sul rifiuto del superfluo, che si differenzia sia dalla povertà che dall’avarizia: la povertà, infatti, non nasce da una scelta consapevole, ma è imposta dalle circostanze avverse (come ad esempio la perdita del posto di lavoro), e causa sentimenti di dolorosa rinuncia a ciò che prima era alla nostra portata ed ora non è più tale. D’altro lato, l’avarizia è una pratica di rinuncia al godimento dei beni posseduti a cui siamo costretti dalle nostre ossessioni mentali, e non sostiene un percorso di benessere personale orientato al buon gusto e alla scelta di quelle cose importanti in grado di chiarire a noi stessi gli obiettivi fondamentali della vita.
Storicamente nella società contadina la frugalità ha rappresentato la risposta più efficace, anche se spontanea e atavica, ai rovesci della vita: un raccolto distrutto dal maltempo, una malattia improvvisa diffusa tra gli animali della fattoria, una guerra potevano distruggere in un momento gli investimenti di una vita. L’abitudine a fare con poco è stata la migliore difesa preventiva, capace di rendere le persone più adattabili ai cambiamenti improvvisi e meno vulnerabili nei confronti delle avversità.
La società dei consumi ci ha invece educato a non resistere più alle tentazioni, ed anzi a fare dell’accesso spasmodico a quanti più beni possibile la chiave di lettura del successo individuale. E quando la crisi è arrivata, ci siamo ritrovati a fare i conti con molto dolore e molta rabbia agli effetti del ridimensionamento, vivendo l’impoverimento come un dramma personale e sociale.
Alla crisi dei nostri giorni possiamo rispondere con un cambiamento di paradigma, che va oltre la semplice laudatio temporis acti, per offrire l’opportunità di scoprire gli aspetti positivi di un ciclo economico avverso: a differenza dei “poveri”, che viaggiano con una valigia piccola stipata di cose da cui non vogliono separarsi, a differenza dei “ricchi”, che viaggiano con una grande valigia altrettanto stipata di cose che temono di perdere, chi adotta la strategia della frugalità viaggia con una valigia di medie dimensioni, dove all’interno ha sistemato poche cose, e sa di trovare ancora spazio per ciò che potrà scegliere lungo la strada.
Maria Stella (bibliotecaria, Biblioteca San Giorgio)
...ContinuaUn saggio semplice e scorrevole alla portata di tutti, interessante e intelligente, che aiuta a riflettere su quanto la società moderna ci abbia allontanato dalle nostre origini frugali catapultandoci in un'era dedita al consumo.
Mi sono avvicinato a "Frugalità" con diverse aspettative, rimanendone tuttavia deluso.
Il libro si è rivelato essere un esercizio accademico, un bignami che da offrire ha poco più che dei rimandi ad altre opere, probabilmente più significative di questa. Poco argomentato dall'inizio (perchè adottare la frugalità alla propria vita) alla fine (un elenco puntato, piuttosto imbarazzante, di regole), questo libro mi è parso solo un'operazione commerciale.
La frugalità s'imparerebbe da piccini, in famiglia, e non già sui banchi di scuola. Non va confusa con la robustezza economica, che deriva dalla "semplice" frugalità dei consumi (che sovente sconfina nell'avarizia), ed è esposta alle avversità d'ordine finanziario. La frugalità andrebbe intesa nel senso darwiniano di funzione finalizzata alla maggior adattabilità ai quotidiani, repentini mutamenti.
La ricchezza data dalla frugalità, secondo H. D. Thoreau, si raggiungerebbe soltanto facendo progressivamente a meno di varie cose: così si otterrebbero benessere e serenità interiore.
Nel corso del Novecento è andata distrutta l'atavica propensione alla frugalità, la quale aveva contraddistinto nei secoli l'evoluzione umana: era ciò che consentiva la continua creazione di margini di manovra a fronte delle incertezze. Si è così passati alla sostituzione del concetto di bisogno con quello di desiderio indotto, dal rifiuto del superfluo alla sua accettazione incondizionata.
Tutto è stato dotato di un prezzo, compresi cervello e sesso: è probabilmente discutibile il fatto, affermato da Paolo Legrenzi, che l'educazione alla frugalità deve necessariamente passare attraverso la formazione di una solida capacità di resistere alle tentazioni. Detto in questo modo, il concetto (quantunque elevato) sembrerebbe tradire una concessione a religioni e ideologie che apparterrebbero a un passato da più parti considerato come di fatto superato. Va da sé che, in ogni caso, questa suggerita modalità educativa è stata totalmente ribaltata dall'industria dei consumi di massa. Vi sono sicuramente livelli accettabili intermedi che, sicuramente, contribuirebbero a un primo recupero di una capacità smarrita.
Le utopie massimaliste (religioni e ideologie) dovrebbero lasciare il campo alle utopie minimaliste, delle quali la frugalità è tra le più importanti. L'opulenza consumistica, alla luce delle situazioni attuali, dovrebbe essere ricondotta a termini più accettabili da un ripensamento della propria esistenza, e non già da paura ed egoismo. L'imperativo sarebbe costituito dal sostituire i piaceri dati dal consumismo, con altri piaceri dettati dal recupero di autoconsapevolezza individuale e collettiva.