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Mi sono avvicinato a questo libro spinto dal consiglio dei Wu Ming, a proposito della loro "Armata dei Sonnambuli".
Primo libro di Hugo che leggo.
Devo dire che si tratta decisamente di un bel libro.
Storia e romanzo s'intrecciano fino a sembrare un insegnante di storia che ti fa innamorare della materia.
Unica pecca sono le infinite liste che, ogni tanto, ci infligge Victor.
Tra due settimane sarò a Parigi e visitare la casa di Hugo avrà tutt'altro effetto.
Viva la Repubblica. Viva Gauvain:
Il Novantatré, ovvero il 1793, l'anno del Terrore. L'anno della ghigliottina sempre in funzione, delle lotte feroci, di una sanguinosa guerra civile tra i Blu repubblicani, provenienti da Parigi e dalle regioni più evolute, ed i Bianchi della Vandea, ovvero il Nord-Ovest rurale della Francia (Bretagna, Normandia, Loira Atlantica), rimasti fedeli alla monarchia. Una regione in molte parti della quale la lingua del popolo è ancora il bretone, ed il francese viene imparato solo a scuola.
Libro quasi autobiografico, nel senso che il padre di Victor Hugo era stato ufficiale dell'esercito Blu ed aveva partecipato a varie battaglie in quel periodo, anche in Vandea.
Guerra civile feroce, nella quale si consumano quelli che al giorno d'oggi sarebbero considerati crimini di guerra (prigionieri uccisi, civili sterminati ed i loro villaggi rasi al suolo solo per avere offerto ospitalità ad un nemico, donne e bambini presi in ostaggio ed usati come scudi umani) ma che all'epoca sembrano essere considerati normali e non particolarmente riprovevoli, anche secondo la morale repubblicana e rivoluzionaria che stava gettando le basi di una nuova società.
Hugo mescola mirabilmente avvenimenti e personaggi storici con altri inventati eppure realistici. Eccede nelle lunghe, minuziose e pedanti descrizioni, nelle liste di nomi e di personaggi. La scorrevolezza del libro ne risente, e per questo gli assegno solo quattro stelle anziché le cinque che avrebbe meritato per gran parte delle sue pagine.
...ContinuaNon approntiamoci a leggere questo romanzo pensando a “i Miserabili”, ma neanche a “Notre-dame de Paris” o a “l’uomo che ride”, capolavori ineguagliabili, anche per lo stesso loro autore. Questo “Novantatré”, sicuramente è il meno celebrato, forse anche il più anomalo della produzione dello scrittore francese, il meno lirico, il meno poetico, un romanzo prettamente storico, forse il più realista che egli scrisse. Ma questa è tutt’altro che un’opera secondaria, diversa si, forse la meno “cesellata” , la meno romantica di Hugo, ma condivide con le opere più celebri la profondità delle riflessioni in questo caso volte alla ricerca della verità(se mai la si potrà conoscere) storica: nello specifico gli strascichi successivi alla rivoluzione francese, il periodo del Terrore. Per Hugo la storia non è un colore definito, ma un insieme di varie sfumature, non c’è la netta distinzione tra il buono e il cattivo, tra lo sbagliato ed il giusto, ma solo punti di vista, equilibri sottili che influiscono negli eventi: cosicché la rivoluzione si, ha liberato il popolo dal giogo della Nobiltà, ma l’ha soggiogato contemporaneamente a mostri sanguinari quali Robespierre, Danton o Marat, prima carnefici e poi vittime dello stesso perverso sistema che loro stessi hanno creato, accecati dalla brama di potere che li ha ammorbati. Questo è anche un romanzo sui contrasti, la vecchia e reazionaria ma sempre vitale classe Monarchica impersonata dal visconte di Lantenac in contrapposizione con quello che rappresenta il nipote con cui si dovrà scontrare Gauvain, la gioventù inesperta, farcita e dopata di quegli ideali di democrazia fratellanza e ugualità, frutto di quella rivoluzione illuministica di cui essi sono figli. Insomma non ci sono buoni e cattivi, Hugo non definisce quello che è giusto o quello che è sbagliato, ci sono solo due parti che si scontrano, due sfumature che non possono mescolarsi cercando un fine comune di reciproco benessere, come Gauvain e Lantenac sebbene accumunati dallo stesso sangue, guidati dai loro fermi ideali sono destinati a scontrarsi e annegare nel sangue la loro disputa, nel nome fittizio del progresso della civiltà. Ci sarà la lotta, ma il premio non sarà un mondo migliore, ma solo nuovi uomini al potere e di mezzo sempre la violenza, compagna inseparabile della storia dell’umanità. Ogni volta che leggo Hugo resto stupito dall’imprevedibilità della trama, dall'elaborazione degli intrecci, della meticolosità e dalla cura con cui egli crea personaggi, siano essi santi o carogne; ogni volta mi domando:”ma come cacchio faceva!”; ecco l’arte che si è persa, quella misteriosa inaccessibile chiave della creazione, quella che faceva di artisti come questo signore dei geni impareggiabili e inimitabili, una razza estinta.
...ContinuaSono di parte, amo tutto di questo grande autore che è sicuramente tra i miei scrittori preferiti. Questo romanzo mi ha sorpreso. Trattandosi di un romanzo storico pensavo mi spiegasse come andarono le cose negli anni successivi alla Rivoluzione francese, come fu che gli ideali furono stravolti, come successe che i protagonisti e fautori della Rivoluzione furono a loro volta fatti fuori.
Invece non c’è solamente la Storia, Hugo mescola sapientemente personaggi inventati a personaggi storici e da questo crea un capolavoro, un libro che appaga, emoziona e fa riflettere. Emerge il pensiero, la sua visione di un mondo giusto, il suo essere sempre dalla parte degli oppressi, dei deboli. Certe pagine rimangono indelebili nella mente e nel cuore ed emozionano, muovono le coscienze. La condanna della guerra è netta, e tra tutte la guerra civile è quella più sanguinosa, divide un popolo, divide le famiglie con una violenza che non è umana. Il finale è sorprendente.
Non vado oltre, ma se volete un consiglio leggetelo!