Ne Il maestro o il supplemento di infinito sono toccati e legati assieme alcune trame tra i cui fili dà un po' vado infilando le dita. L'identità dell'io che trema in segreto, il dubitare che ci sia un'identità che resta essa stessa, propriamente se stessa, veder/lasciar/far tremare il valore di "proprio" e di "stesso", l'ipseità dello stesso, il potere e l'autorità di ogni signore e maestro. Declinato nel senso della "maestria", se è vero che l'allievo mangia i resti del suo maestro, è però vero che anche quest'ultimo mangia i resti dell'allievo, ne ha bisogno, li desidera, li chiede, ne è privo; e l'uomo non resta il maestro che nella misura in cui è umano, bisognoso, debitore, in condizione di farsi perdonare.
E al maestro non si deve restituire niente, nessun "grazie". Ingratitudine ed etica. Etica che c'è solo laddove la norma è in difetto e resta da supplire, mentre se ci fosse l'assicurazione e la garanzia della legge ci sarebbero solo programmi, ma nessuna virtù.