Non è il primo libro di questa collana che leggo, e devo dire che, pur con alti e bassi, ne ho letti di migliori. Sia della collana che di Grisham. Certo, è stato fatto uscire come primo per attirare pubblico dalle consuete strategie di marketing. Pur essendo un libro discreto, non ha però le solite attrattive dei libri di Grisham. Un buon racconto, buoni spunti legali (che di certo non possono mancare in uno dei maestri del genere), ed anche un mix capace di attrare i ragazzi alla lettura. Tuttavia rimane irrisolto nel finale, che arriva sì ad uno scioglimento della trama, ma non alla sua completa conclusione. Come se ci si aspettasse subito dei seguiti. Cosa avvenuta puntualmente, tant’è che dal 2010 l’autore ha fatto uscire un libro all’anno dedicato alle peripezie di questo tredicenne in un certo qual modo figlio d’arte: padre avvocato immobiliarista e madre avvocato divorzista. C’è anche un battitore libero, zio Ike, avvocato radiato dall’albo per qualcosa che, ad ora, rimane un po’ avvolto nelle nebbie del mistero. Theo (cosi viene chiamato sempre il “giovane avvocato”) ha anche una grande amica, April, sicuramente innamorata di lui (con la passione dei tredicenni), ma che ovviamente Theo sembra ignorare attratto com’è da Hallie la ragazza più carina della scuola. Cui risolve un piccolo dilemma, e che gli fa subito gli occhi dolci. Perché. Imbevuto com’è delle dottrine familiari, Theo è già un piccolo avvocato, offrendosi come consulente legale sia per i compagni di scuola sia per la segretaria del preside. Riesce così a far evitare uno sfratto, suggerendo di dichiarare bancarotta (potenza delle legislazioni d’oltre oceano). Oppure a svolgere indagine e modalità di avvicinamento al tribunale degli Animali, in modo da recuperare un cane sorpreso senza guinzaglio e trattato da randagio (cosa che ovviamente non è, essendo solo sfuggito di mano). Nella solita routine regolata dalle tabelle di marcia della madre (il martedì si fa questo, il mercoledì tutti al ristorante cinese), Theo trova il modo anche di frequentare assiduamente il Palazzo di Giustizia della fittizia cittadina di Strattenburg, in particolare andando spesso a trovare il giudice Henry Gantry, figura di legislatore integerrimo che Theo prende ad esempio quando pensa di fare il giudice invece che l’avvocato (e non a caso ha un cane di nome “Giudice”). Qui, entriamo nel vivo della famosa prima indagine, come dice il titolo italiano (mentre in inglese si riporta solo il termine “ragazzo avvocato”). Perché Gantry presiede il processo intento ad un golfista, Peter Duffy, accusato dell’omicidio della moglie, morta per strangolamento in uno che sembra un tentativo di rapina andato a male (scompaiono infatti alcuni gioielli dalla villa lussuosa dove abitano i due immersa nel verde che contorna il magnifico campo da golf della cittadina). Non si riesce a trovare prove convincenti contro Duffy, che sembra avviato ad un’assoluzione per mancanza di prove. Ma Theo finisce ben dentro il processo, all’improvviso. Julio, un immigrato regolare che lui aiuta in algebra e che frequenta la sua stessa scuola, gli confessa che suo cugino ha visto tutto. Lavora in nero al campo da golf, ed ha visto chi ha ucciso la signora Duffy. C’è però un problema: Roberto è immigrato clandestinamente, quindi se si presenta alla polizia dovrebbe essere rispedito immediatamente a El Salvador. Qui la situazione si incarta un po’, e sarà il giudice Gantry a trovare una soluzione. Per poi lasciarci tutti un po’ sospesi. Non vi dico né come né perché, ma la fine è la parte che meno mi è piaciuta. Non è, e non poteva essere, il Grisham del “Rapporto Pelican” (che ricordo soprattutto per il film con Julia Roberts, ovvio), ma c’è il messaggio positivo che ci si aspetta di poter dare ai ragazzi: bisogna avere fiducia nella giustizia 8e non è poco, di questi tempi). Sono d’accordo anche con chi ha trovato degno di nota il rapporto di Theo con i suoi compagni di scuola, sempre di aiuto e mai di prevaricazione. Meno convincente è la vita familiare di questa famiglia che, se non fosse per Theo, sembrerebbe più una “Mulino Bianco” con Banderas. Alla fine, una prova dignitosa di un autore che sa usare molte frecce al suo arco polifonico.
“Aveva scelto … anni prima e restava fedele alla squadra con una testardaggine che veniva messe alla prova per tutto il campionato.” (38)
Se esistesse un mondo così, beh allora ditemi dov'è perché vorrei tanto viverci. Sembra tutto perfetto, anzi di più. Ma nonostante il sole sembra splendere di continuo il nostro piccolo Boone non può dormire sogni tranquilli. Un giovane eroe al servizio della comunità.
In piedi!
Carino. Mi aspettavo il grande colpo di scena finale in stile Grisham ma ogni volta dovevo ripetermi "e' un libro per ragazzi, bella"
Una noia infinita. Privo di phatos, non mi ha dato nulla solo un profondo senso di frustrazione e mi ha lasciato con la domanda: perchè lo sto leggendo?
Conoscevo già lo scrittore come autore di legal-thriller ma non pensavo che fosse anche uno scrittore di libri per ragazzi ed ha fatto un grande lavoro. La prima indagine di Theodore Boone è stata molto coinvolgente, se si pensa che un tredicenne sappia tante cose sulla legge e molti termini tecnici che neanche gli adulti riescono a comprendere rasenta la fantasia, ma questo ragazzino è
tenace, passa il suo tempo tra scuola, studio legale dei genitori e tribunale. Conosce praticamente tutte le persone che laVorano al tribunale dalle segretarie, agli agenti della sicurezza, agli usceri e addirittura gli avvocati ed i giudici.
Come faccia ad avere ottimi voti a scuola, a seguire tutti i processi, e a dare consulenza ai suoi compagni di scuola è un mistero.
Comunque un bel romanzo.