Bello, definitivo, asciutto, ha il dono raro della sintesi. Se questo è un uomo.
Tutto così vero che dà fastidio sentirselo ricordare: quando non siamo malati, smettiamo immediatamente di pensarci.
Tre sono le cose notevoli di questo romanzo.
La prima è che ti mette da lettore nell’angolo visuale in cui ci si trova quando si scala nella categoria dei malati. La comunicazione cambia completamente e qui il fenomeno viene monitorato in modo quasi scientifico. Sia nell’atteggiamento di chi è malato e si cala nel nuovo ruolo (diventando quindi un altro rispetto a quel che era); sia in quello di chi relaziona con lui. Rispetto alla forma sociale originaria, ci si auto de-forma e si viene de-formati. Quale delle due ottiche sia più forte e più de-formante è una delle cose che leggendo questo libro è possibile tentare di misurare. Il risultato non è affatto scontato; anzi è incerto assai. Grande motivo di interesse. Se ti capita di leggerlo da malato è ancor più interessante (autorizzo gli scongiuri, ma a me è capitato).
La seconda è che nel protagonista e in alcuni personaggi è possibile vedere in controluce, meglio che in altri suoi romanzi, la conformazione mentale dell’autore. Chi ha letto le sue memorie lo percepisce benissimo. Per esempio, l'ossessione sessuale compulsiva e predatoria di Simenon emerge spesso, proiettata non solo sul protagonista, senza ipocrisie e senza nessuna auto indulgenza. Anche il suo cinismo "innocente" si vede tanto; fatto di volubilità e disattenzione, di mancanza di spazio mentale per partecipare alla vita degli altri per davvero, empaticamente, al di là delle forme imposte dai ruoli e dalla buona educazione. Una cosa tanto più crudele perché unita a una straordinaria capacità di osservazione, che è la somma tra una coscienza davvero ipertrofica ed un potentissimo occhio da animale-narratore. Stavolta questo mix colpisce di più perché il tutto (specie quella sensualità feroce, inappagabile, con un'attenzione tutta rivolta a se e al proprio piacere), Simenon la mette dentro la prova estrema della malattia, della disabilità fisica.
La terza cosa notevole è tecnica. E’ una prova di grandissima maestria narrativa questo romanzo. Simenon costruisce una scena teatrale in una stanza di ospedale, ci mette un potente colpito da un ictus, costruisce una piccola corte di personaggi che gli girano attorno e mette il lettore lì a guardare dentro e fuori di lui. Altri personaggi si affacciano alla porta della stanza o dei ricordi, vengono delineati con poche righe, aprono uno scenario, lasciano una storia, aggiungono un tassello a quella del protagonista e poi spariscono. Da applausi. La figura della moglie più di tutte mi ha colpito. L'ha collocata subito lí, tra gli oggetti di scena. Ogni tanto la fa riapparire. Inizialmente, una figura piatta, fragile, decolorata, anonima, guardata senza amore, quasi come una mosca che va sbattendo in una stanza prima di stramazzare. Poi ad un certo punto si raggruma in una storia che le dà un volume, la dignità di una sofferenza autentica. E il rapporto tra i due assume un taglio intenso, enigmatico; e anche struggente.
Camilleri lo ha consigliato come uno dei migliori Simenon. Lo è.
...ContinuaAcutissimo Simenon, in questo romanzo, nel riportare le sensazioni e i pensieri di un uomo colpito da paralisi che improvvisamente si ritrova sbalzato da una vita mondana e frenetica in un letto d’ospedale, in balia di un personale medico da cui si sente trattato non più come una persona ma come un *caso clinico*. Acutissimo nel descrivere il panico di chi non ha più controllo sulle proprie azioni ma deve affidarsi alle decisioni di persone estranee, che sente come ostili. Acutissimo nel dipanare i pensieri che diventano autoanalisi, nel descrivere quel guardarsi dentro (e intorno) impietoso e rivelatore che la condizione di malato porta con sé.
Spesso incontro me stessa nei libri che leggo, questa volta ho incontrato un caro amico e le sue confidenze. A lui dedico queste parole di Bolaño, adattissime al caso:
“I malati, del resto, sono sempre più interessanti dei sani. Le parole dei malati, compresi quelli che sono capaci soltanto di balbettare, sono sempre più importanti delle parole dei sani. Del resto, ogni persona sana è una futura persona malata. E la nozione del tempo, ah, la nozione del tempo dei malati: un tesoro nascosto in una caverna del deserto. I malati, del resto, mordono davvero, mentre le persone sane fanno finta di mordere ma in realtà si limitano a masticare aria” (Roberto Bolaño, “2666”)
...ContinuaMarìas struttura i suoi romanzi sulle frasi di Shakespeare, Simenon ha scritto Le campane di Bicêtre partendo dalla frase di un catechista
«Tutto conta per l'eternità, niente va perduto, neppure i nostri pensieri più segreti, e un giorno ritroveremo sui piatti della bilancia ogni minuto della nostra vita...».
Pur non avendo nessuna possibilità di verificarlo, io sono convinto che Georges quella frase l’abbia udita veramente durante la sua infanzia.
Le campane di Bicêtre non suonano a morto, non ci sono delitti, il protagonista è un uomo benestante (a differenza dei protagonisti più frequenti dei romanzi di Simenon), direttore di un giornale, fondatore di due settimanali, eppure, nonostante ciò, questo è uno dei libri più tristi che mi sia capitato di leggere, se la batte con La morte di Ivan Il'ič, in determinati passi anche come qualità di scrittura. Se farete un po’ di pratica con Simenon, vi accorgerete che spesso, nelle sue opere, si viene proiettati immediatamente in mezzo alla storia.
L’incipit
Le otto di sera. Per milioni di uomini, ciascuno nella sua casa, nel piccolo mondo che si è creato o di cui è ostaggio, sta volgendo al termine, fredda e nebbiosa, una precisa giornata, quella di mercoledì 3 febbraio. Per René Maugras non c'è né ora né giorno, e solo più tardi la questione del tempo trascorso lo assillerà. Per il momento è ancora in fondo a una voragine scura come gli abissi dell'oceano, privo di contatti con il mondo esterno.
Cinque righe gli sono sufficienti per farvi riflettere sul fatto che per giorni e giorni siete uno di quei milioni di uomini padroni ed ostaggi del proprio piccolo mondo, ma che in un giorno qualsiasi di quelli a venire, potreste trovarvi nelle condizioni di René Maugras.
Ogni storia può esser buona se si è in grado di saperla raccontare. In tutti i Simenon che ho letto, il flash back ha un ruolo decisivo. La cronologia dei fatti sarebbe una semplice enunciazione se Georges non la innestasse con il passato. Il presente è la contaminazione del passato, la sua versione malata. Una storia bisogna saperla raccontare, fornitene a Geroges una qualsiasi e lui vi restituirà un romanzo da almeno quattro stelle.
La convinzione che la frase del catechista arrivi dall'infanzia dello scrittore, si è formata dopo aver scoperto elementi ricorrenti come questo:
Quella mattina è diversa da qualunque cosa gli sia successa dopo. È la sua grande scoperta del mondo, di un mondo radioso e senza confini, dai colori accesi, dalle sonorità esaltanti.
Quando il battello si era staccato dal pontile, lui stava in piedi a prua, chino sull'acqua trasparente. Per un bel tratto era riuscito a vedere il fondo, e per una mezz'ora era vissuto dentro la musica, come nel cuore di una sinfonia.
Sta parlando dell’isola di Porquerolles, dov’è ambientato Il Clan dei Mahè. In quel romanzo vi è un frammento simile; è uno stato d’animo potente vissuto dallo scrittore ed entrato a far par parte della sua opera. La volta scorsa non resistetti a cercare l’isola in rete, ora ho voglia di fare altrettanto
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