L'autore di questo libro ha una parete di titoli sulla archeologia Achemenide, Pahlavi e persiana in generale. Si tratta di titoli che io posso solo sognarmi e quindi, cappello in mano, parto dal presupposto che sono io che non capisco niente. Ciò nonostante ho seri problemi a digerire il capitolo iniziale: "I fondatori di Parse" che riporta il fatto che i seguaci di Zarathustra (profeta che a me sta molto simpatico) avrebbero attribuito tutte le forze negative ad Angra Mainyu, in seguito noti (?) come Ahriman, ossia "spiriti cattivi" (sic!). Ora, lungi da me l'idea di prendere le parti delllo spirito delle tenebre, io tifo per il Principio Buono, ovvero quell'Altro, ma, insomma, non posso fare a meno di notare (rispettosamente) che Ahriman non era una pluralità di spiritelli a malvagità variabile, bensì il (singolare!) gemello maligno di Ahura Mazda, coesistente con lui dalle origini, avente pressochè uguale dignità ontologica. Che il temibilissimo autore della contro-creazione sia stato polverizzato in una pluralità di demoni trasforma il ben noto, radicale dualismo zoroastriano tra il principio del Bene e quello del Male in una specie di relazione uno-molti che mi ricorda più da vicino la tecnologia dei database che la teologia mazdea. Ma forse un indizio c'è. Il popolo degli Elamiti, nella traduzione, perde una sillaba e diventa il popolo degli Elami (seguendo tristemente la sorte della povera Lituania che, nei nostri telegiornali, è stata promossa a Latvia). L'ipotesi è rafforzata a pagina 104 dove, in un bassorilievo, 64 temibili lanceri con cui a suo tempo forse non si era in vena di scherzare, vedono la loro tunica diventare una gonna. Senza nulla togliere ai valorosi scozzesi, temo che la traduzione faccia un pochino torto allo spirito marziale degli Immortali Achemenidi, nonchè, qui e là, qualche scherzo alla comprensione del testo. Sì, lo so, mi sembra di sentirvi: quello del traduttore è un mestiere difficile. A volte anche quello del lettore, mi verrebbe da dire....
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