“Tutti con la propria piccola vetrinetta virtuale dove possono fingere di essere i più stupendi del mondo. I social media sono la cosa meno sociale che sia mai stata inventata, sono l’immagine digitale della mentalità capitalista: la corsa sistematica a chi ce l’ha più lungo, il narcisismo patologico fatto sistema. […] Masse enormi d’individui così unici da essere perfettamente uguali e assolutamente incapaci di cogliere ogni buona occasione per tacere. Questo genera quell’ambiente dove galleggiamo, fatto di competizione, invidia, odio e impossibilità di ogni causa collettiva. […] Era l’ignoranza delle nostre reciproche imperfezioni che rendeva possibile l’unione: ora non c’è più spazio per la speranza perché la luce digitale illumina tutto, anche l’angolo più recondito, quello su cui un tempo tacevamo per pietà. Un tempo si credeva in cose fin troppo enormi, Dio, il partito, la famiglia, la rivoluzione, la giustizia, l’arte, la ricerca della felicità. Cose che non avresti potuto mai raggiungere davvero, ma che potevano diventare obiettivi condivisi in grado di unire la gente. Ora ci sono masse di persone così uniche e speciali nei loro avatar digitali da essere sempre più sostituibili e irrilevanti nel mondo reale.” (il Pingue, in Apocalypse Venezia, pp. 221, 222)
...ContinuaLetto con piacere, anche se verso la fine con un po' di fatica: QTD scrive bene, ma a volte sembra un po' prigioniero del ruolo di entertainer, come se anche nella versione a stampa del libro dovesse lottare rigo per rigo per evitare che il lettore emigri su un altro sito. Ciononostante gli riesce di scrivere ottimo giornalismo e, a volte quasi suo malgrado, anche buona letteratura. Particolarmente apprezzati (anche perché sono mondi che conosco abbastanza bene) i pezzi su Alto Adige e Lucca Comics. Non sono del tutto convinto dell'idea (suggerita dal titolo e dalla - bellissima - copertina di Gipi) che la somma/sintesi di questi reportage dia un quadro complessivo dell'Italia di oggi. Sicuramente però, dopo averlo letto, molti aspetti (alcuni decisamente importanti) ne risultano più chiari.
...Continuapartito molto scettico mi sono dovuto ricredere: gli articoli di giornalismo "vero" sono di alto livello. il resto fa colore.
Non l'avevo mai sentito nominare, ho comprato il libro incuriosito dalla copertina.
Non me ne pento, perché è un libro meraviglioso, che mi ha fatto scoprire un giornalista finalmente originale come Quit the Doner.
Me ne pento perché, da ora in poi, qualunque cosa scriverò sarà inevitabilmente in stile-quit, e non potrò usare come scusa il fatto di non conoscerlo.
Bravissimo Quit, vaffanculo Quit.
raccolta di una dozzina abbondante di reportages di Quit the Doner. giovane, preciso, ironico, acuto, provocatorio, sfacciato, preparato. il giornalista perfetto, verrebbe da dire. non esiste, però, il giornalista perfetto. infatti ritengo sia un peccato che non si firmi con nome e cognome, ma preferisca nascondersi dietro uno pseudonimo, che, peraltro, ne ha favorito la popolarità quanto la scrittura e il contenuto dei suoi articoli. perché è innegabile che rappresenti una novità assoluta, una ventata di freschezza nello stantio panorama mediatico italiano. una scrittura ed un linguaggio diretti, quasi parlati, precise analisi politico-sociali condite con aneddoti personali e battute taglienti da cui emergono (direi violentemente) i paradossi del nostro paese, le assurdità e le nefandezze dell'Italia di oggi, dalle valli altoatesine alle spiagge salentine, passando per i salotti milanesi e romani, le feste popolari emiliane, le piazze reali e virtuali della politica populista.
...Continua