Questa serie di librini soddisfa la mia curiosità rispetto alle stranezze umane.
Per una forma di campanilismo, ammetto di aver apprezzato maggiormente il repertorio dedicato alla città di Torino: non solo perchè ne ho riconosciuto storie, vie, personaggi, ma anche per via di una brevità di paragrafi che rendono la lettura più ritmata, più gustosa, non portando mai i ritratti a diventare biografie o racconti da osterie.
C'è DA DIRE CHE IO HO RISO
"diceva che nei vicoli piove di meno, la pioggia lo sanno tutti che preferisce strade larghe e portoni lucidi. "
Esile più di un capello d'angelo, questo progetto di scrittura curato dal bravo – e stavolta frettoloso o troppo indulgente – Paolo Nori. Il modello riconosciuto è Roberto Alajmo (il “Repertorio dei pazzi della città di Palermo”, Garzanti, 1994). Sulla base della labile (e blandamente lunatica, ma questo è Nori, non i suoi discepoli) premessa che a Genova, a Bologna, a Milano è pieno di squinternati, e dell'ulteriore allargamento di tiro desunto da Daniele Benati (bello: “Tranne me e te, tutto il mondo è pieno di gente strana. E poi anche te sei un po' strano”), ci sono i raccontini, i referti di mattìa dispensati dagli allievi del suo corso di scrittura. Torsoli, trucioli, quando vorremmo la mela (o il cavolo), il ciocco (o il pallet). Piccoli gradi zero della narrazione, con molti che sono banalmente e aggressivamente disturbati più che matti (o strambi, o lunatici), quelli aggressivi che ti mandano a cagare o che ringhiano alla luna (a tutto il mondo) alla fermata dell'autobus o in vagone della metro, qualche volta storiette che avrebbero una sostanza e invece restano aneddoto (un esempio su tutti: CT, vecchietto anarcoide che qualche decennio fa girava dalle parti del Castello Sforzesco con un carretto trainato dai cani, scrivendo sull'asfalto e inalberando su cartelli la convinzione che “Il clero uccide con l'onda”, è molto meglio raccontato in rete che qui). Il progetto si fa irritante quando tenta il Baroncelli style (altra stoffa) sui molto noti che fanno aggrottare il sopracciglio agli allievi del corso di scrittura: Piero Manzoni, Enzo Jannacci, Alda Merini che ebbe storia dolorosa non riducibile a storiella della stramberia, Dino Buzzati. C'è, in questo additarli “simpaticamente” come matti, un fondo forse inconsapevole di perbenismo piccolo-borghese (fa il pittore astratto? a l'è un pu matt), un deposito di polvere da tinello e da sacrestia. Mi spiace, ma non credo che leggerò i prossimi repertori.
...ContinuaScuola di Celati (con Benati, Cavazzoni e Nori, curatore di questo godibilissimo libretto) sempre apprezzabilissima, anche quando, come in questo caso, si attinge da un patrimonio letterario già esistente: la follia di un paesaggio umano marginale.
Ciò che si evidenzia è la straordinaria affettuosa cordialità degli autori, che, di tanto in tanto, abbandonano il "basso profilo" umoristico, affondando i colpi con grande efficacia.
Evasione impegnata, divertimento intelligente.