Questo libro, scritto dal maestro di Faulkner e Hemingway( poi ripudiato dagli stessi) narra la disperata ricerca di una vita autentica lontana dagli artifici della città e dalle convenzioni e anche di uno stile letterario americano, lontano dalle influenze europee, da parte di un uomo che si sente poeta e non riesce ad esprimersi. Il protagonista, cronista intrappolato in un matrimonio infelice, dominato dall'incomunicabilità più sconfortante, decide un giorno di scappare di casa e, dopo aver risalito il corso del Mississippi fino a New Orleans, si impiega come operaio presso una fabbrica di vernici nella sua città natale sotto falso nome, convinto che lavorare con le mani possa essere una forma di creazione migliore di quella con le parole, che non gli riesce. Il volume è difatti infarcito di richiami anche molto poetici al ritorno al lavoro manuale e a quello dei campi, con le allusioni continue al seminare, che hanno chiaramente altri significati nascosti. La solitudine del protagonista incontra un'altra solitudine, quella di Aline , moglie del proprietario di una fabbrica di vernici , che ha un'anima inquieta con fortissimi desideri di abbandonarsi all'irrazionalità e vivere una passione travolgente che vada al di là dei ogni limite descritta con molta delicatezza( almeno secondo me ma forse a quei tempi fin troppo espliciti e scandalosi come sicuramente sarà stato per l'accento all'omosessualità femminile). Certamente la visione di Aline si collega con la cesura data dalla prima guerra mondiale , superata la quale nulla è più come prima e il puritanesimo ingenuo americano è più che altro una facciata a cui si aggrappa il marito di Aline che in Europa, dove si comincia a dar libero sfogo alle passioni e agli istinti repressi dopo la guerra, come nella descrizione della festa sfrenata a Parigi, non ha più alcun senso. Scoppiato l'amore tra Aline e il protagonista, si porrà il problema se continuare il matrimonio di facciata come vorrebbe il marito oppure liberarsi dalle convenzioni. Anderson riesce a creare immagini molto potenti e belle, per gustare le quali vale solo la pena di leggere il libro, come quello del taglio degli alberi, che hanno occhi e provano dolore mentre sono sezionati e perdono sangue, immagine che si ricollega a quella delle tante giovani vite falciate durante la prima guerra mondiale. Non vedo invece il razzismo di cui è accusato Anderson, nel descrivere i neri come viventi un'esistenza più autentica dei bianchi, caratterizzata dal riso, posto che non si tratta evidentemente di una rappresentazione realistica della vita ma essi rappresentano il simbolo di una vita semplice e autentica. Da leggere, pur tenendo conto dei limiti dati dal contesto temporale in cui fu scritto con riferimento all'amore fuori dal matrimonio.
...ContinuaL'essere, quando si interroga e non può più tornare indietro. Ormai si è messo in discussione. Ormai si è visto.
Come l'arte quando è arte, ha fatto male.
"La vita è una sceneggiatura. Ognuno sceglie il proprio ruolo e poi cerca di interpretarlo bene".
L'incubo in due frasi.
Leggendo Riso nero non si può fare a meno di notare quanto il personaggio di John Stockton sia il risultato di una rielaborazione delle vicende personali dello scrittore americano. Pensandoci, anche uno dei protagonisti della raccolta Winesburg, Ohio – il giovane George Willard – ha questo ruolo. Sembra che Anderson abbia scritto sempre della stessa forza: quell'istinto di sopravvivenza che ti prende quando non riesci più a fingere di essere altro da quello che sei.
Continua qui: http://www.scratchbook.net/2016/08/anderson-stockton.html
...ContinuaLa scrittura di Sherwood Anderson ci catapulta direttamente negli Stati Uniti degli anni Venti, seguendo solo a tratti il filo logico della narrazione, intervallandola con frequenti flashback e rincorrendo i sentieri tortuosi dei pensieri dei protagonisti. “Riso nero” è un romanzo che va assaporato lentamente, per potersi perdere nelle vite di Bruce e Aline, esistenze dolorose ma piene di passioni violente e di incredibile voglia di vivere. Uomini e donne che si spogliano davanti a noi di tutte le loro più intime debolezze, rendendoci spettatori privilegiati delle profondità dell’animo umano. Un romanzo che racchiude dentro di sé tutta l’America.
Qui trovate la recensione completa:
https://ilblogconvista.wordpress.com/2016/06/28/sherwood-anderson-riso-nero/
...ContinuaAvevo letto tempo fa "Winesburg Ohio" dello stesso autore, mi era piaciuto, ma questo anche di più. In W. O. era rimasto qualcosa di irrisolto, second me; in Riso nero, invece, quando credi di aver capito quale piega prenderanno gli eventi, come fosse il corso obbligato di un fiume o la tratta di un treno, ecco che improvvisamente Anderson cambia direzione e ti accompagna fino alla fine. Ciò che sembrava prevedibile non lo è più. "Riso nero" (Dark Laughter) è il racconto della nascita di un "uomo nuovo", non a causa di una improbabile conversione interiore né di un'imprevista e subitanea folgorazione, ma semplicemente a causa di una crisi di identità risolta, poiché sfocia in una consapevolezza raggiunta, quella che ti fa comprendere che la vita non è necessariamente quella che gli altri hanno costruito o desiderato per te (la società, la famiglia, la tradizione) ma quella che tu, prima bambino/bambina, poi uomo/donna, deciderai di costruire e di affrontare. Quanto allo stile, è molto originale poiché alterna i pensieri propri dei vari personaggi ad un narratore onnisciente che in qualche modo vuole il lettore suo complice. Ci sono poi, in embrione, i temi e gli stili di tanti autori americani contemporanei e successivi ad Anderson, come Miller, Faulkner, Fitzgerald, autori che se si sono già letti (com'è nel mio caso), aiutano a comprendere quanta parte abbia avuto questo scrittore sulle loro storie e stili letterarie, nonostante in vita non sia stato apprezzato come e quanto avrebbe meritato.
"Riso nero" è davvero la storia che tutti vorremmo vivere, quella di chi ha una seconda opportunità, quella di chi "dopo aver guadato un lungo fiume" si ritrova con i piedi bagnati e non teme un raffreddore.
"Se certi istanti sono difficili da raggiungere, se tutto svanisce rapidamente, è forse un buon motivo per diventare cinici? Basta un piccolo abile giornalista da strapazzo per trasformarti in un cinico. Chiunque può mostrarti quanto la vita sia corrotta, quanto l'amore sia sciocco: è facile. Prendila con una risata. Poi prendi anche ciò che viene dopo nel modo più allegro possibile." (p. 168)
...Continua