Permettetemi di essere un po' campanilista. L'autrice Cinzia Giuntoli è una scrittrice della mia zona, e ambienta nel comune dove entrambe abitiamo una storia semplicissima a leggersi e densa di emozioni, ma che dietro ha un lavoro meticoloso di ricerca nell'archivio storico del comune e alla Biblioteca Nazionale, assieme al bravissimo e più famoso giornalista Riccardo Cardellicchio, anche lui compaesano. Ne esce una storia che appunto si basa su lettere vere, conservate in archivio perché i destinatari erano dispersi e le famiglie nel frattempo erano diventate irreperibili. Lettere e documenti che hanno permesso, tramite escamotage narrativi, come quello di far parlare in prima persona una lattaia, che girando il paese per le consegne ascolta e riporta le varie vicende, di narrare le sorti dei ragazzi del nostro "paesello". Si parla della guerra del '15-'18, della leva, di Caporetto, dei morti toscani. E lo si fa con linguaggio semplice, a tratti con il vernacolo, e con una lievità pur nella malinconia che ho molto apprezzato. Il libro davvero si legge in un'ora, lascia un retrogusto amaro per la morte di tanti giovani e per la durezza della vita contadina delle campagne dell'epoca, a cui donne, vecchi e bambini dovevano sopperire vista la mancanza dei giovani. Un libro che condanna la guerra e soprattutto la retorica di guerra. In modo piano, sottovoce. Se proprio devo trovargli un difetto, direi che per l'epoca ho trovato due passaggi un po' eccessivamente romantici, ma chissà... Magari era davvero così. E' un difetto di poco conto.
...ContinuaLa grande guerra vissuta in un piccolo paese della Toscana: i giovani partono per il fronte, restano le donne, i bambini, gli anziani, gli imboscati. E se al fronte è una carneficina, anche a casa la guerra si fa sentire con i drammi per i caduti, la povertà, l'attesa. La storia si basa su veri documenti d'archivio che CInzia Giuntoli ha saputo trasformare in una lettura appassionante.
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