Mi domandavo, alla fine del precedente romanzo di Foschi, come avrebbe fatto a proseguire la serie, e soprattutto se la voleva proseguire. Infatti, vi ricordo, nel finale de “Il killer delle maratone”, il nostro commissario Igor Attila, ex-pugile, e responsabile della Sezione Crimini Sportivi della Polizia ha un tremendo incidente di moto. E noi lo avevamo lasciato in fin di vita, in ospedale, senza sapere se, appunto, ce l’avrebbe fatta. Non sappiamo i motivi del nostro autore, ma ha deciso di trovare il modo di portare avanti la serie. Lo fa, purtroppo, con qualche espediente che a me è piaciuto poco. Prima, dopo qualche tempo comatoso e mesi di cure, lo fa uscire con l’arto amputato, dove possiamo assistere ad uno scimmiottamento della vicenda Pistorius (ovviamente per la parte sportiva soltanto). Così Igor acquista un arto artificiale, prova di nuovo a correre, e poi si imbarca nell’impresa della hand-bike cercando di emulare lo sfortunato Alex Zanardi. In tutto ciò, richiamato in servizio dove deve risolvere due belle grane: le successive morti, alla vigilia dei Mondiali di calcio in Brasile, del capitano e del portiere della Nazionale, fatti saltare in aria con delle autobombe. Come se non bastasse, si imbarca in una vicenda simil-privata, dove, avendo rotto (e finalmente, che mi stava un po’ sugli zebedei) con Titta, si ritrova solo e comincia a ruotare verso Martyn, un atleta di colore che aveva chiesto il suo aiuto. Ovviamente, vi ricordate tutti che Igor, oltre ad essere ex-pugile è anche gay. Ma Martyn lo coinvolge perché vuole uscire da un pasticcio di droga che aveva combinato con degli atleti giamaicani. Igor, fuori di testa, non ci capisce nulla. Fortuna che il suo vice, la sempre più simpatica Chiara Merlo, usando l’analisi dei linguaggi corporei, smaschera il malcapitato Martyn. In tutto ciò, Igor mette invece le sue energie, la testa, e gli uomini della squadra sulle tracce delle autobombe. Dopo una serie di vicissitudini e scoperte (uso dei computer, segnali inviati da chissà dove, web-cam nascoste), arriva ad incriminare Bellini, un grande industriale, sponsor della Nazionale, che aveva fatto investire i soldi dei due calciatori nelle sue industrie portatrici di tumori. Così come i soldi dell’allenatore. Ma quando questi cercano di tirarsi fuori (anche se con i soldi erano riusciti a rientrare nel giro della Nazionale) saltano letteralmente in aria. Indagando però sull’industria di Bellini, scopre un nuovo sito internet molto particolare, e seguendone le tracce, arriva al bandolo finale della matassa. È il figlio di uno dei morti di tumore dipendente dell’industria inquinante, che, genio dell’informatica, ha escogitato il tutto. Anche perché pure lui ormai è ad uno stadio terminale della malattia. Ma una volta capito il come ed il perché (in una vicenda che, Nazionale a parte, ricalca motivi e schemi degli inquinamenti ambientali dell’Ilva ed altre aberrazioni analoghe), di fronte al dilemma su chi incriminare, il nostro paladino decide che il giovane ingegnere in fin di vita può morire in pace, e lascia andare in prigione il cattivo Bellini. E se tutto questo non fosse sufficiente a riempire le quasi duecento pagine del libro, il nostro scrittore si inventa un colpo di scena finale, e forse anche due. Perché un poliziotto che decide da sé quale sia la giustizia non è politicamente corretto. Ed allora ecco che Igor si sveglia, e si accorge che è stato tutto un sogno. Si, è stato male, ma la gamba ce l’ha ancora. E purtroppo, c’è ancora Titta, che invece si sperava fosse definitivamente scomparso. Il sogno consente di sorvolare su tutto il racconto, che, appunto nel sogno, si può decidere di derogare alla giustizia. Ovviamente, abbiamo l’altro colpo di scena. Che il romanzo finisce con una telefonata del questore che avverte Igor che il centravanti della Nazionale è saltato per aria con la sua macchina a causa di una autobomba. Su questo circolo alla finto-Schnitzler si chiude il libro. Che ho trovato proprio sotto media, per queste invenzioni poco credibile, e per gli accenni su esposti agli atleti che subiscono menomazioni (mancavano soltanto il fuoco di Lauda e la mano di Nannini). Che si riscattava solo eliminando Titta e facendo crescere il peso di Chiara. Insomma, caro Foschi, potevi “inventare” qualcosa di meno strampalato, e ti avrei seguito con maggior gusto. Ora penso che dovremmo aspettare anche il quinto volume della serie. Speriamo bene.
“Magari avesse avuto una vita divertente come quella del commissario Montalbano o movimentata come quella dell’ispettore Harry Hole. No, lui non era stato così fortunato: lo sceneggiatore della sua vita gli aveva riservato solo delusioni, amarezze e rimpianti.” (133)
“Quando la battaglia è persa, è più coraggioso chi si arrende di chi continua a combattere solo per orgoglio.” (170)
Godibile, come il precedente.Giallista italiano; storia con riferimenti alla stretta attualità, qualche divertente escamotage.
Ci poteva risparmiare le ultime 15 pgg confusionarie.
È divertente questo commissario Igor Attila che gira in moto nonostante la protesi alla gamba.
È simpatico questo commissario Igor Attila che dirige la strampalata Sezione Crimini Sportivi con sede a Roma in piazza Vittorio: la sua squadra è composta da ex atleti che la sorte ha allontanato dall’adrenalina della gara – proprio come è successo a lui, che non vinse la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Seoul, ma perse quella d’oro.
È ironico questo commissario Igor Attila, che si porta sempre dietro la maledetta medaglia d’argento, in fondo alla tasca, per stringerla quando la rabbia sale.
Ci si affeziona a questo commissario Igor Attila, che ha una vita sentimentale complicata e un passato che cerca di dimenticare: gli piace andare a pranzare al mare - gli piace bere il calvados fino a crollare addormentato sperando di non sognare - gli piace guardare lo sport, qualsiasi esso sia, su una tv maxischermo - gli piace suonare la chitarra, preferibilmente elettrica, ma non solo (per tacere del pianoforte) – gli piace dare pugni a un sacco da pugile che tiene appeso in ufficio – gli piace lo sport, gli manca la boxe, e adesso cerca di sostituirla con la corsa – gli piace far l’amore con Titta, il suo fidanzato e compagno, ma anche con occasionali uomini che incontra per lavoro…
Arrivato al quarto capitolo della serie, Paolo Foschi e Igor Attila si conoscono alla perfezione: infatti, il personaggio letterario funziona bene davvero.
Quello che funziona meno è qualche ingenuità qui e là, qualche fragilità della trama, qualche spiegone di troppo.
...Continua