Di seguito zibaldone, che era un altro, credo.
Chi l'avrebbe mai detto che alcuni di questi personaggi, magari quelli del popolo, potevano avere un accento lombardo e più precisamente milanese? Mai pensato prima, ma funziona.
Anche l ...continue
Di seguito zibaldone, che era un altro, credo.
Chi l'avrebbe mai detto che alcuni di questi personaggi, magari quelli del popolo, potevano avere un accento lombardo e più precisamente milanese? Mai pensato prima, ma funziona.
Anche la storia delle gride mi è parsa divertente. Ai tempi no.
La conclusione delle conclusioni? Manzoni come precursore di Zelig. E pure Renzo ci sarà passato un paio di volte là davanti in Viale Monza.
Ah, se ai tempi del liceo (parliamo di più di 25 anni fa) avessero avuto 'sti podcast che sembra di stare a teatro, Invece della lettura piana della professoressa o della compagna bravaaleggere.
Quella chiesa schifa vicino a Porta Venezia (ehm, Orientale) è la chiesa del Lazzaretto.
L'incontro, verso la fine, tra Renzo e Agnese. Come insegnare il distanziamento, l'immunità e la contagiosità in poche battute.
Ci sono tanti tipi di memoria. Che io i posti delle mie passeggiate li assocerò a particolari brani di questo racconto. Tipo quella salita là al dialogo tra il padre provinciale e il conte zio, con la voce di Paolo Poli.
Che Renzo è proprio simpatico e parla molto bene. Mi piacerebbe esprimere i concetti con lo stesso italiano preciso di Renzo in futuro.
E che Lucia. Vabbè, Lucia si sa.
E la peste come la pandemia, E l'infodemia certo, anche allora.
E lo sconforto di riconoscersi in Don Abbondio. Grande onestà intellettuale qui signori.
E la fantasia che se potessi viaggiare indietro nel tempo di allora, le mie conoscenze superficiali potrebbero tornare utili. Ma probabilmente no.
in questi due giorni che fuori c'è un gran zagno mi sono letto questo libro. Il giallo di per se non è un granchè, ma l'atmosfera di Bologna nella metà degli ann 80 è davvero descritta bene che mi ha riportato in quel periodo e alla mia adolescen ...continue
in questi due giorni che fuori c'è un gran zagno mi sono letto questo libro. Il giallo di per se non è un granchè, ma l'atmosfera di Bologna nella metà degli ann 80 è davvero descritta bene che mi ha riportato in quel periodo e alla mia adolescenza
Libertà e verità sono le parole-chiave di questi versi.
La libertà intesa come totale espressione di se stesso è celebrata nella lirica MISTRAL, il vento “caccianuvole, spazzacielo, ammazzacrucci” che “senza nave e senza remi,/della libertà ...continue
Libertà e verità sono le parole-chiave di questi versi.
La libertà intesa come totale espressione di se stesso è celebrata nella lirica MISTRAL, il vento “caccianuvole, spazzacielo, ammazzacrucci” che “senza nave e senza remi,/della libertà fratello/su selvaggi mari” turbina, spensierato, lontano dal “tictac di leggi e orologi”: a questa libertà che, sciolti dalle tintinnanti catene della vita ordinaria, consente di apprezzare l'infinitudine del tutto e la purezza delle stelle, sembrano alludere, su una spiaggia illuminata dalla luna, un uomo ed una barca che ”sonnecchiano/sulla tiepida rena, affiancati -/un pastore e l'armento”. Immagine originale e delicata – sarebbe piaciuta a Teocrito -, ma anche di grande potenza. Mentre nella lirica VOGEL ALBATROSS, la reminiscenza baudelairiana è evidente; qui l'albatro, vaste oiseau des mers, diventa il simbolo della libertà, ma anche della solitudine: “Pari alle stelle, pari all'eterno/vive ad altezze che la vita sdegna/e dell'invidia stessa ha compassione -/e alto vola già chi lo sta a guardare!”. Amare l'albatro significa spiccare il volo per dirigersi verso mete elevate di sapienza e bellezza. Un prodigio che le anime anguste non potranno mai assaporare: “Le anime anguste io le aborro;/non ci sta niente, né bene né male”.
E poi l'umiltà che la verità esige in chi la cerca anche se bisogna avere occhi di aquila “fissi in lontananza” per vedere soltanto “stelle, stelle”. Di qui il disprezzo per i maestri che di se stessi non sanno ridere e che peccano di arroganza: “Non ti gonfiare: perché poi ti basta/una punta di spillo per scoppiare”. Di qui il rifiuto delle facili certezze: “meglio passar per la toppa/che per le porte aperte” ed altrove si ribadisce: “Possano tutte le chiavi/d'un tratto andare perdute,/e in ogni buco di chiave/girarsi il grimaldello”.
Dunque, la conoscenza come sforzo continuo, come viaggio nelle profondità dell'essere: “Dove stai, scava profondo!/E' la sotto la sorgente!”; ed ancora: “Sono solo pesante – peso parecchie libbre!/Io cado, cado, cado/finché non tocco il fondo”.
Poesia filosofica o filosofia poetica? Non saprei distinguere, ma le liriche nietzschiane, incluse in questa antologia e che paiono destinate all'oralità, si segnalano per l'eleganza della forma e l'efficacia dei contenuti.
Un piccolo gioiello è costituito dalla lirica PARLA IL PROVERBIO, nella quale si dà appunto una valida definizione di “proverbio”: “Mite e tagliente, fine e grossolano,/fidato e strano, sudicio e pulito,/luogo d'incontro di giullari e saggi:/tutto questo io sono, coglio essere, /colomba e ad un tempo anche serpe e porco!”
Altro gioiellino è IL BRIGANTINO CHIAMATO “L'ANGIOLINA”, quasi la metamorfosi di una fanciulla in un naviglio.
Avevo evitato più volte la lettura di questo romanzo perché una (forse troppo) veloce lettura della sua presentazione mi aveva fatto pensare che fosse un romanzo misto-fantasy: si parla infatti di Vampiri assetati di sangue e Draghi. Mi sbagliavo. ...continue
Avevo evitato più volte la lettura di questo romanzo perché una (forse troppo) veloce lettura della sua presentazione mi aveva fatto pensare che fosse un romanzo misto-fantasy: si parla infatti di Vampiri assetati di sangue e Draghi. Mi sbagliavo. "I custodi del tempo" è una space opera vagamente alla "Star Wars", un misto di western e voli spaziali, ma anche legal thriller, azione e umorismo, con cattivi particolarmente perfidi e crudeli, e vari colpi di scena. Gerrold si preoccupa anche di fornire un solido retroscena con una serie di note - spesso umoristiche - a piè di pagina.
L'edizione italiana riunisce sotto un unico titolo i due romanzi "Sotto l'Occhio di Dio" ("Under the Eye of God") e "Raduno di Giustizia" ("Covenant of Justice") che sono classificati come Ciclo "Trackers", ma in realtà sono due parti di un unico romanzo.
Per poter apprezzare la vicenda bisogna però riuscire a oltrepassare la metà di "Sotto l'Occhio di Dio": infatti all'inizio non è molto chiaro dove Gerrold voglia andare a parare, perché presenta quasi dei "quadretti di vita" di una serie di personaggi slegati tra loro, senza che la vicenda si muova in modo evidente verso un obiettivo ben definito. Poi, fortunatamente, il tutto si mette bene in movimento.
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