Viaggio fantastico attraverso l'America di un uomo assoldato per essere l'acccompagnatore di uno strano individuo, che si rivelerà poi essere la reincarnazione americana di Odino, giunto lì al seguito di emigranti norreni, così come è successo per altri dei europei, africani ed asiatici.
Romanzo pieno di suggestioni e di riflessioni interessanti, in particolare la contrapposizione tra i vecchi dei abbamdonati e i nuovi dei che caratterizzano la nuova America: tecnologia, internete, tv, finanza…
Si fa leggere bene, ma il finale non mi ha convinto molto.
Se ne parla molto bene, ma lo trovo un'occasione sprecata.
Sembra un romanzo ancora in bozza:
Vecchie divinità spodestate alle prese con il cambio di fede, si aggirano come attori bruciati, re decaduti vestiti di stracci.
Pecca enorme a livello di trama è la culturalmente forzatissima idea di deità dei media: si fa collimare la deità "reale" con quella metaforica.
I media sono un mezzo fisico, come una palla o una forchetta. Sono strumenti nelle nostre mani, non entità che incarnano le nostre speranze e timori, non atti di fede o fantasia.
Non preghiamo internet, lo usiamo a nostro piacimento.
Non ho compreso su che basi si possano mettere sullo stesso piano fisico e contrapporli ai fini di una storia epica.
Francamente un libro che mi lascia molto perplessa...
"American Gods" è un libro molto, molto interessante e molto particolare.
Lungo e assai complesso, è un'avventura che si dipana attraverso un viaggio nella grande America, un viaggio fisico, metafisico e spirituale. Mitico.
Il romanzo rientra in un genere del tutto peculiare che si potrebbe definire "fantasy mitologico".
Parte da un'idea affascinante: gli dèi (e intendo ogni divinità, compresa quella cristiana) esistono perché creati da un bisogno superstizioso degli uomini. Si tratta di un bisogno irreale, ma ciononostante le divinità che ne scaturiscono sono assolutamente reali, anzi molto più reali di quanto si potrebbe credere o di quanto si sarebbe tentati a credere. E questa è la prima parte dell'idea.
La seconda parte, altrettanto forte e affascinante, è che gli dèi, una volta creati dagli uomini, hanno bisogno degli uomini per sopravvivere. Hanno bisogno che gli uomini credano in loro, che li preghino, li venerino, che facciano sacrifici di sangue in loro onore. Quando l'uomo, o meglio, un territorio si dimentica dei propri dèi, la divinità viene letteralmente dimenticata, scompare, muore. Quando invece il territorio continua a ricordarsene, si assicura un'esistenza protetta, che è proprio quanto in origine richiesto dai primi uomini che inventarono le prime divinità.
Il tutto si svolge negli Stati Uniti, un territorio, cioè, che per la gran parte ha importato le antiche divinità e che, tuttavia, ne ha create di nuove e ne crea di continuo: divinità tecnologiche, economiche, industriali, televisive. Le nuove divinità sono pronte a prendere il posto e a surclassare le vecchie divinità come Odino, Easter, Loki, i Pixies, la dea Kalì. Ma le vecchie divinità non hanno alcuna voglia di cedere il passo se non a costo di un bagno di sangue che rappresenta ancora una volta il sacrificio necessario per la sopravvivenza dell'essere divino.
In questa grande guerra mitologica si muove Shadow, un uomo qualunque, all'apparenza, ma che in realtà si rivela pieno di misteri. Shadow, "l'uomo ombra", si trova ad agire in un mondo che non conosce, e in modo inconsapevole viene guidato, quasi come una marionetta, tra eventi e segreti molto più grandi di lui.
Leggere "American Gods" non è stato semplice, lo ammetto. Ma è stato molto appagante perché questo libro è una fonte continua di stupore e ogni pagina ti fa capire quanto grande sia stato il lavoro di Gaiman nella documentazione, nella ricerca stilistica, nella struttura quasi perfetta, nell'alternanza di registri, nell'aver osato trattare un argomento immenso racchiudendolo in un contesto difficile come quello americano.
In definitiva mi viene da pensare che con questo libro Gaiman abbia scritto il Grande Romanzo Americano, ormai entrato nel mito della narrativa statunitense e che ben figurerebbe tra le divinità di "American Gods".