Un noir molto cupo e violento che non lascia nessuna speranza; alla fine non si intravvede la luce salvifica in fondo al tunnel e se ci fosse sarebbe quella di un treno lanciato a centoventi all’ora…
Dicembre 1974, Yorkshire, Inghilterra del nord: una bambina scompare e dopo un paio di giorni viene ritrovata cadavere, con segni di violenza e tortura in un cantiere edile. Ed Stunford, corrispondente alle prime armi dell’Evening Post fin dall’inizio collega il delitto ad altre due bambine scomparse alcuni anni prima e mai ritrovate.
Comincia una lunga discesa agli inferi; Ed si muove a tutta velocità sulla sua Vauxhall Viva da una cittadina all’altra, tra sobborghi e squallide periferie, motel e parcheggi isolati, senza un attimo di pausa. All’inizio vuole lo scoop e teme di perderlo, soffiato dal collega più anziano, “quel Jack Whitead del ca**o”, che nomina ogni tre per due, poi è ossessionato dalla ricerca della verità. Quale verità? Il quadro si complica e si allarga e molti sanno e molti sono collegati: poliziotti corrotti, giornalisti ben informati, affaristi e ricchi costruttori, giocatori di rugby... Ed si trova a sguazzare in un gran marciume, gli mettono i bastoni tra le ruote, lo minacciano, lo pestano e lo torturano, ma continua lo stesso in un indagine che diventa un incubo senza fine spinto più da propositi di vendetta che da ideali di giustizia in cui non crede più.
La quarta di copertina paragona David Peace a James Ellroy, ma l’Inghilterra di 1974 è molto più dura e squallida della Los Angeles anni 50 del grande scrittore americano. Peace è più semplice nella trama e diretto (allo stomaco). Il ritmo è sostenuto, una escalation di violenza, in un vorticare di eventi caotici che si fa un po’ fatica a collegare fino a un finale che spiega molte cose.
Lettura a tratti dura ma che merita. Per stomaci forti. Tre stelle e mezzo.
Già di per sè la Gran Bretagna dei sobborghi è un posto triste e tetro, già di per loro gli anni '70 sono stati duri e bui in tutta Europa, mettiamoci pure tutori dell'ordine illuminati da sinistra luce blu e un maniaco pervertito (non patinato come siamo abituati nei thriller americani) ma schifosamente veritiero ed ecco i terribili ingredienti di questo romanzo. 1974 è dolore, rabbia ma sopratutto mancanza di speranza. Peace con stile talmente originale e figo da risultare spesso intollerabile al lettore ammaestrato, sa turbarci nel profondo. Le pagine della tortura di Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera per l'Inghilterra del nord, sono state le più disturbanti nella mia storia di amante dei noir.
...ContinuaDuro, crudo a tratti fin troppo,ma è il suo bello. Di contro la confusione che dall’inizio si protrae fino ad aumentare clamorosamente in un finale che nulla spiega e nulla fa capire, rendono difficile la lettura. Sconsigliato.
Atmosfere cupe, una Leeds anni '70 che sembra uscita da una distopia fantascientifica, rapporti umani, sia professionali che privati, dominati dalla violenza. In questo quadro a tinte fosche il rischio, per il protagonista e per il lettore, è assuefarsi, arrivare a considerare normale quello che è disumano. Eppure alcuni episodi, come l'assalto della polizia al campo nomadi, colpiscono duro e mettono alla prova la capacità di ingoiare merda che spesso coltiviamo.
La trama imbastita in questa cornice mi è sembrata intricata, difficile da seguire e forse non ben sviluppata, quasi che all'autore importasse fino a un certo punto.
Questo è il primo episodio di una tetralogia, ambientata nell'Inghilterra deli anni '70-80, che ho scoperto per pura casualità: davvero una bellissima sorpresa.
Noir duro, cattivo, sporco, crudo, supportato da una scrittura essenziale, spontanea, adrenalinica che ricorda il miglior James Ellroy: l'ho divorato come si fa con le letture più appassionanti, quelle che ti prendono per mano e ti trascinano con loro in territori inesplorati.
Mentre la società inglese degli anni '70 - dove inflazione, corruzione, affarismo e malaffare regnano sovrani - si staglia prepotentemente sullo sfondo, assistiamo alla "discesa all'inferno" del protagonista, Eddie Dunford.
Giovane giornalista, arrogante e temerario, si butta a capofitto nell'indagine relativa alla morte di una bambina, orrendamente assassinata. Incapace di porsi dei limiti, arriverà a scoperchiare un nido di termiti di cui l'abusivismo edilizio e la fame di denaro costituiscono la trave portante: la verità verrà a galla, a poco a poco... ma il prezzo da pagare sarà infinitamente alto.
Molto spesso abbiamo l'impressione che il thriller/noir contemporaneo si muova un po' con il pilota automatico, riproponendo all'infinito situazioni e cliché ormai ritriti e stantii. David Peace si discosta notevolmente da questa produzione industriale: non ha paura di osare, non fa nulla per compiacere il lettore, ma punta in alto con un racconto duro e spietato. Un mondo senza speranza, in cui non esiste una netta distinzione tra buoni e cattivi, emerge prepotentemente tra le pagine del romanzo: una società sudicia e corrotta è il palcoscenico in cui Eddie - antieroe lurido ed imperfetto - muove i suoi passi attraverso una tenebra ideologica e sociale, dove neanche le luci dell'imminente Natale del 1974 riescono ad accendere un barlume di speranza.
Giudizio: uno dei migliori noir che abbia mai letto (e ne ho letti tanti). Mely, contagiata dal mio entusiasmo, mi ha regalato proprio oggi il secondo volume della serie ("1977"), Incontrerò personaggi diversi... ma ci sarà sempre il medesimo protagonista che emerge sullo sfondo: l'Inghilterra tetra, spuria, algida, incomprensibile e crudele deli anni '70.