Il diabete raccontato attraverso un monologo formato da piccoli episodi, maturati nell'arco di oltre un quarto di secolo, vissuti accanto alla malattia. L'autore racconta in prima persona la propria esperienza di diabetico e di come con serena caparbietà e ostinazione affronta ogni giorno una malattia che spesso non dà margine d'errore.
...ContinuaSe non fosse stato per l'ultimo capitolo, gli avrei dato cinque stelline e lodi sperticate.
Non sono diabetica, ma questo è esattamente il libro che vorrei leggere se mi venisse diagnositicata questa malattia: con leggerezza, ottimismo, e molto senso pratico, l'autore descrive i suoi 25 anni di convivenza col diabete, sottolineando come sia possibile - perfettamente possibile! - imparare a convivere con la malattia senza aver troppi problemi.
Mi è piaciuto per la ventata di ottimismo che dà ai lettori (convivere con la malattia senza riportare danni? Si può fare!!), e mi è piaciuto soprattutto per la giusta durezza con cui l'autore tratta alcuni comportamenti irresponsabili (come ad esempio quelli di chi dice "massì, per una volta...", e poi si ingozza di cibi proibiti un giorno sì e uno no). Mi sono piaciuti, in particolar modo, alcuni consigli pratici di chi ci è giù passato: ad esempio, Pantaleoni spiega che, per un diabetico, andare ai pranzi di nozze è un problema serio - ci sono un sacco di portate, e non sai mai a che ora si inizia a mangiare. Utili i consigli pratici su come affrontare questa situazione: non so se un diabetico "al suo primo pranzo di nozze" ci avrebbe mai pensato.
Inoltre, l'autore non è un normale diabetico ma è un diabetico che ha fatto studi da nutrizionista: quindi, la sua esperienza è ancora più preziosa.
Ho cominciato a storcere il naso in quel capitolo in cui Pantaleoni ha preso a descrivere nei dettagli tutta la sua vita sentimentale, con termini che peraltro ho trovato anche velatamente offensivi nei confronti della sua ex-moglie. Ma vabbeh. Ci sta pure, che in un libro sul diabete l'autore parli della sua vita sentimentale, se non altro per dimostrare che una diagnosi di diabete a diciott'anni non ti impedisce di averne una.
E d'accordo.
Quello che veramente non ho capito (e che anzi, mi ha innervosito un po') è stato l'ultimo capitolo. Quello in cui Pantaleoni si lamenta come una povera vittima per le sue fortune lavorative.
Ma cosa c'entra???.
Oh Giampiero: se tu passi dieci anni a fare l'informatore scientifico del farmaco e poi molli tutto perché devi pagare troppe tasse, mi spiace tantissimo per te, ma non vedo quale sia la pertinenza di inserire questa lamentatione all'interno di un libro sul diabete. Se vai a fare un colloquio in una ditta per lavorare in fabbrica e ometti di dire che sei diabetico e poi ti assegnano dei turni massacranti che sono difficili da rispettare per uno che ha una malattia che abbisogna di routine, allora questa può essere una informazione utile da inserire nella lista "non fate certe cretinate"; ma non vedo perché debba giustificare uno sfogo a tutto campo contro il mondo lavorativo che ce l'ha con i diabetici.
Se il libro infondeva speranza ed ottimismo ai suoi lettori, fino a due-tre pagine prima, qui veniamo coinvolti nostro malgrado in uno sfogo amarognolo di una persona che (poverina: empatizzo!) ha problemi col lavoro, e vuole metterne a parte tutto il mondo.
Ma caspita: se fossi un diciottenne a cui è appena stato diagnosticato il diabete, io NON VORREI vedermi sbattere in faccia certe pagine così catastrofiche, che non so nemmeno fino a che punto rappresentino un problema generalizzato. Magari è solo l'autore che è stato particolarmente sfortunato, voglio dire.
Era un libro che sembrava fatto apposta per conciliare la gente con una diagnosi di diabete, e ci riusciva da Dio, e poi rovina tutto così?? Per dare spazio allo sfogo rabbioso di un (UN!) diabetico che non riesce a trovar lavoro?
Maddai, che brutto modo per concludere un libro: non se ne sentiva il bisogno, e anzi è stata proprio una chiusura dannosa, secondo me...
...Continua