Questo libro cerca le ragioni del fatto che i cosiddetti occidentali nel corso dei secoli hanno conquistato il resto del mondo, e non è avvenuto invece il contrario. Perché la spiegazione che gli occidentali sono più intelligenti o migliori non è solo razzista, presuntuosa e stupida, ma è anche scientificamente assurda. Qual è allora il vero motivo? Spoiler: è detto tutto nel titolo, è stato il fatto di aver sviluppato prima degli altri armi, acciaio e malattie, e Diamond prova a dare delle risposte al perché armi, acciaio e malattie si sono sviluppati prima in alcune zone che in altre.
Una lettura molto interessante, un po’ faticosa per alcune parti un po’ ridondanti, ma senza dubbio affascinante e istruttiva, che mi ha aperto gli occhi su molte cose e mi ha fatto venire voglia di saperne di più.
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Il libro spiega in maniera chiara e semplice, comprensibile anche a chi non è del ramo, le ragioni e le dinamiche che hanno portato a sviluppi differenziati le diverse aree del mondo e, di conseguenza, come e perché alcune civiltà si siano imposte ed altre, che pure erano floride ed organizzate, siano state travolte (vedy Maya ed Incas). Il libro, sopratutto, fa piazza pulita delle varie teorie razziste secondo le quali l'uomo bianco si sarebbe imposto in virtù di una presunta superiorità razziale: in realtà, spiega l'autore, gli europei nel corso dei secoli si sono trovati avvantaggiati dal trovarsi nell'emisfero dove si trovava la gran parte delle specie vegetali e animali domesticabili, che hanno permesso la creazione di società agricole, che a loro volta hanno portato alla formazione dei primi stati e alla possibilità di sostenere figure sociali non strettamente legate al sostentamento (quali inventori, militari e burocrati). La domesticazione degli animali inoltre ha portato l'uomo a contatto con diverse malattie, alle quali il sistema immunitario ha imparato a rispondere. Infine, l'Europa sempre disunita e che ha visto la perenne competizione tra diversi Stati è diventata da un lato crogiuolo di mille invenzioni e dall'altra, mancando di un forte potere centrale, ha evitato i passi indietro nell'evoluzione, come accaduto ad esempio in Cina, quando l'imperatore decise di porre fine alle esplorazioni marittime e chiuse il regno ai contatti con l'esterno, o in Giappone, quando si decise di rinunciare alle armi da fuoco, conosciute tramite i contatti coi portoghesi e di cui i giapponesi erano diventati esperti produttori, e di tornare alla spada ed alla lancia per volere della potente casta dei samurai. Tutti questi motivi ed altri ancora hanno permesso l'espansione degli imperi coloniali europei, attraverso una superiore tecnologia e, sopratutto, un adattamento alle malattie sconosciuto negli altri continenti: Maya ed Inca vennero sterminati da malattie portate dai conquistadores, che colpivano anche gli europei i quali però, convivendoci da più lunga data, avevano un tasso di mortalità decisamente inferiore. L'autore ribadisce inoltre la mancanza di fondamento delle teorie razziste fornendo diversi esempi: i nativi americani non conoscevano il cavallo, ma quando questo venne portato dagli europei i nativi ne divennero in breve espertissimi fruitori. un libro davvero molto interessante.
...Continuacon la vecchiaia, ho riscoperto il fascino dei saggi. questo è un buon libro per iniziare a diventare vecchio, te lo consiglio.
«Tutti sappiamo che i popoli delle varie parti del mondo hanno avuto storie assai diverse. Nei 13 000 anni trascorsi dalla fine dell’ultima glaciazione, in alcuni casi sono sorte società industriali vere e proprie, in altri società agricole prive di cultura scritta, mentre in altri ancora ci si è fermati a tribù di cacciatori-raccoglitori dotate di soli utensili di pietra. Tali diseguaglianze hanno avuto un’importanza fondamentale nelle vicende del pianeta, per il semplice fatto che i popoli industrializzati in possesso di una cultura scritta hanno conquistato o sterminato tutti gli altri. Queste diversità sono la base più evidente, per il semplice fatto che i popoli industrializzati in possesso di una cultura scritta hanno conquistato o sterminato tutti gli altri. Queste diversità sono la base più evidente dell’intera storia del mondo, ma le loro cause rimangono tutt’altro che chiare. Come si sono originate, dunque? La domanda mi fu posta venticinque anni fa in forma assai diretta e personale.
[…]
È evidente che queste disparità furono causa la causa dell’ineguaglianza del mondo: fu facile per società complesse e dotate di metalli soggiogare tribù armate di pietre e bastoni […]. Le teorie basate sulle differenze razziali non sono solo odiose, sono soprattutto sbagliate. Non esiste una sola prova convincente del fatto che esistano differenze intellettuali innate tra le popolazioni umane».
Ma partiamo dalle origini: i nostri parenti più prossimi, tra le specie viventi, sono tre grosse scimmie antropomorfe: il gorilla, lo scimpanzé comune e lo scimpanzé pigmeo o bonobo. Tutti e tre si trovano in Africa, il che, insieme con una messe di reperti fossili, ci mostra che il continente nero fu il luogo dove l’umanità mosse i primi passi. La storia dell’uomo come specie separata inizia proprio lì, circa sette milioni di anni fa (le stime oscillano tra i cinque e i nove milioni). In quel tempo, un gruppo di scimmie antropomorfe africane si suddivise in vari sottogruppi, uno dei quali diede origine per evoluzione naturale ai moderni gorilla, un altro agli scimpanzé e un altro ancora all’uomo. Queste specie protoumane sono note, nell’ordine in cui apparvero, come Australopithecus africans, Homo habilis e Homo erectus […]».
A partire da allora, i gruppi umani insediati in Africa e in Eurasia cominciano a divergere in alcuni particolari scheletrici, arrivando all’evoluzione dell’Homo sapiens neanderthalensis, l’uomo di Neandertal. Successivamente (circa 50mila anni fa) la storia subì un’improvvisa accelerazione conosciuta come il “Grande balzo in avanti” che portò alla scoperta di una nuova popolazione dallo scheletro identico al nostro: gli uomini del Cro-Magnon.
Dall’evoluzione dell’uomo si indaga poi alla nascita dell’agricoltura – primo vero motore dell’esistenza –: l’agricoltura è un prerequisito necessario per arrivare alle armi, all’acciaio e alle malattie; quindi le diverse modalità e i diversi tempi con cui i popoli delle varie zone del mondo divennero contadini e pastori può servire a capire molto bene i loro destini nella storia. Collegato all’agricoltura altro vero motore fu la domesticazione di piante e animali che non portò solo una maggiore disponibilità di cibo e quindi una più alta densità di popolazione. «Il surplus alimentare e l’uso degli animali come mezzo di trasporto furono fattori che portarono alla nascita di società politicamente centralizzate, socialmente stratificate, economicamente complesse e tecnologicamente avanzate. In ultima analisi, la presenza di animali e piante domesticabili spiega perché gli stati centralizzati, le spade d’acciaio e i libri comparvero prima in Eurasia e dopo (o mai) altrove. L’uso a scopi bellici dei cavalli (o dei cammelli) e il potere delle malattie infettive di origine animale sono altri due anelli della catena che lega la nascita dell’agricoltura alle guerre di espansione […]. L’agricoltura e l’allevamento comparvero in modo spontaneo in poche aree del pianeta, con tempi assai diversi, e si diffusero da questi nuclei originari in due modi: tramite l’apprendimento delle tecniche da parte dei popoli confinanti, o con l’invasione da parte dei primi agricoltori – e anche questo avvenne in momenti assai diversi nelle varie parti del mondo. In alcune aree in cui le condizioni climatiche erano favorevoli, tuttavia, l’agricoltura non nacque mai spontaneamente, né fu portata in tempi preistorici, e l’uomo vi continuò a vivere per millenni come cacciatore e raccoglitore fino a quando non venne in collisione con il mondo moderno. I popoli che divennero agricoltori per primi si guadagnarono un grande vantaggio sulla strada che porta alle armi, all’acciaio e alle malattie: da allora, la storia è stata una lunga serie di scontri impari tra chi aveva qualcosa e chi no».
Diamond poi spiega il fenomeno della domesticazione delle specie attraverso un interessante principio: quello di Anna Karenina.
«L’apparente arbitrarietà con cui l’uomo ha domesticato alcune specie e non altre (magari molto simili alle prime), può essere spiegata in quasi tutti i casi appellandosi al principio di Anna Karenina. Il matrimonio tra gli umani e gli animali è spesso infelice per una o più ragioni: le abitudini alimentari, il tasso di crescita, i costumi riproduttivi, il carattere, la tendenza al panico e molte altre caratteristiche della loro struttura sociale. Solo poche specie garantiscono la nascita di una coppia felice, perché sono compatibili rispetto a tutti i caratteri visti prima. In Eurasia era concentrato il maggior numero di mammiferi di grossa taglia domesticabili, molto più che negli altri continenti. Questo fattore, che potrò immensi vantaggi ai popoli locali, deriva da tre cause di base. Il primo luogo, l’Eurasia è più grande e più ricca di ambienti naturali, e quindi più ricca di specie con cui partire. Secondo, l’Australia e le Americhe persero gran parte dei propri candidati potenziali nel corso delle grandi estinzioni del Pleistocene: i mammiferi di questi continenti (con tutta probabilità) ebbero la sfortuna di incontrare improvvisamente nella loro storia evolutiva l’uomo, in un’epoca in cui questi era già un esperto cacciatore».
Per poi arrivare alla nascita della scrittura: «l’agricoltura e la successiva, millenaria evoluzione dei gruppi umani che la praticavano furono essenziali per la nascita della scrittura, così come per quella delle malattie infettive. La scrittura sorse in modo indipendente solo nella Mezzaluna fertile, in Messico (e con buone probabilità) in Cina, cioè proprio nelle aree dove l’agricoltura si sviluppò per prima, nei rispettivi emisferi. Dopo l’iniziale invenzione, per mezzo dei commerci, della conquista della religione si diffuse in altre società dotate di analoghe strutture economiche e politiche».
Per rispondere alla domanda di Yali – politico locale della Nuova Guinea – che nel 1972 chiese al biologo Diamond – e da cui dopo 25 anni circa nasce questo libro –, del perché: “alcuni popoli sono più ricchi di altri?”, si potrebbe rispondere così, con un po’ di approssimazione: «le forti disparità tra le vicende dei continenti non sono dovute a innate differenze nei popoli che li abitano, ma alle loro differenze ambientali. Penso che se gli abitanti dell’Australia e dell’Europa si fossero scambiati di posto nel tardo Pleistocene, oggi sarebbero gli aborigeni ad occupare le Americhe, mentre gli europei sarebbero ridotti ad abitare le zone più aride dell’Australia».
In ultimo voglio inserire una piccola nota sulla domesticazione delle specie vegetali: che può essere definito come il processo in cui la specie in questione viene fatta crescere dall’uomo – in maniera più o meno consapevole – in modo da farle subire quelle mutazioni genetiche che la rendono più utile e adatta ad essere consumata.
...Continua