Aspetta primavera, Bandini (titolo originale: Wait Until Spring, Bandini) è il romanzo d'esordio dello scrittore italo-americano John Fante, pubblicato nel 1938, ed è uno dei romanzi della saga di Arturo Bandini (il primo in ordine di pubblicazione, ma secondo per ordine di stesura, dopo La strada per Los Angeles).
"Di nome faceva Arturo, ma avrebbe preferito chiamarsi John. Di cognome faceva Bandini ma lui avrebbe preferito chiamarsi Jones. Suo padre e sua madre erano italiani ma lui avrebbe preferito essere americano. [...] Aveva la faccia lentigginosa, ma avrebbe preferito averla pulita. Frequentava una scuola cattolica ma ne avrebbe preferita una pubblica. Aveva una ragazza che si chiamava Rosa, e che lo detestava".
Il romanzo narra la storia di una povera famiglia di immigrati italiani a Rocklin nel Colorado dell'inverno del 1928: Svevo Bandini, la moglie Maria e i tre figli Arturo, August e Federico. Svevo vive con forte disagio la sua situazione di muratore sommerso dai debiti e costretto all'inattività a causa del rigido clima invernale e si rifugia nell'alcol e nel gioco per dimenticare - anche solo per brevi istanti - la sua vita grama.
Il padre è, agli occhi del quattordicenne Arturo, al tempo stesso una figura da ammirare - per il fatto che non si vuole rassegnare alla condizione di "povero immigrato italiano" - e da temere e odiare[2], perché fa soffrire la madre, una donna estremamente devota che sopporta pazientemente i tradimenti e le continue assenze da casa del marito aggrappandosi tenacemente alla sua fede.
Arturo trova anch'egli un modo per evadere dalla realtà casalinga nel suo amore (non corrisposto) per la compagna di classe Rosa e nella passione per il baseball. La già fragile situazione familiare è aggravata dall'arrivo in casa Bandini della madre di Maria, Donna Toscana, che ha sempre giudicato Svevo un inetto e non perde occasione per rinfacciare alla figlia l'errore che ha commesso sposandolo...
La vicenda si svolge in una immaginaria cittadina del Colorado che corrisponde alla città di Boulder, dove si era stabilita la famiglia Fante. I luoghi, il paesaggio ed il clima hanno qualcosa di familiare agli occhi di Svevo, visto che gli ricordano la sua giovinezza nelle montagne del natio Abruzzo ai primi del Novecento.
La storia, a volte divertente a volte tragica, è raccontata prevalentemente in terza persona, seguendo soprattutto il punto di vista di Arturo, mentre altri capitoli del romanzo sono dedicati alla figura di Svevo Bandini[3]. Sia il padre sia il figlio attendono con speranza la primavera, il primo per poter tornare a svolgere il proprio lavoro di manovale, il secondo per poter tornare a giocare a baseball, lasciando così alle spalle le difficoltà e le amarezze della vita domestica.
...ContinuaIn realtà la narrazione è scorrevole, ma mi ha infastidita la somiglianza con "Le ceneri di Angela" di Frank McCourt (1996).
Sono rimasta un po' delusa della somiglianza con Le ceneri di Angela, romanzo di McCourt che ho amato a suo tempo, ma ora mi rendo conto che McCourt ha attinto a piene mani da Fante, e dal suo Bandini di molto precedente, possibile che le due autobiografie siano così simili? Non so, comunque non ho goduto della narrativa certamente rivoluzionaria per il suo tempo (1938) a causa di questa somiglianza che mi ha infastidita. Dovrò leggere altri romanzi di Fante per farmene un'idea.
...Continua