Il mio battesimo nel mondo di Batman. Sono stato letteralmente trascinato nelle tavole. Coinvolgente, riflessivo, esplosivo. Un viaggio nella psiche umana attraverso le parole di Joker e un finale che mi ha dato un bel po'da pensare .
Diamine, che roba!
Sebbene io sia una fan sfegatata dei fumetti e delle graphic novel non pensavo che avrei mai dato cinque stelle piene a un prodotto della nona arte; invece sì, caro Alan, beccate lo stesso voto che ho dato a Dostoevskij, Flaubert e Proust.
Devo confessare che per quanta riguarda le storie di Batman sono ancora molto ignorante e che devo ancora recuperare tante altre storie sul cavaliere oscuro ma ho abbasta esperienza in campo fumettistico da poter fare una recensione abbastanza consapevole.
Purtroppo ho conosciuto le opere di Moore sempre e solo attraverso i film ma già da essi si avvertiva la grandezza di questo autore che quanto a dipingere la miseria e la corruzione dell'animo umano non ha rivali o al massimo ne ha davvero pochi.
Vi dico solo che io ho sempre detestato Batman perché mi pareva un testosteronico anafettivo che combattesse il crimine più per riuscire a superare i proprio traumi che non per reale empatia verso il prossimo o addirittura in certe storie era esattamente l'opposto, un bamboccio pompato e perbenista, in entrambi i casi mi stava proprio sulle palle.
Per quanto riguarda il Joker, fin dalla serie animata mi metteva più i brividi per il suo trucco da pagliaccio che per la sua perversità, in fin dei conti tutti i nemici di Batman sono grotteschi e spietati, che me dite di Pinguino? O lo Spaventapasseri?
Ma sappiamo tutti che la figura di Joker ha cominciato a non farci dormire la notte solo dopo le interpretazioni cinematografiche di Jack Nicolson e Heat Ledger; chi non è del settore ha dato la spiegazione all'eccellente bravura degli attori, ma dopo quest'opera ci rendiamo conto che le potenzialità di questo personaggio erano già state non solo portate all'estremo un anno prima del film con Nicolson ma che addirittura Tim Burton fosse un grande fan di quest'opera.
Ricapitolando: quest'opera ha ispirato Tim Burton che ha ridato avvio al filone di Batman, in seguito consacrato con la famosissima serie animata e dopo ancora con la trilogia di Nolan.
Tutto chiaro?
Dunque, adesso dobbiamo chiederci: cos'ha questo "The Killing Joke" che ha salvato le chiappe alla DC? E di cosa parla?
La storia non è altro che una specie di rivisitazione del personaggio biblico di Giobbe: il Joker riesce a evadere di prigione e architetta di condurre alla follia il commissario Gordon, che sarebbe il Grillo Parlante di Batman ma anche il nostro Giobbe; ferisce l'unica e amatissima figlia di Gordon e rapisce quest'ultimo per rinchiuderlo in un circo psichedelico da cui spera di farlo uscire pazzo come lui.
Lo scopo del Joker è dimostrare che l'unico modo per affrontare la cruda realtà è armarsi di una lucida follia - ed ecco che subito pensate al Joker di Ledger- e che basta una bruttissima giornata per trasformare un uomo in un mostro - sì, state di nuovo pensando al Batman di Nolan, ma Alan Moore c'era arrivato prima, statece - ; la narrazione del presente si intreccia con quella della storia personale di Joker, che appunto, in una sola giornata perde il lavoro, la moglie incinta e pure il proprio aspetto.
La domanda che ci pone la storia è questa: siamo davvero preda degli eventi? Siamo succubi di una Natura Matrigna? Basta una sola brutta giornata a trasformarci in dei mostri?
Lasciamo la risposta a Batman e al commissarro Gordon.
E adesso esaltiamo un attimo i dialoghi scritti da Moore: oltre alla trama che rimanda a dilemmi biblici e morali, non possiamo non parlare della poetica tragica dei monologhi del Joker, della pietà che trasuda dalle parole di Batman, della fatalità dell'eterna battaglia che li aspetta, ma soprattutto dello spiazzamento che ci lascia il dialogo finale tra i due.
Queste cinquanta pagine scarse illustrate con dei meravigliosi disegni realistici e le ambientazioni oniriche ci portano nella mente di un serial killer e ci fanno riscoprire le vere origini di Batman, quelle del crudo giustiziere che si fa terra terra per affrontare gli istinti più bassi e neri dell'animo umano.
Questa graphic novel viene spesso definita da molti come un grande capolavoro ma a me sembra che si tenda ad esagerare un pò troppo le lodi di Alan Moore. Non che voglia demolire il suo lavoro in questa opera, la lettura è scorrevole e ci offre dei lati nascosti del Joker (sia per quanto riguarda un suo possibile passato che per quanto riguarda la sua folle psiche) però a fine lettura sembra che alla storia manca quel qualcosa in più per fare il grande salto di qualità, quindi in conclusione dei fatti a mio parere è si una ottima storia ma non da definirsi un capolavoro.
I disegni di Tim Sale (con la cover che è diventata omai un'icona) si intonano alla perfezione con l'opera e la colorazione fredda risalta il tono tetro della storia.
Si possono solo tessere le lodi di un lavoro del genere, ispirato in ogni sua componente artistica: scrittura, disegni, colori, regia (no davvero, la regia di Moore in questa storia).
Il merito più grande è però forse quello di aver delineato una psicologia del Joker affascinante e intrigante.
Laddove vuole provare che non è colpa sua se è così, ma ha solo avuto un'esperienza tremenda alle spalle, per dimenticare la quale ha reagito rifugiandosi nel rifiuto del passato (e chi rifiuta il passato abbandona la razionalità per abbracciare la pazzia), si ritrova davanti un Batman (ed un Gordon) granitici, pronti a rigirare contro il Joker stesso la sua interpretazione.
"Sei tu che hai deciso di essere così".
E poi, e poi, il gran finale, che mostra con un brivido di inquietudine come il criminiale pagliaccio e Batman possano effettivamente riuscire ad intendersela, lasciando intuire come, tutti quelli che "hanno avuto una giornata storta", sotto sotto, condividano un dramma di tale portata da renderli simili, per quanto le strade poi intraprese possano essere completamente diverse.
...Continua