“L’Ordine della Chiave” è il secondo volume della serie Black Friars, è il prequel dove finalmente conosciamo i veri motivi del tormentato amore tra Eloise e Axel. Questa volta il vero protagonista è lui, cinque anni prima degli eventi dell’ “Ordine della Spada”, è una semplice matricola di diciotto anni non ancora il duca della Chiave. Il libro inizia con Axel rinchiuso nella prigione dello Studell nella Città Vecchia per una rissa, dopo quattro giorni viene rilasciato in anticipo a causa di una situazione ben peggiore. Viene trovato il corpo senza vita di una studentessa Emelyn Kristian, fidanzata e futura sposa di Rafael Valance Duca della Chiave e principe di Delamair. Questa uccisione è la prima di una lunga serie di omicidi di ragazze e vampire con un unico indizio comune, rappresentano tutte delle fiabe per bambini. Nello stesso periodo ritorna in città Belladore, famosa e antica vampira, cortigiana e frequentatrice dei salotti più eleganti e potenti, vuole conoscere il giovane Axel, ma il nostro protagonista non accetta gli inviti della cortigiana per evitare qualsiasi scandalo o peggio alla sua famiglia. Lui è tormentato perché non ha vicino la sua Eloise, ancora quindicenne e lontana, questo stato lo renderà ancora più introverso e inizierà ad avere degli incubi, nel frattempo salverà una vampira, Alise, che scoprirà essere al servizio di Belladore. Un giorno vede Eloise in città, si incontrano in segreto, finalmente ogni suo desiderio viene soddisfatto, ma questo lo rende ancora più insofferente finché non capirà di essere caduto in una trappola. Aiuterà Rafael a trovare il colpevole di tutte le uccisioni, anche perché lo stesso Rafael viene incolpato dal magistrato inquisitore David Westbrook. Axel è aiutato come sempre da suo fratello Bryce, dal frate Edward Thorne e dai suoi amici fidati, riusciranno a trovare il colpevole? Non scrivo altro è da leggere, questo libro non è un semplice fantasy, ma un mistery con un unico filo conduttore per tutti i volumi della serie, chi cospira realmente dietro le quinte? E’ un lungo percorso……. Finalmente impariamo a conoscere ed amare Axel, un giovane fedele alla propria amata, fedele alla sua famiglia, ed ai suoi amici, farà di tutto per salvare la cosa più importante, l’amore di Eloise. Di tutta la serie questo è quello che descrive meglio il rapporto tra i due, un amore struggente e tenero. L’autrice è abile a descrivere questo amore puro, romantico e allo stesso tempo intenso, egoistico.
...ContinuaRimasi a lungo sdraiata sul mio morbido letto, fissando l'oscurità cavernosa che aveva ammantato ogni cosa. Tra le strade della Vecchia Capitale dilagava, simile a un mare sul quale aleggiava una leggera nebbia che via via andava a dissolversi nel buio. Mi sentivo eccitata, euforica, come non mi sentivo da un pezzo. Sapevo dove mi trovavo: nel piccolo harem di carta e parole della mia camera, piccolo grande ambiente semplice in cui ho potuto trovarvi rifugio con un bottino di libri e allungare la mente verso nuovi orizzonti, in pomeriggi pigri e infiniti, quando il sole scompariva dietro le montagne con la sua luce smorzata. Il cuore pulsante si dilatava e contraeva nella gabbia toracica con battiti precisi e tesi. Qualsiasi cosa avevo visto qui dentro era stato molto bello, misterioso, meraviglioso e così vicino alla mia anima, che più volte mi ha fatto desiderare di sfiorarla con un dito. Un profumo inebriante di rose candide, petali soffici e spessi come seta d'Oriente, mi resero vulnerabile ai pensieri più desiderabili. Mi tornarono in mente tanti dettagli che credevo di aver perduto per sempre, giovani donne addormentate nei propri letti ma depurate da una qualche entità sconosciuta; l'indifferenza sulla quale una vampira di bell'aspetto poté sganciare una schiera di cortigiane indomite su valorosi cavalieri o profanare la loro anima semplice su una stanza dorata illuminata dalla luce di qualche candela., senza neanche preoccuparsi di sapere quale fosse la sua identità. Un processo disumano che ho visto impigliarsi in grovigli di sentimenti, emozioni pure e semplici che combattevano nel petto chiedendo ognuna una voce per esprimersi. Non occorreva vedessi il risultato finale di tutto ciò: un tradimento privo di volontà. Inaspettato. Sbalorditivo, come una parola formulata mentalmente. Mi era sembrato di non aver mai abbandonato la Vecchia Capitale. Sentivo ogni cosa. Sangue fresco riverso sulla nuda parete di un pavimento, il sapore dolce dei pensieri più privati, quando di notte restavo sveglia a fissare il buio e le mani stringevano una stilografica sulla pelle.
Quattro giorni e mezzo di lettura appassionata, intensa, a pensare all'amore fra due giovani innamorati il cui eco del loro desiderio furioso e insano aveva prevalso su una tristezza mista a rimorso, che mi colpì dolcemente perché non provavo tutto questo da alcuni anni. Penetrando nella mia carne debole come un bisogno immenso, desideri folli di un amore disperato e ardente che ha raggiunto il mio cuore con sollievo e gratitudine. Ho amato quello che mi hanno detto, e l'istinto di abbracciarli per calmare i miei sussulti era irresistibile come quello di un bacio. Mi è bastato far combaciare la mia anima con quella del romanzo, è bastato il suo alito caldo sul mio corpo pur di essere trascinata a fondo, annegare nell'acqua dolce e allo stesso tempo torrida di questa splendida storia senza desiderare niente, né di svegliarmi, né di emergere da questa pazzia folle che mi aveva annientato.
I romanzi della De Winter, con i suoi vasti tesori di immaginazione visionaria, di figure recise dal tempo che vagano come anime dannate sulla riva dell'assurdo, li avevo letti per la prima volta quando ero una studentessa del liceo. La sua storia mi aveva lasciato addosso una curiosità strisciante. Il propagarsi di tanto amore, con tutti i pericoli impliciti per chi avrebbe potuto considerarlo come un male per lo spirito, catena di piccoli fatti assurdi o situazioni inverosimili, di coincidenze miracolose, di avvenimenti e di persone che ritornano e poi svaniscono, è stato talmente contagioso che gli oggetti inanimati sembravano dotati di una qualche magia. Poiché non esiste alcuna differenza da ciò che è reale e ciò che non lo è, e chi legge si sente legato a ogni cosa entro i limiti del possibile.
Eppure il mio amore incommensurabile nei riguardi di questa storia è stato innegabile. Come con altri romanzi, ho amato la saga dei Frati Neri prima ancora di averla letta. Ho provato struggimento, dolore, sofferenza per l'amore di due anime inquiete dalle aspirazioni trascendentali, basate inconsciamente sulla visione geocentrica delle cose, contorta febbrilmente per la natura opprimente di un'emozione gettata sui nostri cuori da una crudele legge naturale: un'emozione che ho atteso, ho desiderato.
L'amore fra Axel e Eloise ha ravvivato la fiamma che già bruciava nel mio cuore, e il tormento o l'angoscia in cui sguazzavano impunemente è stato superiore alla capacità di sopportazione. Dalla mia umile dimora, li ho visti avanzare faticosamente fra montagne, colline e campi di grano, raggiungere la cima di una scarpata, e contemplare un paesaggio del tutto diverso da quello osservato sino a quel momento.
Solenne e superstiziosa fantasia letteraria, caso fantasmagorico di voci e volti, di vaghi e possenti fantasmi corporei apparsi nel minaccioso silenzioso della notte, il romanzo della Winter è stata una delle prime letture inglesi che, zeppa di distrazioni realistiche, tragiche e amorose che richiama alla mente le tragiche commedie shakespeariane e altri grandi poemi della letteratura settecentesca, è penetrato al punto tale d'immergermi in uno stato fra il fascino e lo sconcerto. La storia d'amore estremamente realistica fra una scolara e un conte, che la De Winter ha riesumato col suo tocco spiccatamente realistico/drammatico e tragico in cui fantasia e realtà si sfiorano, anche mentre il sole illumina le loro figure contro il verde delle siepi e le facciate delle case, le cui descrizioni sono crudelmente sincere in quanto ciò che è narrato è narrato attraverso gli strumenti della letteratura: l'essere umano in bilico fra estasi e sogno. Il cui mondo che lo circonda è zeppo di meschinità, ipocrisia, cattiveria, che rivelano l'intento dell'autrice di esaminare, con profondità e un certo distacco, un tema piuttosto importante nella produzione letteraria: il senso della vita.
Mi incuriosiva rileggerlo e, sebbene il tempo scorra ininterrotto e, delle volte, ci costringa a dimenticare cose che non vorremmo mai dimenticare - immagini, episodi che rimangono intrappolati nella soffitta della nostra anima -, ho riscontrato quella profonda e assurda drammaticità di cui è impregnato e di cui, tre anni fa, come un meraviglioso compagno di viaggio, aveva disegnato la sua orbita.
Ritratto umano terribilmente realistico e coinvolgente di protagonisti intrappolati nel lungo limbo delle convenzioni sociali, che incorrono esclusivamente l'ideale dell'uomo forte, libero, capace di vedere la netta differenza fra verità locale e verità universale, quella della De Winter è una complicata emozione che custodisce gelosamente due amanti nella sfera insondabile dell'amore. Unico moto perpetuo dell'universo, unica ragione accidentalmente intrufolabile, creata apposta per impedire ai due amanti di consolidare il loro amore. Unica dimensione in cui è semplicissimo riconoscersi, assistendo alla nascita di un amore indescrivibile, illusorio e allo stesso tempo terrificante che se ne sta sospesa nell'avverso universo come splendidi megaliti, e che scopre i due amanti perdutamente insoddisfatti di ciò che li circonda e insaziabili dei peccati tatuati sulla loro pelle. Devastati nell'anima e nel corpo. Creature piene di poesia, poesie tradotte nella realtà, i cui cuori ardenti lottano contro una sola povera coscienza, bramosi, inteneriti e un po' folli che vegliano sulle sorti di uno sconosciuto che prima ignoravano spudoratamente, ma che adesso rappresenta la vita.
Una storia che è stata raccontata con la consapevolezza di recare sofferenza, capace di logorare dall'interno lo spirito di chiunque. Suscita un empatia naturale, risvegliando zone assopite nel fondo della coscienza, e che ci parla di gesti sconsiderati e folli uniformemente negativi. Borghi che sembravano immersi in sonni che parevano andare al di là della notte, una pace di malinconica bellezza ravvivata dal rumore del vento perenne che spazza via le piazze, agitando le piante lussureggianti oltre le recinzioni. Regno di travestimenti le cui poche persone a volto scoperto hanno un aspetto vulnerabile.
Smarrire i pensieri è stato alquanto semplice, fra le vecchie mura di una piccola locanda o fuori dal Presidio, che dilatarono il tempo fino a renderlo un'eternità dalla bellezza quasi insostenibile.
Come se richiamata dalle parole stesse, una storia che ha oscurato per un momento inutili ansie e paure. Un dramma sentimentale, seducente e romantico che mi ha resa prigioniera delle stesse colpe, degli stessi peccati dei protagonisti. Un opera raffinata, delicata come un tulipano, che non lo fa sembrare un romanzo, piuttosto una proiezione in cui si provano più sofferenze che gioie. Sciorina continuamente descrizioni dettagliate che, spesso e volentieri, inducono al tedio e alla noia, e cattura l'attenzione per il toccante e sano romanticismo che si respira fra le sue pagine e in cui diviene sempre più forte l'esigenza dell'autrice di esplorare la zona dei sentimenti.
Una storia che, in una notte di fine settembre dall'aria fresca ma pulita, è emersa dal passato come un'immagine definita nell'immediato. Con una voce apprezzabile, matura, profonda, e i contorni simili a quelli degli antichi poemi omerici.
https://lalettricesullenuvole.blogspot.it/2017/04/lettura-di-gruppo-black-friars-lordine.html
Questo libro è sofferenza pura. Spiega gli antefatti, come Eloise è arrivata a odiare, pur amando, Axel. Ci racconta cosa ha combinato, l'inganno di cui è stato vittima e soprattutto perchè non ha potuto dirlo.
Se avete seguito i post della rilettura la trama la sapete, così come potete immaginare il dolore che si prova leggendo questo prequel. Si assiste impotenti alla caduta di Axel nella rete di Belladore e si soffre proprio insieme a lui.
Non era così che aveva sognato di stare con lei, pensò Axel. Nei suoi sogni c'era stata solo gioia, non rimorso e senso di colpa.
Devo dire che forse ho una vena sadica, o masochista dipende da dove si guarda, ma questo è il mio preferito fra tutti. Forse anche perché io ho un debole per Axel, è il personaggio che prediligo, e questo libro è Axel. Si vede come cambia, come è costretto a maturare, come mai diventa la persona che troviamo nella Spada. E nonostante tutto si vede l'amore enorme che lui prova per Eloise.
Le era già vicino prima ancora di accorgersi che stava correndo da lei, il battito furioso del cuore che rivelava ciò che lo sguardo cercava ancora con affanno.
La prima volta che ho letto la Spada ho pensato che Eloise ama veramente tanto Axel per riuscire a perdonare e non sapere. Ma leggendo la Chiave non so chi fra i due ne ha di più di amore, è veramente straziante.
Axel attese il rumore delicato della porta che si chiudeva prima di prendersi la testa tra le mani. Rimase in quella posizione a lungo, senza osare muoversi. Aveva la netta sensazione che, se lo avesse fatto, qualcosa nella sua mente sarebbe andato in frantumi e lui si sarebbe messo a urlare. Fino a perdere la voce.
Un altro motivo per cui adoro questa vicenda è il trovare qua e la pezzetti e indizi che poi tornano. Nulla è dovuto al caso, ogni particolare, ogni frase, ogni personaggi ha il suo perché. Io adoro tutto questo, leggerlo e scoprirlo, collegare le cose.
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Qualche mese fa, ero stata stregata dalla penna della De Winter e dal mondo che ha creato, a tal punto che credo di aver divorato il primo libro nel giro di un giorno o poco più e d’aver buttato giù una recensione entusiasta e entusiastica come mai prima mi era capitato, nonostante probabilmente fossi rimasta una delle poche a non essersi ancora addentrata nelle stradine della Cittadella e dintorni e ad aver conosciuto i suoi personaggi così straordinariamente tratteggiati da essere quasi reali, da balzare fuori dalle righe che danno loro vita e parlar di sentimenti che in fondo sono comuni, straordinariamente vicini a ognuno.
Raramente mi capita di amare un libro a tal punto da non sentire la necessità di cambiare qualcosa e ancora più raramente non riesco a trovar qualcosa da ridire – da persona estremamente critica verso tutto e tutti e gran rompiballe, ammettiamolo pure senza paura – sul successivo volume di una saga. Quel che, però, mi aveva affascinata nell’Ordine della spada mi ha conquistata follemente nella Chiave. A cominciare dallo stile: quella maniera di narrare poetica e suggestiva, incredibilmente pregna di descrizioni e metafore del primo volume che a volte sembravano richiedere uno sforzo eccessivo di comprensione, raggiunge qui un compromesso magistrale riuscendo a diventare di gran lunga più scorrevole e semplice da seguire senza, tuttavia, rinunciare a coinvolgere e incantare il lettore, a sorprenderlo con una raffinatezza linguistica squisita e ricercata, a calarlo nuovamente nel suo mondo come uno dei personaggi, obbligandolo a essere allo stesso tempo spettatore e protagonista, e sentire sulla propria pelle ciò che chi è coinvolto prova. Uno stile che dà voce ai personaggi e approfondisce ulteriormente i caratteri di ognuno per farceli conoscere, prima che quella splendida fratellanza che li lega nascesse, e renderli ben distinti l’uno dall’altro, per il loro modo di fare e quelle piccole manie e bizzarrie che li caratterizzano, ce li fanno amare ancora di più e sentire ulteriormente reali, come se alzando lo sguardo dalle pagine ed entrando in una camera potessimo trovarci di fronte Bryce intento a decidere i dettagli della propria bara funebre o Stephen appollaiato su una poltrona con la testa immersa tra le righe di un tomo polveroso e un ghigno soddisfatto in volto. E stile che getta una luce, grazie all’aver scelto il suo punto di vista, sui comportamenti di Axel che rimanevano oscuri e lo fa conoscere meglio, più in profondità, come probabilmente nemmeno lui avrebbe voluto esser visto, ma che irrimediabilmente rende lui più umano, più comprensibile quel suo altero distacco immotivato col quale ci si è presentato e più struggente il tenero legame che lo lega a Eloise e sfiora, è il caso di dirlo in questo caso, l’ossessione più buia.
Axel, dunque. Principe ereditario per nascita e gentiluomo dalle maniere impeccabili per carattere, disposto a sacrificare la propria vita per coloro che ama o, semplicemente, per la giusta causa, capace di amare tanto, così tanto da diventare troppo in alcune situazioni. Potremmo stare qui a snocciolare i suoi titoli come fa Eloise nelle prime pagine della Spada e non riuscire lo stesso a inquadrare la complessità di quel che è o comprendere quanto esserlo gli procuri sofferenza e solitudine e lo spinga a rinunce e silenzi che niente gli valgono se non incomprensione e odio, di quello più nero perché proveniente da chi più ama ma a cui non può chiedere pietà per il terrore di perdere tutto. E forse niente avremmo mai compreso davvero di lui, se non avessimo avuto questo libro: mentre la Vecchia Capitale è infiammata da una serie di delitti inquietanti e dai contorni vagamente fiabeschi, in un gioco tra il sonno e la veglia nel quale il confine tra realtà e immaginazione diventa così labile da sfocare e apparire confuso, Axel cade vittima di Belladore, la vampira più antica e potente, amante di papi e principi, re e illustri personalità di Stato, che stavolta ha scelto l’erede al trono come ennesimo pupazzo da usare a suo piacimento. Belladore muove le fila dell’azione e muove Axel continuamente come la aggrada allo stesso modo in cui leggendo si cade nei tranelli della De Winter e si finisce là dove vuole che ci si ritrovi, intrappolati nella tela che ha intessuto sapientemente proprio sotto al nostro naso, ingabbiandoci nel dubbio di non riuscire a capire cosa sia vero e cosa l’opposto; si percepisce finalmente Axel perché quel che vive è quel che sperimenta anche chi legge, incapace di capire dove finisca il sogno e quanto di ciò che si vive sia reale, obbligato a indossare i suoi panni, talvolta scomodi, a sentire tutta la sua disperazione del non poter liberarsi dei suoi fardelli e il tormento dell’aver sporcato un sentimento puro. Axel che è protagonista assoluto di un cast corale meraviglioso – in cui i personaggi secondari non si accontentano del loro ruolo e si ergono a protagonisti delle vicende reclamando un posto per sé sotto i riflettori – e che mi ha costretta a divorare capitolo dopo capitolo gli eventi che si susseguivano a una velocità folle ma mai incontrollata, a cercare di connettere gli elementi a disposizione del macabro giallo che macchia le strade della città ma soprattutto ad accompagnarlo all’inevitabile conclusione per costruire assieme a lui la dolorosa gabbia di silenzi e solitudine nella quale si rinchiude, col respiro oppresso e la ragione offuscata e che rende la sua splendida bellezza un po’ più amara ma proprio per questo più adorabile, perché frutto di decisioni che ne macchiano il candore e infangano sentimenti che considerava puri, costringendolo a interrogarsi su ciò che di sé non riconosce, a domandarsi chi sia davvero, a guardarsi allo specchio e non riconoscersi più.
Tanto potrebbe esser detto di questa storia e probabilmente ancora di più. Ciò che sicuramente è palese è la capacità della sua autrice di raccontarci qualcosa di cui in fondo si potevano intuire i contorni e le inevitabili conseguenze e che, tuttavia, non manca di stupire e far sentire come propri sentimenti prorompenti che travolgono come un fiume in piena, trascinano con sé incuranti di quel che trovano e ci portano all’esatto punto in cui non avrei voluto trovarmi, là a vedere nascere quell’odio furente di Eloise che tanto ci era familiare nella Spada, a scorgere le pene di Axel che lo attanagliano e che ce lo fanno perdonare per tutti quelle frasi taglienti e atteggiamenti distaccati che non capivamo, e a sospirare per un finale agrodolce di cui si conoscono gli sviluppi ma che, non per questo, ci fa soffrire meno per i cinque anni di bugie e angoscia che entrambi dovranno vivere. Il merito, semmai ci fosse bisogno di ribadirlo, è indubbiamente della sua grande scrittrice, che qui raggiunge la perfezione di stile, liberandosi di tutti quei vezzi che richiedevano uno sforzo doppio di attenzione nel primo volume, per concentrarsi sulla narrazione degli avvenimenti e sul turbinio di emozioni coi quali i suoi personaggi ci bombardano pur non perdendo il potere di stupire e incantare con una prosa a dir poco fantastica; lei che, già lo so, mi rapirà molto presto con la Penna.
la prima metà del libro è difficile da far scorrere liscia, ma essendo il secondo della De Winter si sa che bisogna insistere perchè ne vale sempre la pena...inoltre questo libro è perfetto per togliere tutti i dubbi e le domande rimaste nel primo. Brava ragazza, scrive bene, forse un tantino troppo bene per essere digerita subito a dovere, ma ribadisco fin'ora ne è valsa la pena! E ora il terzo!
...Continua