Un libro difficile da definire, sia nel genere (un fantasy? un futuro distopico? spiritual?...) sia nel contenuto... forse la cosa più semplice da dire è che un libro africano, scritto in modo a me poco familiare, immerso in una cultura ed un paesaggio che conosco poco, quindi appunto strano. Strano ma bello, è stata una bella lettura, particolare ma interessante.
...ContinuaIl world-building di questo romanzo meriterebbe cinque stelline piene. In un'ambientazione sudanese (con chiari richiami ai fatti del Darfur, ma anche qualche riferimento alla cultura nigeriana), a metà fra il distopico/post-apocalittico e il realismo magico, Nnedi Okorafor si giostra sapientemente fra elementi fantastici e narrazione realistica, non risparmiandosi (e risparmiandoci) in termini di crudezza (senza però mai cadere nel gratuito).
Mentre leggevo mi sentivo LI', con la sabbia a seccarmi la gola, il sapore del "cactus candy" in bocca e il sentore dell'incombere dei Nuru e del loro esercito, pronti a completare il loro genocidio. Ci sono stati momenti in cui mi sono dovuta imporre di poggiare il libro, ed è qualcosa che non mi succede con tutti gli scrittori.
Le stelline rimangono solo quattro perché, per quanto Onyesonwu sia una protagonista interessante e molto ben caratterizzata, i personaggi secondari e le loro relazioni (reciproche e con Onye) sono rimasti per me un po' evanescenti (che è spesso uno dei rischi della narrazione in prima persona). Avrei voluto sapere di più della madre di Onye e delle sue capacità. Avrei voluto sapere più di di Aro, uno dei personaggi che ho trovato più interessanti,soprattutto per il suo rapporto con Onye, che purtroppo ci viene più raccontato che mostrato (motivo per cui il suo "cambio di rotta", almeno a me, è parso un po' affrettato e non del tutto giustificato). Avrei voluto sapere di più su Luyu, che solo nel finale assume un carattere autonomo rispetto a Diti. Su Binta, che nonostante Onye stessa denunci la cosa, alla fine rimane non molto di più che il suo ruolo di vittima, in termini di caratterizzazione. Diti e Fanasi, poi, ai miei occhi sono due grossi punti interrogativi ambulanti.
Avrei fatto a meno di sapere così tanto di Mwita, invece, dato che, ahimé, proprio non mi è andato giù fino alla fine. Il romanzo avrebbe beneficiato della sua assenza, per quanto mi riguarda.
Una piccola nota di demerito va anche all'edizione, che è davvero piena di refusi, che alla lunga tolgono un po' al piacere della lettura.
Detto ciò, romanzo interessante e autrice da tenere d'occhio. Chissà se verrà mai tradotta in Italia.