Letto da adolescente, è stato poi argomento della mia tesi di laurea in letteratura inglese; è una lettura non facile e violenta e per essere capita meglio, consiglio a tutti di documentarsi sulla vita della scrittrice, costellata di lutti e assenze affettive importanti. In ogni caso alla luce delle teorie della critica letteraria psicoanalitica è un caso unico che illumina sugli irrisolti relazionali e la disfunzionalità dei legami quando a mancare è un riferimento materno - fate caso alla morte immediata di ogni donna in procinto di procreare. Il romanzo per la sua struttura risulta claustrofobico, tuttavia ci sono dei passaggi meravigliosi: ad esempio Pennac (Kamo) ce li ripropone in una cornice meno drammatica,e molti artisti hanno attinto all'opera. è una lettura che nonostante tutto consiglio, perché è un classico unico nel suo genere e in qualche modo, con l'attenzione alla specularità e alla circolarità, restituisce l'auspicato desiderio di armonia dell'autrice.
...ContinuaSono controcorrente, l'ho letto tantissime volte e non mi è mai piaciuto. Non so perché, mi infastidisce. Sicuramente un libro importantissimo e amato dai più, ma io non riesco proprio a digerirlo.
Non è mai troppo tardi per recuperare dei pilastri della letteratura, un libro che credo tocchi un po' tutto il mondo e non solo quello inglese. Pazzesco come un unico romanzo così potente, con delle radici salde, una quercia secolare oserei dire, possa sprigionare una serie di pareri così contrastanti tra loro da spingere una semplice lettrice come me a dubitarne la lettura per anni. "È noioso, ha una prosa antica, la struttura a matriosca quasi ti sconvolge e disorienta", sono solo alcuni dei tanti giudizi che negli anni mi hanno rincorso, invece per me non è stato nulla di tutto ciò, anzi questi elementi dispregiativi io li ho percepiti come un valore aggiunto. Sicuramente in quegli anni avrà indispettito e perplesso parecchie persone, tanto da essere considerato di bassa qualità, ma oggi quegli elementi tanto discussi ti fanno comprendere uno stile di scrittura mai superato. Immensa Emily, peccato che tu ci abbia lasciato troppo presto e non abbia avuto il modo di restituirci altri spaccati della tua fantasia, sarebbe stato un onore e un immenso piacere.
...ContinuaIo lo sapevo. Lo sapevo per la miseria, che sarebbe andata a finire così.
Perchè sin dai tempi del liceo, quando i dinosauri ancora dominavano la terra, quando l'insopportabile insegnante di lettere del secondo anno mi propinò "Le ultime lettere di Jacopo Ortis", lo ho sempre saputo che io ed il romanticismo siamo compatibili quanto due cariche dello stesso segno, e questo "Cime tempestose" ha la fama più che meritata di essere l'archetipo assoluto di quel romanzo in stile neogotico che dominò lo scenario letterario inglese (ma anche europeo) tra fine del 700 ed inizio dell '800.
Ma alla fine che cosa ha che non va? Per quel che mi riguarda molto, se non tutto (ma tutto è una parola da non usare mai, quando si parla di un romanzo). Per avere le idee più chiare sulla impressione che mi ha fatto questo libro, ho fatto un parallelismo tra "Cime tempestose" ed un altro grande e famosissimo romanzo dello stesso periodo, "Il conte di Montecristo".
Tanto lo scenario di cime tempestose è statico e sempre uguale a se stesso, lugubre e buio, tanto quello del "Conte di Montecristo" è un caleidoscopio rutilante di ambienti sempre diversi.
Personaggi unidimensionali, piatti e senza alcuna evoluzione, oltretutto in alcuni casi molto simili l'uno all'altro. Ho addirittura il sospetto che questa sia una scelta deliberata, perchè i personaggi della prima generazione (Heathcliff, Isabella, Catherine, Edgar, Lindsay) oltre che il carattere spesso condividono con quelli della seconda persino il nome. La confusione è tale che persino la pagina di Wikipedia Italia su "Cime tempestose" ha sentito il bisogno di riportare l'albero genealogico dei protagonisti, altrimenti davvero si fa fatica a seguire la sinossi.
Mi ha infastidito la assoluta mancanza di complessità morale dei personaggi, in una storia che parla soprattutto di sentimenti. Quello che intendo dire è che in un romanzo introspettivo tutti, dall'antagonista alla vittima all'eroe, devono essere in pace con sè stessi: devono aver trovato il modo di sentirsi nel giusto. E se c'è conflitto interiore, quel conflitto si deve vedere (in Edmond Dantes si vede). In "cime tempestose" non si spreca una sola riga tra infinite pagine di sbrodolamenti vari per spiegare questo; è pur vero che c'è una intuizione importante da questo punto di vista (spesso i gesti malvagi di una persona cattiva nel profondo nascono da un' infanzia tormentata), ma questa intuizione non è portata avanti: l'antagonista Heathcliff (uno degli antagonisti più disgustosi che abbia mai incontrato, devo riconoscerlo) che dovrebbe essere la persona più complessa e difficile del romanzo, è il più raccontato di tutti. Per arrivare a mostrare la sua vita interiore non si trova di meglio che farlo parlare a ruota libera con la serva ed amica d'infanzia Ellen Dean (che è anche l'io narrante del romanzo), in uno sbrodolamento infantile da adolescente frustrato che serve solo a mostrare una persona con la profondità del lupo cattivo delle favole.
In un romanzo così cupo tutti gli altri personaggi sono per forza di cose secondari rispetto all'antagonista, ma con questo condividono la capricciosità, l'autoreferenzialità, la capacità così formidabile di fare scelte senza senso in preda agli impulsi più cangianti da rasentare la schizofrenia. A meno che non fosse ambientato in un manicomio, davvero non c'è logica nella landa di Wurthering Heights.
L' intreccio è debolissimo, ed in nessun modo adeguato a giustificare tante sofferenze: per tutta la durata del romanzo non succede assolutamente nulla che sia degno di nota, o comunque tale da giustificare un minimo di suspence. Un normale pugno, od una minaccia, equivalgono in questo bambolesco mondo ad un omicidio della peggior specie. "Il conte di Montecristo" è proprio dall'altra parte del mondo, da questo punto di vista.
Se consideriamo la lettura come un incontro tra scrittore e lettore, la conclusione è che "Cime tempestose" è per me un romanzo di una noia mortale e che non vale la pena di essere letto. Ma a questo punto si rende necessaria una domanda: visto il successo dell'opera anche presso lettori contemporanei, quanta della negatività di questa esperienza è dovuta alle mie attitudini personali e quanto a demeriti dell'opera in sè? Vale la pena di fare uno sforzo di prescindere dalle mie sensibilità per andare a cercare cosa Emily Bronte aveva da dare e che io non ho colto.
Il romanzo è oggettivamente pesante, prolisso e ridondante nel suo stile: se ci si fosse divertiti a cancellare tutto quello che non serve, il libro sarebbe stato lungo la metà. Sono a mio parere obiettive anche le critiche sull'intreccio, rimane oggettiva la non coerenza tra le sofferenze dei personaggi ed il niente che accade durante tutta la storia (?). Un niente peraltro privo di qualunque tipo di nesso causale. Giova ricordare che siamo in un periodo in cui dal punto di vista storico e sociale di cose ne stavano succedendo parecchie, e Dickens e Dumas stanno lì a ricordarlo.
Dal punto di vista strettamente scolastico invece, mi accorgo che l'ambientazione, così come la caratterizzazione ed il comportamento dei personaggi ci raccontano qualcosa sull'epoca in cui le sorelle Bronte scrivevano. Gli uomini e le donne tipici del romanzo gotico sono un fascio di passioni privo di qualunque tipo di ragionevolezza, che considerano l'orgoglio come unico riferimento per avere stima di sè. In quest'ottica il comportamento apparentemente schizofrenico (in alcuni casi al limite della villania anche nelle situazioni meno giustificate) e senza senso dei personaggi acquista improvvisamente una spiegazione. Gli uomini e le donne che popolano Wurthering Heights e Thrushcross Grange ci sembrano strani, folli, in generale insopportabili perchè sono la radicalizzazione estrema di una idea di umanità troppo diversa dalla nostra. Il che se da un lato non attenua il fastidio della lettura, dall'altro ci racconta molto del mondo di quegli anni.
Sarebbe stato più credibile temperare tanta tempesta con un minimo di ragionevolezza e di larghezza di vedute, come pure fa Alexandre Dumas padre con il suo Montecristo, che pure in fatto di sfrenatezza delle passioni vendicative ha la sua da raccontare eh...
a meno che.
A meno che a Emily Bronte non interessasse essere realistica. Un mondo cupo, scosso da tempeste e sempre uguale a se stesso, che ospita povere anime in sofferenza estrema sbattute di qua e di là dalle loro passioni come dai venti delle cime tempestose, e niuna speranza li conforta mai, non che di posa, ma di minor pena. Come se fossero la drammatica parodia di una persona, come se fossero anime dannate.
Ricorda qualcuno. Da vicino. Troppo da vicino per essere un caso. Non posso dire se l'autrice abbia tratto ispirazione direttamente dal canto V dell' Inferno (che pure a quei tempi ed in quei luoghi era molto popolare, se William Blake ne stava producendo le indimenticabili illustrazioni), ma non si può non rendersi conto che è la bufera infernal che mai non resta quella che sbatte le cime degli alberi di cime tempestose, e che trascina gli spiriti di Heathcliff e di Cathryn. Un luogo cupo e buio, dal quale nessuno trova la forza di allontanarsi mai, dove gli anni si succedono tutti uguali, per il quale si muovono esseri umani che sono in realtà ombre sbattute senza pace dal vento delle loro passioni ed incapaci di sedersi nella quiete della virgiliana ragionevolezza.
Ma il Sommo quelle passioni le ha raccontate in 142 versi immortali.
Per farne un libro intero bisogna annacquare troppo.
Premetto: mai letto il libro, mai visto uno dei tanti film, mai studiato a scuola.
Mi aspettavo un libro d'amore dududadada... invece ne sono rimasta sconvolta. E' proprio vero che quando non si hanno aspettative, l'esperienza è pura e libera. E' proprio vero che un classico è un classico!
La storia è una storia di legami, d'amore(?), d'odio(?), sicuramente di ostilità e vendetta. Ci sono punti di una crudeltà estrema.
Personalmente non mi sono appassiona a nessuno dei personaggio, ma li ho compatiti tutti. Sono stata tutti e nessuno. Siamo un po' tutti e nessuno.
Consigliato!