Ogni tanto ci giungono notizie da questo posto, ma cos'è successo veramente? Se si vogliono sapere le vicessitudini che ha attraversato questo stato (del quale non siamo sicuri nemmeno del nome) ma non si vogliono affrontare letture pesanti e tediose, questo è il libro che fa per voi.
Lezioni di "storia della Birmania" intervallate con "aneddoti della vita di tutti i giorni" e un pizzico di "organizzazione delle ONG" . Vicessitudini ai limiti dell'assurdo per qualsiasi occidentale. L'unica cosa che mi ha lasciato un po' perplesso è il rapporto tra lo scrittore e sua mogle.
Sono al terzo Delisle, in ordine cronologico, e, se ho sempre trovato il suo stile semplice, efficace e molto riconoscibile, è anche vero che Shenzhen mi era parso troppo freddo e Pyongyang alla lunga un po' ripetitivo e noiosetto.
Ora invece ho finalmente sentito una maggiore partecipazione da parte dell'autore (che non dico non ci fosse prima, ma io non la coglievo), in particolare nelle parti in cui racconta il dramma dei bambini birmani sieropositivi e dell'incredibile numero di eroinomani abbandonati a sé stessi, aiutati solo dalle ONG straniere.
Letto a poca distanza da Pyongyang
Come il precedente l'occhio di Delisle scansiona e racconta in maniera minimalista ma efficace le stridenti contraddizioni di un popolo meraviglioso e ricco di tradizioni schiacciato da una stupida, avida, pesante dittatura.
Il sorriso serve solo ad evidenziare di più la difficile situazione di una terra meravigliosa.
L'unica pecca è che forse non ha reso la dittatura così feroce come invece è
Resta comunque un ottimo lavoro
Bello. Interessante. Un reportage decisamente fuori stile. Forse un po' noioso nella parte finale. Ma del resto è più la cronistoria di un anno che un vero e proprio reportage