Avevo letto un libro che diceva che un libro è tanto più bello quanto più riesce a dialogare col lettore stimolando pensieri o ricordi determinanti della tua esistenza. Demian si può considerare in questo un vero campione anche perché essendo un diario ti fa rivivere tutta la tua vita già dall'inizio lentamente analizzando con acutezza varie situazioni che ti capitano e quanto importanti nello sviluppo del tuo carattere. Puoi condividere o meno il peso che abbiano avuto nel tuo sviluppo e nella formazione del carattere ma ancor più ti danno degli indirizzi da seguire per il tuo accrescimento.Ho trovato molto interessante questa affermazione:"quanto uno ha assolutamente bisogno di una cosa e la trova, non è stato il caso a dargliela ma egli stesso e il suo stesso desiderio ve lo hanno condotto" Una bellissima affermazione che dà tutto un altro modo di vedere le cose che ti capitano.
...ContinuaVita e riflessioni di un ragazzo un po' fuori dagli schemi, più introspettivo che giocoso e quasi privo di amicizie. Lettura impegnata ad impegnativa, con spunti di tematiche da approfondimenti. Ottimo
È una lettura di grandissimo fascino e di intrigante complessità. La consiglio a tutti. Lo sviluppo della narrazione non si articola mediante una vera e propria trama di eventi e situazioni. Piuttosto, si tratta del resoconto di un percorso di formazione di un giovane, che ha caratteri storicamente molto significativi (la crisi della coscienza europea di inizio Novecento, subito dopo la Grande Guerra), ma anche una forte connotazione a-storica. La formazione del protagonista passa attraverso diverse fasi, in cui egli progressivamente prende coscienza di sé - del sé profondo - e del suo essere al mondo. Un percorso quasi iniziatico, in cui momenti di erranza e di smarrimento si alternano a nuove ed entusiasmanti acquisizioni, punteggiato da incontri con personaggi-chiave, che ne scandiscono le tappe di avvicinamento a un livello di consapevolezza più elevato. Un percorso fortemente connotato di spiritualismo e di una decisa spinta verso il rifiuto della massificazione e l'elevazione dell'individuo dotato di una sensibilità particolare, a costo di una condanna irrevocabile alla solitudine, appena temperata dal senso di vicinanza con i pochi individui a lui affini. Entro questo quadro si inserisce anche una vicenda amorosa particolarissima, forse uno degli amori più originali e innovativi del primo Novecento letterario.
Pur essendo catturato dalle interessanti e complesse riflessioni dell'autore, che risentono fortemente del pensiero dei grandi autori della cosiddetta 'filosofia della crisi' (Nietzsche sopra tutti), non ho condiviso appieno alcuni elementi portanti della sua elaborazione. Si pensi alle intriganti, ma nel complesso ambigue riflessioni sul 'marchio di Caino', o a passaggi, potenti ma in parte discutibili, come questi:
"ognuno ha un compito, ma nessuno quello che egli stesso ha potuto scegliere, circoscrivere e amministrare a volontà. È errato aspirare a nuovi dei, assolutamente errato voler dare qualche cosa al mondo. Per gli uomini illuminati non esiste nessunissimo dovere, tranne uno: di cercare se stessi, di consolidarsi in sé, di procedere a tentoni per la propria via dovunque essa conduca [...]. La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso. Finisca poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Affar suo è trovare il proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto e senza fratture dentro di sé. Tutto il resto significa soffermarsi a metà, è un tentativo di fuga, è il ritorno all'ideale della massa, è adattamento e paura del proprio cuore"
Il che, storicamente, trova un'esemplificazione in affermazioni come queste:
"Non dipende da noi la scelta dell'onda che ci porta, del polo che ci governa. Se Bismarck avesse capito i socialisti e li avesse assecondati, sarebbe stato un uomo saggio, ma non un uomo del destino. Così si dica di Napoleone, di Cesare, di Lojola e di tutti. [...]
Chi vuole soltanto il destino non ha più modelli né ideali, non ha affetti né conforto. Per questa via si dovrebbe procedere. [...]. E non si deve essere rivoluzionari né esempi né martiri. Non si riesce a seguire tutto ciò col pensiero..."
E di fronte a frasi come queste, che pure aprono prospettive interessanti, mi sono domandato: che cosa sarebbe l'umanità oggi se uomini e donne dalla mente eccelsa, che pure si distinguevano dalla massa, non fossero stati rivoluzionari, esempi, finanche martiri? Quali progressi avrebbero fatto le civiltà umane se anche gli individui più illuminati avessero accettato l'idea di volere soltanto il proprio destino, tralasciando modelli e ideali, che pur nei loro limiti, hanno ispirato grandi acquisizioni personali e collettive? Che fine fanno le istanze di trasformazione dell'esistente, se l'intellettuale, l'uomo che si distingue dalla massa, si attesta esclusivamente sull'asse di un proprio presunto destino, senza porsi il problema di dare un contributo trasformativo al mondo circostante, cercando costantemente di costruire reti di relazioni generative nella società, nella politica, nell'economia, nella scienza? Sensibilità e temi che sembrano ricorrere anche nella crisi odierna, un motivo in più per rileggere questo classico anche con un'attenzione particolare agli umori che serpeggiano tra numerosi strati dei ceti più riflessivi, disorientati e isolati nella crisi materiale e spirituale del tempo in cui viviamo.
...Continua….la lotta indivuale per arrivare a se stessi …..un viaggio attraverso il divino e il profano ...la coscienza .....che per essere individuo e non massa …..passa attraverso sofferenza e solitudine ….anche qui la figura di Caino ---personaggio che io adoro alla pari di Giuda ….merce di scambio per la sovranità del bene e onnipotente ….pensieri vita che cercano di andare oltre …….nell'imminenza di una guerra che lacererà ancora di più ideali e traiettorie …..LA CRITICA DEL NOSTRO TEMPO E DELL'EUROPA ODIERNA…...AVEVA CONQUISTATO IL MONDO , MA RIMETTENDOCI L'ANIMA. Comunque ancora oggi ,in ogni tempo che scorre e corre .ci sono uomini e UOMINI ….quelli che si lasciano vivere e quelli che vivono...i fatali e gli artefici del proprio destino…...C'E' UNA BELLA DIFFERENZA TRA L'AVERE IL MONDO DENTRO DI SE ' ED ESSERNE ANCHE CONSAPEVOLI. UN PAZZO PUO' PRODURRE PENSIERI CHE RICORDINO PLATONE E LO SCOLARETTO DEVOTO PUO' CONCEPIRE NESSI MITOLOGICI CHE TROVIAMO NEI GNOSTICI O ZOROASTRO. MA NON NE SA NIENTE E FINCHE' NON LO SAPRA' , SARA' UN ALBERO , UN SASSO .MA QUANDO BALENERA' LA SCINTILLA DELLA CONOSCENZA ,DIVENTERA' UOMO .NON VORRA' CONSIDERARE UOMINI TUTTI I BIPEDI CHE CAMMINANO ERETTI ? LEI CAPISCE CHE MOLTI DI LORO SONO PECORE , SANGUISUGHE ,VERMI .CERTO , IN OGNUNO DI LORO CI SONO LE POSSIBILITA' DI DIVENTAR UOMO , MA AVVERRA' SOLO , QUANDO LO INTUIRANNO E SI RENDERANNO CONTO, CHE QUESTE POSSIBILITA' APPARTENGONO ANCHE A LORO …….a tutti ...sin dall'inizio è stato concesso il dono del sapere e di essere individuo nella sua molteplicità …...ma è comodo per molti creare alibi senza tempo nel tempo
...ContinuaUna rilettura fatta a distanza di oltre trent'anni; evento rarissimo per me, non rileggo perché penso che ci sia tanto da scoprire, per cui non vale la pena tornare sui propri passi e che sia invece meglio andare avanti, esplorare nuovi territori.
Ma per una lettura in comune, si può anche tornare sui propri passi ( e prendere le distanze, sia pure momentaneamente, dalle proprie abitudini, modi di pensare). D'altra parte avevo pure la curiosità di vedere "l'effetto che fa" (tributo a Jannacci).
Avevo il ricordo di un'opera che mi era piaciuta, il ricordo è stato confermato all'inizio della rilettura: una scrittura che ancora mi avvinceva, tematiche nelle quali potevo riconoscere le oscillazioni tipiche dell'adolescenza, i turbamenti, la ricerca di sé attraverso dei modelli, il fascino del male e l'ammirazione sconfinata verso chi sembra già così definito e sicuro di sé.
Ma poi la discesa nell'io e il percorso della sua formazione hanno preso la forma di deliri in cui la logicità, sia pure spinta all'eccesso, dei ragionamenti, si univa all'irrazionalità di coincidenze magiche, di trasmissioni del pensiero, di simboli troppo al di là della razionalità.
E si è così originato, in me, un senso di estraneità, di distacco.
Quella volontà di essere se stessi, costantemente perseguita dall'eroe Demian e così energicamente insegnata all'allievo Sinclair, la morte di Dio e il trionfo del sé, la proclamazione del superuomo, in sintesi la lezione di Nietzsche a cui tanto deve, in questo libro, Hesse, a mio avviso si sono smagliati nella rete della trama.
Il finale, l'avvento della guerra, mi son poi sembrati la logica conclusione/fallimento,di un individualismo così esasperato.
Pienamente condivisibile e attualissima, però, l'analisi delle mode e del modo in cui gli uomini aderiscono a un ideale comune, avendo paura di far emergere se stessi, non volendo affrontare il rischio di sentirsi o rimanere soli.