«Qualcuno vota a favore?» Samad tentò di tirare su la mano di Alsana. Lei gli sferrò un calcio alla caviglia. Lui le piantò la scarpa su un piede. Lei gli pizzicò il fianco. Lui le piegò all’indietro il mignolo e lei alzò di malavoglia la mano destra, ma nel farlo gli sferrò un’abile gomitata all’inguine con il braccio sinistro.
...ContinuaUn romanzo sconclusionato, divertente, realistico ed utopico sulla post integrazione britannica. Per superare le barriere razziali basta conoscersi. Anche su un carro armato in missione salvifica alla fine di una guerra già conclusa all'insaputa dei soldati. I problemi nascono dopo, con la pace, l'amicizia, l'amore, la voglia di provare a cambiare ancora il mondo, riuscendo finalmente a parlarsi.
...ContinuaBello, denso, forse anche troppo.
Belle e varie le figure femminili. Ma non si può dire che ci sia un/una protaganista? C'è una folla di personaggi tutti sullo stesso piano.
E le donne ci fanno complessivamente più bella figura.
C'è Clara, e le donne delle sua famiglia, legate alla Giamaica e ai Testimoni di Geova, agli inglesi coloniali e alla reverenza che hanno nei loro confronti. Clara che assume un deciso distacco dalla famiglia tramite una educazione che la emancipa dalla religione e nella vita, ma per finire sposa al primo che capita (Archie Jones) che non è nemmeno male, se non fosse per la sua inerzia.
Poi c'è sui figlia Irie per rimanere nella famiglia Jones, innamorata di uno dei gemelli Iqbal, condizione condizionante la sua travagliata emancipazione.
Poi c'è la famiglia Iqbal, la cui madre Alsana, bengalese mussulmana è venuta via dal Pakistan Orientale sperando, giovanissima, in una emancipazione in Inghilterra tramite il matrimonio combinato. Io oserei dire che in parte la trova, perché nonostante sia vincolata al marito, ne determina anche le scelte, vincendolo anche sul piano fisico ;-), ha dei pensieri forti e autonomi, nonostante siano sempre condizionati dalla sua cultura. Quello che davvero la trasforma è la voglia e la necessità di far crescere diversamente i suoi figli, di non doversi più trovare in territori sconvolti dalle catastrofi naturali.
Infine, c'è Joyse, inglesissima moglie dello scienziato ebreo, emancipata, felice, realizzata ma con una maniacale bisogno di prendersi cura dei problemi degli altri.
Un'umanità affollata e disastrata in dense e felici pagine che parlano di uomini e donne "con il nome di battesimo e il patronimico in rotta di collisione"
...ContinuaUna cosa assolutamente certa è che leggere Zadie Smith dovrebbe essere obbligatorio.
Regina incontrastata dello scrivere. Dea della parola. Faro illuminante della bellezza. Sicuramente una delle più grandi scrittrici contemporanee.
E allora mi direte, come mai hai letto solo ora il suo primo romanzo, a detta di molti il suo capolavoro?
Non ho una risposta precisa, ma potete offendermi, perché me lo merito.
Ma ho riparato, anche se con colpevole ritardo, e so solo che a conclusione della lettura posso dire che per leggere questo libro servono tempo e concentrazione, diciamo più del normale, tale è la densità, la corposità e la ricchezza di questo suo romanzo d'esordio , ricordiamolo, scritto a soli venticinque anni.
La scrittrice inglese in "Denti Bianchi" mostra un talento fuori dal comune, una scrittura così piacevole da far passare in secondo piano una certa abbondanza nei contenuti.
Per qualcuno potrà sembrare una bestemmia, ma effettivamente in alcuni momenti alleggerire l'impianto narrativo sarebbe stato meglio, a mio gusto. E questo è davvero l'unico motivo per cui non darò una piena promozione, un cinque pieno.
Archie e Samad si sono conosciuti alla fine della seconda guerra mondiale, diretti a Istanbul e ignari che la guerra fosse già finita, e si ritrovano, trent'anni dopo, a Londra.
Si narrano quindi le vicende di queste due famiglie, gli inglesi Jones e i bengalesi Iqbal, uniti da una grande amicizia, che negli anni ci mostreranno i conflitti culturali, generazionali e razziali di una Londra alle prese con la difficile integrazione di tante nazionalità.
La bravura indiscutibile di questa giovane scrittrice sta nella cura del dettaglio con cui racconta la profondità e la complessità dei suoi personaggi e nell’ utilizzo dell’ironia (con una capacità non comune, considerando anche l’età) con cui si esprime nel raccontare l’eterno scontro culturale e generazionale. Magnifica la multiculturalità che si respira, in una Londra che diventa anch’ essa importante tassello della storia, come una madre che accoglie e cerca di integrare i suoi variegati figliocci: bengalesi, inglesi, giamaicani, irlandesi, ebrei… e poi, ancora: fondamentalisti islamici, testimoni di Geova, atei, cattolici…! Un Melting pot di culture diverse, esperienze diverse…che non possono che essere una vera ricchezza.
Ed è proprio questo che ti lascia una lettura del genere, una grande ricchezza.
Di parole, di concetti, di emozioni e un enorme quantitativo di spunti di riflessione.
Non ultimo il fatto che pur essendo un libro editato nel 2000, affronti temi ancora tremendamente attuali.
Se non lo avete ancora fatto, leggetelo!
Prendetevi del tempo, una matita per gli appunti e partite per un meraviglioso viaggio.
"Figli. Samad aveva accolto i figli come una malattia. Sì, ne aveva procreati volentieri due - volentieri quanto è possibile - ma non aveva fatto i conti con l'altra cosa. La cosa di cui nessuno ti parla. Questa cosa del "conoscere" i figli."
4,5/5
https://www.thebloodyisland.it/post/non-si-giudica-un-libro-dalla-copertina-9
Libro d’esordio della scrittrice di origine anglo-giamaicana, scritto a 25 anni e pubblicato nel 2000. E’ ambientato in un quartiere multietnico di Londra, negli anni compresi tra il 1975 e il 1992, ma non mancano numerosi flashback che esplorano il passato dei personaggi più anziani, risalendo fino ai primi del ‘900.
La trama non è molto lineare, ma principalmente racconta le vicende di due famiglie, una di origini bengalesi, e l’altra (probabilmente in parte ispirata ai trascorsi dell’autrice stessa) formata da un inglese e una giamaicana. I figli di entrambe le famiglie nascono e crescono a Londra.
Attraverso le vicende dei vari personaggi emergono molte tematiche, tra le quali la principale è senza dubbio quella dell’integrazione, con la problematica convivenza tra culture e mentalità diverse, ma soprattutto tra generazioni diverse. E’ un tema ovviamente attualissimo e, benché il contesto sia del tutto diverso dal nostro “oggi-Italia”, le dinamiche umane sono abbastanza comuni. Io ho trovato particolarmente interessanti quelle riguardanti la “seconda generazione”, che nel libro ha un grande rilievo (penso anzi che il personaggio della giovanissima Irie rispecchi proprio l’autrice).
E’ un libro brillante ma faticoso da leggere, per vari motivi: anzitutto la trama non procede in modo uniforme o convenzionale. Da un lato procede per successive “immersioni”, ora nel presente, ora nel passato (questo ha un senso, perché è importante ai fini della storia conoscere le origini dei personaggi e la mentalità che si portano dietro), il che a volte risulta irritante, specie quando si viene distolti da vicende più appassionanti; dall’altro va soggetta a forzature o svolte improvvise, secondo me per poter meglio illustrare determinate situazioni o problematiche che stanno a cuore all’autrice (anche se in alcuni casi non le ho capite, le svolte). Il finale è movimentato, collettivo, molto cinematografico. Tuttavia, come succede in questi casi, mette un punto all’improvviso a un tipo di storia che per la sua complessità è molto difficile da chiudere con grazia.
Uno dei punti forti del libro è lo stile: un po’ schizzato, a volte maniacalmente fastidioso, ma allo stesso tempo profondamente realista, soprattutto nella descrizione dei personaggi e dell’ambiente in cui vivono.
Ma soprattutto è un libro divertentissimo, pervaso di un umorismo scatenato e dissacrante: “You go back and back and back and it’s still easier to find the correct Hoover bag than to find one pure person, one pure faith, on the globe. Do you think anybody is English? Really English? It’s a fairy tale!”
...Continua