Abuelo avrebbe dovuto badare a noi mentre Mami era al lavoro ma di solito andava a trovare gli amici o usciva con la sua trappola. Qualche anno prima, quando il problema dei ratti nel barrio era sfuggito di mano (quei malditos si prendevano i bambini, mi raccontava Abuelo), si era costruito una trappola. Un arnese distruttivo. La faceva usare a tutti senza voler soldi, invece Mami ne avrebbe chiesti; l’unica cosa che pretendeva era che fosse lui l’unico ad armare la barra di acciaio. Ho visto questa cosa amputare dita a persone, spiegava a coloro che la prendevano in prestito, ma in verità gli piaceva avere qualcosa da fare, avere un lavoretto di qualsiasi genere. Solo in casa nostra Abuelo aveva ucciso una decina di ratti e, in una casa a Tunti, quaranta di questi bastardi erano stati massacrati durante due notti. Lui aveva trascorso tutt’e due le notti con la gente di Tunti, ricaricando la trappola e bruciando il sangue, e quando tornò era stanco ma tutto sorridente, con i capelli bianchi arruffati, e mia madre gli aveva detto: Sembra che sei stato a donne.
...ContinuaDieci racconti che spaziano dai barrios dominicani alle comunità urbane del New Jersey. Storie dure che parlano di padri che se vanno e di madri piene di grinta disposte a lottare fino all'ultimo per i propri figli, di generazione condannata alla violenza, l'ambiguità, alla povertà e all'incertezza. Ma anche racconti pieni di umorismo in cui batte un ritmo oscillante tra rabbia e perdono, dolore e gioia.
Niente a che vedere con Oscar Wao, ma già qui Diaz si distingue per la peculiare prosa e lo stile narrativo.
Come al solito ho scoperto solo leggendolo che è un libro di racconti. Non mi piace leggere la quarta di copertina per non scoprire troppo della trama e così a volte mi capita di trovare di queste brutte sorprese. E dico brutte perché a me i racconti non piacciono (diciamo quasi mai). Perciò questo libro di Diaz, specialmente se paragonato al suo bellissimo "La breve favolosa vita di Oscar Wao" non mi è piaciuto molto. Che poi i racconti sono quasi tutti con gli stessi personaggi, quasi fossero i capitoli di un romanzo, ma messi alla rinfusa. Secondo me poteva sviluppare un po' di più la storia, dare ai racconti un ordine cronologico e farne un romanzo unico, avrebbe avuto più senso.
Ho trovato poi fastidioso l'uso esagerato di termini in spagnolo (anche perché non avevo visto che c'era la legenda in fondo al libro, vabbè, sono scema io) che pur dando un senso di appartenenza alla storia, secondo me la appesantiscono un po'. Mia opinione ovviamente.
Purtroppo i racconti mi deludono sempre. Se ne salva qualcuno, ma in generale non mi convincono mai.
Alcune storie sono interessanti altre meno. La povertà e il disagio sociale di chi si allontana dalle proprie radici sono ben descritti con un linguaggio immediato da Diaz. Il problema però è che c'è troppa differenza tra i racconti più riusciti e quelli meno riusciti tanto che questi ultimi risultano un pò noiosi (anche perchè i temi trattati sono quasi sempre gli stessi) 5 stelle se l'autore non avesse avuto la "sfortuna" di scrivere "Oscar Wao" dopo ^__^
...Continua