Un dialogo tra Mosè e le montagne, tra la Parola fondante tutta la tradizione ebraico-cristiana e il silenzio dell'Uomo che sale e sfida la roccia e l'intemperia. L'esperienza spirituale e l'esperienza naturale che cambiano in modo definitivo l'Uomo. Un sempre grande Erri De Luca
...ContinuaIdea coraggiosa, svolgimento fiacco.
89 pagine di estrema verbosità. Peccato, perché le potenzialità c'erano tutte, sia a livello tematico che di capacità stilistiche... invece il risultato è una sorta di "temino" sulla lingua ebraica.
[...] anche in questo libro, possiamo denotare quella sorta di amalgama tra passato e presente, a cui però si aggiunge, anche se solo in minima parte, il futuro delle generazioni a venire: infatti, come una luce intermittente nella notte, i personaggi di E disse dimostrano la loro preoccupazione riguardo al modo secondo cui gli eredi della loro popolazione interpreteranno e vivranno gli avvenimenti narrati da De Luca. È mia opinione interpretare questi salti temporali, per la cui celerità sorprendente di presentazione al lettore egli stesso si sente quasi come un pesce fuor d’acqua, sottolineino il legame intrinseco e forte tra i tre tempi, passato presente e futuro, come se questi ultimi fossero legati da un filo invisibile, sottile e quasi fragile da una parte, indissolubile e robusto dall’altra. [...]
Per la recensione completa: http://lanicchialetteraria.altervista.org/?p=952
...ContinuaCi sono libri inutili e libri utili. A volte capita di porsi la domanda dopo aver chiuso un volume. Con i primi la sensazione è quella di aver perso tempo, con i secondi si acquistano elementi di comprensione del mondo, della Storia, di se stessi e degli altri. Succede all’autore, quando è veramente ispirato, di cogliere frammenti, elementi sospesi che sfuggono all’uomo comune, indaffarato e preso dal ritmo frenetico dell’esistere. Così accade al protagonista dell’ultimo romanzo di Erri De Luca, E disse (Feltrinelli), “era di quelli che afferrano una frase dove gli altri intendono solo chiasso”. Lui è Mosè, uno che va per monti e non concede molta soddisfazione a chi gli chiede risposte. Ha dovuto raggiungere la cima del Sinai più volte per raccogliere le Tavole della Legge. Ora è stanco, esausto, stremato eppure dovrà rendere conto a un intero popolo. Riparte dal suo corpo per arrivare alle parole, “sostanza di bellezza”. Un inno al dire ma anche all’ascolto, che è come una cisterna in cui si versa acqua di cielo e non riguarda solo i pochi eletti ma anche e soprattutto tutte le generazioni future e sembra che i tempi siano davvero i nostri. E’ un libro che mantiene sempre il corpo al centro della narrazione sia in senso reale che simbolico. Durante il racconto infatti, i significati della Parola attraversano inevitabilmente la fisicità di chi ne è diventato il custode. Una rivelazione fisica, quasi carnale, volta a sottolineare come il “dire” possegga una forza che va ben al di là dell’umano. Perché le parole lasciano segni nelle viscere e sono fondamentali alla sopravvivenza civile degli uomini. Forse grazie a quelle righe scritte sulla pietra i popoli potranno vivere rispettandosi. In un momento di sproloqui quella di De Luca è una prospettiva profonda e necessaria.
Pubblicato su Cooperazione.ch
De Luca riesce a elaborare un testo particolare, una trasposizione delle Sacre Scritture. Questo aspetto può essere interessante ma ritengo che ci sia da affermare che il testo biblico lascia spazio al romanzato. Pensiamo per esempio ai tanti film e cartoni animati su Mosè ed altri personaggi biblici. Eppure la Bibbia rimane la fonte. Un testo che non vuole romanzare e che del personaggio, o dei personaggi, ci fa sapere solo quello che dobbiamo sapere. La fantasia è un dono di Dio all’uomo e non c’è niente di male a farla lavorare in modo creativo e originale. Ma su Mosè mi basta ciò che dice la Torah e questo racconto, ai miei occhi si riduce al nulla se considero per esempio la grande amicizia tra Dio e l’uomo Mosè, con cui Egli parlava.
http://francescobonomo.blogspot.it/2015/05/alcune-considerazioni-strettamente.html
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