Mentre navigavo sulla mia barchetta di carta e fantasia, sentii alcune voci che tra le onde radio, come il canto di sirene dell’etere, cantare la loro anima. Mi sono dunque tuffato alla scoperta di questi naufraghi alla deriva. Ed ecco che, sospinti dai flutti, ho riconosciuto autori che avevo già avuto modo di apprezzare quando ancora erano imprigionati nella rete o forse da essa sorretti. Ecco Marco Saya, Massimo Bonasoni ed Emiliano Cribari. Ecco Denise Fagiolo e Franco Santamaria ed ecco tante altre anime alla deriva. Con le bracciate più poderose che il mio inesistente allenamento sportivo mi consentiva ho cercato di nuotare verso di loro.
Mentre già stavo affogando tra tanti versi mi sono venute incontro le parole di Diana Letizia (“Grondo pensieri dalla mia fronte/ Bianche gocce di mente/ Che crollano/ Sul pavimento lucido/ Del tuo corpo….”- e ancora – “Perdo foglie/ Dai rami delle mie sensazioni/ Tu le raccogli/ E ne fai segnalibri/ Per le tue storie d’amore”), mi ci sono aggrappato per un po’, cercando di riprendere fiato, poi, rimettendomi a nuotare ho visto, in lontananza, una nuova poesia. Si trattava di “Com’è strano vivere” di Adriano Spaziani, con quel suo insolito guardarsi allo specchio, e mentre anch’io, con lui, m’attardavo a fissare la nostra immagine riflessa, un’onda più forte mi ha trascinato via verso la pagina di Fabio Degan che, quasi fosse una zattera, galleggiava leggera (“Occhio di vetro/ della notte serpente/ fiato freddo sul viso/ freddo scivola/ sulla pelle/ danza del ventre/ spire di fumo/ lento veleno/ anguilledesideri/ agonia a dondolo/ scivolarfuori/ dalla pelle/ anse d’orizzonte/ ansie sinuose/ fulmine fluido/ languidafrusta/ silenzioasonagli”).
Ero ormai prigioniero del gorgo delle sue parole, che mi avvolgevano come le spire d’un serpente marino quando ho udito il canto amaliatore di Alessandro Maturi “Nel paese del fuoco eterno/ dove il petalo della notte/ suscita invidia/ una rosa ammalata/ coprì di insulti la Morte”. Accanto a lui cantavano Ippolito Maccio (“la paura d’essere/ solo sabbia/ che il vento sussurra/ di duna in duna”), Fabrizio Figus (“Ho conosciuto gente che non aveva più saliva/ ma solo lacrime in bocca/ Tremavano d’amore perso”), e Denise Fagiolo (“Mentre intrecci parole/ con rami di pesco/ io appassisco”).
Con un colpo di reni mi sono liberato della loro magia e con tutte le mie energie ho nuotato verso “Il treno” di Emiliano Cribari, che emergeva dall’oceano con i suoi insoliti contrasti, un magico chiaroscuro di gioia e dolore. Poi in “Camelie” di Fabrizio Burlando ho scoperto il segreto dei fiori (“Nei sogni le camelie fioriscono a contatto con il mondo,/ ma qui è diverso, / Bisogna chiudere la finestra.”).
Rimirando lo specchio degli occhi della “Puttana” di Federico Monelli ho sentito un’energia vitale e disperata (“e governo con l’africa dei miei lombi/ quel poco di merce che ancora possiedo”) che ho sperato riuscisse a sostenermi, dato che ormai le mie forze scemavano. In “Blue” di Luca Agnusdei ho trovato invece “pura verginità esposta senza veli” e sono rimasto incantato, mentre le onde mi colpivano senza rispetto.
Alla fine sono riuscito a guadagnare la riva e, ancora grondante ho rimirato nell’acqua quei “giovani poeti travestiti da assassini/ ghignar lunghi e sottili/ di malinconia/ tra mucchi di carte/ e sparare gocce d’inchiostro/ contro le pareti del mondo…” (chi era a cantar così? La sua voce non m’era nuova, il suo volto mi era specchio…), li ho visti naufragare, dolcemente, lentissimamente, tra le onde radio, prigionieri di un’immensa rete, prigionieri di un foglio elettronico…Avrei voluto salvarli ma mi era chiaro che quel naufragio non destava in loro disagio alcuno e che anzi avrebbero continuato a lasciarsi portare così, dalle onde, in eterno. Il loro naufragare non poteva aver fine. Mi voltai allora verso la terraferma e feci per salire verso la collina. Il mio passo però non era più saldo. Mi rigirai allora verso i miei fugaci compagni d’avventura e, improvvisamente, m’avvidi della verità: non naufragavano affatto, non sarebbero affogati mai… a naufragare era il resto del mondo, lentamente ma non troppo.
PS. L’Editore Aletti ha da poco pubblicato un’interessante raccolta di versi scelti tra quelli letti ai microfoni di Nuova Spazio Radio. Nell’antologia, intitolata “E il naufragar m’è dolce in questa radio” e curata da Giulio Perrone, sono presenti autori affermati come Alda Merini, Silvio Ramat, Vito Rivello, altri in “emersione” (la Collana in cui compare il libro è chiamata “Gli Emersi”) ed altri ancora.
“E il naufragar m’è dolce in questa radio” può essere acquistato presso le Librerie Feltrinelli o ordinato ad Aletti Editore.
Firenze, 12 gennaio 2002
PPS La raccolta comprende anche la poesia "Poeta pallido sulle scale" di Carlo Menzinger
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