Ogni tanto incoccio.
Parto baldanzosa e fiera e poi eccolo lì, il muro della Poesia, e sbatto: testa, ali, pensieri, languori. Il cuore no, già fatto, ed è con uno dei suoi mille pezzetti che continuo a leggere cose diverse, nel tempo uguale.
Dopo resto ferma, respiro più piano e, scopro, più profondamente e so che nella mia testona bacata si è aperta una stanza, un'altra, dove la signorina Joyce mi attende sorniona, forse su una poltrona sigaro in bocca. I grandi occhi di Joyce, lei e le sue strane e surrealiste poesie ('surrealismo', prendo nota tra me, parente del 'su, realismo!'? cercare...)., ma Joyce aspetta, così sensuale e per questo così pericolosamente vicina alla vita e alla morte, così persa nel tempo, così vera e così sfuggente, così donna. Sa che tornerò nella sua stanza e già gode.
"Mai raccontare il proprio sogno
A colui che non vi ama
L'orecchio ostile è arido
La bocca amara calunnia
L'odio vomita la sabbia della clessidra
Più veloce sempre più veloce
La notte tradita abortisce
Nel presente una passione già sfiorita
E la paura non fa che aumentare
La rabbia del caimano
L'estensione del cancro
Nascondete i vostri sogni nelle borse sotto gli occhi
Saranno al riparo dall'invidia
al riparo dall'adagio
Che vuole che l'africano parli troppo
E che tutti i vecchi siano saggi"
"e se la vita non fosse altro che un riflesso nello specchio del bagno?"
La poesia di Joyce Mansour assomiglia ai romanzi piu' viziosi di Bukowski. Irriverente, oscena, a tratti ripugnante per noi piccoli mortali. Joyce Mansour o la si ama o non la si legge. Io impudicamente la amo.
Purtroppo e' poco tradotta. Colgo per cui l'occasione di ringraziare la rivista "poesia" che una decina di anni fa mi diede l'opportunita' di conoscere e amare questa insuperabile creatura.