"Then tell them to look closely at men's faces. Tell them to stand perfectly still, for time,and to look into the face of a man. A man's face has nothing on it. Look closely. Tell them to look. And not at what the faces do–men's faces never stop moving–they're like antennae. But all the faces do is move through different configurations of blankness."
Faye looks for Julie's eyes in the mirror.
Julie says, "Tell them there are no holes for your fingers in the masks of men. Tell them how could you ever even hope to love what you can't grab onto."
Julie turns her makeup chair and looks up at Faye.
"That's when I love you, if I love you," she whispers, running a finger down her white powdered cheek, reaching to trace an angled line of white onto Faye's own face. "Is when your face moves into expression. Try to look out from yourself, different, all the time. Tell people that you know your face is least pretty at rest."
Valutazione difficile, ma si può tener conto che qui si tratta di racconti, e che forse le quattro stelle per un romanzo valgono di più. Ad ogni modo, nei tre quarti dei racconti si legge il Wallace che se ti piace non puoi non desiderare di leggere ancora: la sapienza architettonica nella costruzione della lettera ed in più quella strisciante capacità di insinuare colpi proibiti in uno stomaco allenato, veloci e puntuali. Io segnalerei su tutti: "Piccoli animali senza espressione"; "Da una parte e dall'altra" e "Dire mai".
...ContinuaUna buona occasione per perdere tempo. Una lettura inutile che da lettore etico ho retto fino all'ultima pagina. Una serie di racconti che svanisce come neve al sole senza lasciare traccia.
Ho commesso un errore grave durante la lettura: mi sono concesso una pausa sulle pagine di Baudelaire su Thomas de Quincey. Il primo non l'ho frequentavo dalle superiori - e ora ho quasi 36 anni, il secondo l'ho letto in lungo e in largo qualche anno fa. Bene: bastano due pagine di Baudelaire per far risaltare tutta l'inutilità e la debolezza dei presunti epigoni della letteratura contemporanea. Che altro sentirmi se non commosso dalla descrizione del giovanissimo De Quincey sporco e squattrinato in giro per i sobborghi di Londra roso dalla fame e dagli stenti? Questi quadri sono viventi e pure sono nato e vissuto quasi duecento anni dopo, ma la forza della sua penna è ancora attuale. E l'americano? Boh, non so dove voglia andare a parare o forse io non sono fatto per lui. Gli concedo un'ultima lunghissima possibilità, e giuro che ci spero tanto, nella rivincita: The Infinite Jest.
A presto