Quando penso a questo sensuale, enigmatico, allucinato racconto, mi vengono in mente associazioni musicali.
Ne "Gli elisir del diavolo" non esiste un tempo cronologico ma esiste il tempo psicologico, costituito da piani indecifrabili, che rimandano l’uno all’altro in una atmosfera onirica e in una dimensione allucinata, per questo prenderei la musica di Shoenberg, perché destruttura tutto il sistema tonale, così come il tempo nel romanzo viene destrutturato e scomposto in dissonanze sonore e tempi indefiniti. Un movimento della "Verklarte Nacht", musica pura per un tempo puro, libero dalle sovrastrutture cronologiche, ordinate e inventate. Inserirei Schoenberg quando ci sono i passaggi trasfigurati di Medardus in altre situazioni.
Medardus e la profezia. Il momento in cui un personaggio misterioso preconizza il suo destino, di diventare un frate cappuccino, per togliere i peccati del mondo, suoi e dei suoi antenati, che si sono macchiati di colpe che lui ha ora il compito di espiare, attraverso un cammino di perdizione. "Agnus dei", di Barber.
Nelle numerose metamorfosi dell’Io, ogni volta che ci sono, assocerei il quartetto con le "Metamorfosi notturne", di Ligeti.
Quando Medardus vede per la prima volta Aurore-S. Rosalia, inserirei "La morte e la fanciulla", di Shubert, il movimento che in modo contrappuntistico rimbalza dal violino al violoncello, in un intreccio indefinito, conflittuale, tormentato, un amore che scatena contrapposte reazioni, amore sacro-devozionale vs amore carnale-letale.
Quando incontra il suo doppio nella parte più malvagia, Satana, la "Passione secondo Matteo", di Bach, perché quella di Medardus è una preparazione lenta al martirio della lotta contro il suo altro malvagio, che lo sottopone a dure prove per superare colpe altrui. Così come Cristo, l’uomo, Medardus, ha il compito di salvare non solo se stesso ma anche gli altri.
Quando il suo doppio, nella veste di Satana lo chiama “Fratellino! Fratellino! Vieni da me …”, l’inizio di "Totentanz", di Liszt.
Quando i suoi istinti sono incontenibili nei confronti di Aurore, inserirei "Le Sacre", di Stravinskij, musica primitiva, primordiale, barbarica, pulsionale.
ando viene condannato a morte, la Marcia al supplizio dalla "Simphonie fantastique", di Berlioz.
Concluderei il suo tormentato ma salvo destino con "Agnus dei", di barber, che riprende l’innocenza iniziale del frate-bambino, che toglie i peccati del mondo.
Prolissi all’inverosimile, Gli elisir del Diavolo sono una bevanda in grado di far smarrire la ragione anche a un lettore non meno che solido. Gotico il romanzo non è, semmai è lo stile fantastico di Hoffmann che usa il genere senza credervi troppo. Pruriginoso, certamente sì, puntato a tutto tondo sul tema della “santificazione della patata” attorno al quale si intorcina l'infoiato e predestinato frate Medardus. Ma in fin dei conti è una storia freudiana ante litteram, incentrata sul problema della doppia personalità – anche sessuale: gli atti (tranne il primo, originario di tutta la catena di misfatti) si fermano sempre un attimo prima della copula con una sorta di eiaculazione narrativa praecox che sostituisce il coltello al membro - e della schizofrenia che dilania non solo il frate ma un po’ tutti i personaggi di contorno. Una sorta di uno nessuno e centomila in salsa tedesca con, inoltre, una dose smisurata di fatalismo nel disegnare un destino “a prescindere” dettato rigidamente dal volere divino.
...ContinuaUna sorta di Beautiful ante litteram, con frati, suore, santi, marchesi e conti.
"Oh mio Dio! Ma tu sei mio fratello!", "Oh mio Dio! Ma tu eri morto cadendo da un dirupo! ti ci ho infilato io!", "Oh mio Dio! Il quadro del santo prende vita!", "Oh mio Dio! Non posso resistere a queste tentazioni! anche se...".
Ecco, così per trecento pagine circa. E calcolate che la recensione qua sopra è venti volte più avvincente del romanzo stesso.
Il romanzo di per sè è abbastanza interessante (Medardus sembra una via di mezzo tra Faust e Don Giovanni) tuttavia mi è sembrato che, dopo le vicende alla corte del Barone, la storia sia stata semplicemente tirata avanti, con pochi aspetti nuovi (alcuni non esplorati a sufficienza come la vicenda del sosia/Viktorin) e molte ripetizioni senza sviluppi di altri temi vecchi.
Mi è piaciuto molto il personaggio di Belcampo, il parrucchiere, davvero originale.
Chapeau davanti al visionario più affascinante e geniale del romanticismo tedesco. Personalmente credo che le atmosfere oniriche, dark, visionarie e per certi risvolti horror di Hoffmann non abbiano nulla da invidiare al ben più blasonato Allan Poe. Gli Elisir del Diavolo si fanno ber.. ehm, pardon, leggere tutti d'un fiato!
...Continua