Nello spazio di una giornata in cui accompagna la madre al cimitero, il protagonista riflette su passato e presente mettendo sul piatto della bilancia il rapporto con i genitori, con la moglie, con la figlia. Ne esce un bilancio che per certi versi ricorda la Lettera al padre di Kafka, nella scelta del destinatario che più ha fatto soffrite e complicato il rapporto con i genitori. Kureishi sceglie la madre, donna incapace di trasmettere affetto, che passa le sue giornate in silenzio a fissare la televisione, le recrimina il fatto di aver vissuto altrove, schiava del video e di non essersi curata della famiglia. Dall'altro lato la sua famiglia sta deflagrando, la moglie insofferente, trova soluzioni new age alla crisi di coppia e la figlia si sta allontanando. Questo spazio di riflessione diventa quindi autocritica, nella ricerca degli errori personali, quelli che hanno portato alla paralisi e alla crisi. Il tutto sfocia in uno sfogo nei confronti della madre a cui esterna il suo disagio per gli anni di assenza e in un proposito di ricucire i suoi affetti nella consapevolezza che lo strappo non è ancora definitivo. Ciò che conforta è la costruttività della riflessione, la capacità di fare autocritica e di andare avanti, lo scioglimento della complessità dei rapporti, l'assenza di rabbia e del senso di vendetta che di solito inquina i rapporti famigliari.
...Continuae' carino, scorrevole, picevole.Perchè solo 100 pagine e un finale da film horror con seguito già pronto? Poteva continuare, no?
Un uomo accompagna la madre a visitare la tomba del padre. E' l'occasione per ripensare alla propria vita ed ai rapporti che lo legano alla madre, alla moglie ed ai figli.
Racconto brevissimo, si legge in un lampo, sembra quasi svanirti tra le mani... eppure lascia una traccia, un'eco profonda.
"Camminando davanti a una fila di negozi che ricordava da quarant'anni prima, gli venne in mente un'osservazione di un filosofo che non aveva mai dimenticato. Il succo era: felicità è volere una sola cosa. E la cosa era amore, se questa non era una parola troppo vaga. 'Passione', o 'desiderare qualcuno' forse sarebbe andato meglio. Alla fine, quello che sarebbe rimasto di un anno di vita di una persona, era la qualità dei legami con gli altri; quanto lontano uno era stato capace di andare con loro".