ho scritto una recensione qui http://narrare.altervista.org/blog/?p=1094
Sapete (o anche se non lo sapete, potete ricostruirlo con i miei salti olimpici da lettore onnivoro) che ci sono lunghe liste di letture che mi attendono. Così ecco che solo ora capita tra le mani il terzo degli otto volumi che Repubblica dedicò al calcio per celebrare i mondiali brasiliani del 2014. Non conoscevo l’autore, ed avevo sentito che l’originale era uscito in Italia presso i tipi dell’editore da poco sorto a rilevanza nazionale “66thand2nd” (interessante editore di cui lessi un paio di anni fa un buon libro dal titolo “il cielo color melograno”). Devo dire che, a fine lettura, riconosco all’autore una buona dose di capacità letterarie e di intreccio, anche se, in alcuni punti, il libro si sfilaccia. Anche perché pieno di nomi e di personaggi, che, per il modo molto “trascinato” come si svolge il racconto, a volte ho perso di vista. Riconosco meno, invece, la coerenza della collocazione, che si parla si di pallone, ed il personaggio (o almeno uno dei) cui la vicenda ruota intorno è un trentenne ex promessa del calcio. Certo, ci sono due partite intorno alle quali tutto l’impianto romanzesco ruota: la partita delle eliminatorie del torneo mondiale del 2002, tra Inghilterra e Argentina e la partita del campionato dilettantesco locale tra il Cinderheath Sunday ed il Cinderheath Muslim Community. Come vedete dai nomi e come immaginate dalle collocazioni temporali, la partita tra inglesi ed argentini non poteva che sottolineare la reciproca rivalità dopo la guerra Falkland-Malvinas. E la contemporaneità con la seconda, collocata quindi nel giugno del 2002, non può che sottolineare uno scontro con l’islam a pochi mesi dall’11 settembre. Ma se le due partite sono importanti, dando il ritmo alla narrazione, quello che interessa l’autore, e che ci vuole presentare, è uno spaccato dell’Inghilterra nei primi anni di questo secolo. Una nazione già multi-raziale, e già venata di problematiche legate al razzismo ma anche alla povertà. Si dipana così la descrizione della vita locale, con i vari personaggi. Rob, il promettente calciatore che lascia la scuola per le selezione giovanili di squadre di primo livello (va anche in panchina all’Aston Villa), ma che non sfonda mai, e si ritrova a trent’anni a fare l’insegnante di supporto alla scuola locale, cercando di tirar fuori dalla melma i ragazzi problematici, e con l’ovvia delega all’educazione fisica, dato il suo passato. I suoi rapporti con la comunità islamica, incarnata nei fratelli Zubair e Adnan. Il primo che si integra nel mondo locale, diventando avvocato. Il secondo che si isola, e che ad un certo punto, a metà dei ’90, sparisce. L’altra comunità è poi quella pakistana, che si istanzia con la meticcia Jasmine Qureishi, compagna di Rob e Adnan alle elementari, poi insegnante in Londra con una lunga storia con l’anziano Matt. Che lascia avendo ritrovato casualmente Adnan nell’estate del 2001. Con il quale ha una breve ed intensa storia d’amore, troncata da quest’ultimo che non riesce a tornare nel mondo normale, e che sparisce nuovamente. Lo ritroveremo, mentre tutti pensano sia morto nelle Torri Gemelle, millantando alcuni che sia addirittura passato ad Al-Qaeda, allo stadio di Seul, a vedere la partita che Rob e compagni seguono al pub. Partita legata anche al duello tra due portabandiera delle due nazionali: Batistuta da un lato e David Beckham dall’altra. Nonché all’arbitro, che fu il grande italiano Collina. Ma se volete seguire la partita, potete leggerne altrove. Più avvincente la partita tra le due anime di Cinderheath, dove un contro l’altro giocano Rob e Zubair. Partita che finisce con un sofferto pareggio, che tuttavia non serve a nessuna delle due per vincere il campionato. Poi c’è Jim, lo zio di Rob, nonché assessore locale del parlamentino cittadino, che nello stesso periodo fa campagna elettorale nelle elezioni suppletive, scontrandosi, lui laburista, con l’agguerrito avanzare del BNP, il partito d’estrema destra inglese che in quegli anni mieteva successi. Ecco quindi che si legano tutte le tematiche, i razzismi incrociati, il degrado inglese post-Thatcher senza che le immagini dorate di Blair portino a nuovo splendore, la lotta tra bande giovanili, l’analfabetismo, l’alcolismo, la voglia di rapporti con l’altro sesso (che Rob non riesce a far maturare né con Jasmine né con Stacey), le ragazze-madri, i giovani sbandati, lo sport come mito e riscatto, la parabola discendente del padre di Rob, anche lui promettente calciatore stroncato da un’incidente di gioco. Insomma tante piccole e grandi storie di miseria. Con l’illusione che il rigore di Beckham possa riscattare tutto. Ma noi ben si sa che il calcio serve solo ad ottundere maggiormente la coscienza dei popoli (vedi i nostri ultimi venti anni). Alla fine una narrazione con tanti spunti, tanti elementi, e tanti momenti che non riescono a concretizzarsi in qualcosa di veramente avvincente. Qualcosa di buono, ma sotto, anche se di poco, alla mia personale sufficienza.
“Con figli e marito una pensa di cavarsela meglio invecchiando, ma mica è detto.” (156)
no, non è un giallo: è un libro sull'Inghilterra di oggi, sul calcio, sull'amicizia, sulle etnie, sui giovani, sui laburisti, sul British National Party, sull'amore, su molte cose e tutte interessanti. le vicende si dipanano come in una lunga partita di calcio, alternate: la partita Inghilterra-Argentina, dei mondiali del 2002, una partita interraziale fra bianchi (sostenuti dal BNP e musulmani), e la vita di Rob, i suoi trascorsi calcistici,le sue delusioni amorose, e sulla perdita di un caro amico, Adnan, che non si sa se sia andato tra gli integralisti o se sia uno dei dirottatori degli aerei sulle torri gemelle del WTC.
il tutto innaffiato con traboccanti dosi di birra.
Romanzo molto intimo dove calcio, politica e vita privata si intrecciano in maniera elegante e piacevole. Una bella lettura che consiglio assolutamente agli appassionati di Football e Inghilterra.
Alla fine, tutto torna.
E non è poco, visto che la frammentarietà delle informazioni e l'intrecciarsi continuo dei piani narrativi all'inizio disorienta un po'.
Mi verrebbe voglia di rileggerlo, ora, andando spedita, per vedere l'effetto che fa.
Io, comunque, tenevo per l'Argentina.
Se non altro, per Batistuta e Walter Samuel.