I vampiri sono stati cucinati in letteratura in tutti i modi possibili ed immaginabili, modi anche davvero indegni, tali da snaturarli oltre ogni limite con buona pace di Bram Stoker.
Ma dimentichiamoci di certi autori improvvisati e concentriamoci sul fatto che in questo caso l’autore si chiama George Martin e la faccenda cambia radicalmente.
Questo per dire che ‘Il battello del delirio’, pur non essendo un romanzo con chissà quali velleità, è un’ottima storia scritta con i fiocchi perché Martin è un grande narratore di storie.
Lo fa con quel suo stile semplice ed essenziale che solo i grandi possono permettersi e che la traduzione del compianto Sergio Altieri ci restituisce nel migliore dei modi.
Abner Marsh è un armatore che nella metà dell’800 trasporta merci e persone sui battelli a vapore che solcano i grandi fiumi americani.
Ma i rigori di un inverno particolarmente rigido lo hanno ridotto quasi sul lastrico.
Il ghiaccio ha stritolato gli scafi dei suoi battelli migliori ed è rimasto con un piccolo naviglio sfruttato oltre i sui limiti, minacciando di cedere di schianto in qualunque momento.
Per questo è quanto mai preziosa, quanto gravida di interrogativi, l’offerta che gli viene proposta da un individuo misterioso che è disposto a diventare socio di Marsh finanziando la costruzione di un enorme battello nuovo di zecca.
La narrazione scorre placida come le acque del Mississipi sino a metà romanzo, quando la situazione subisce un’accelerazione a cui segue il precipitare degli eventi.
Marsh è un combattente che lotta e si rialza ogni volta che finisce al tappeto ed è facile immedesimarsi con il suo spirito conformista e ribelle allo stesso tempo.
Martin delinea alcuni personaggi un po’ grossolanamente, concentrandosi maggiormente sui protagonisti ed anche la società che descrive sullo sfondo appare troppo semplificata, composta esclusivamente dalle figure professionali che vivono a contatto dei grandi fiumi e del commercio che si svolge nella loro navigazione.
Mentre è molto più preciso nel descrivere ambienti e pietanze come alcuni di noi hanno già avuto modo di apprezzare nelle ‘Cronache del Ghiaccio e del Fuoco’.
Il finale è di sicuro impatto con la sua miscela di suspence e di azione, mentre l’epilogo assume un tono nostalgico e struggente.
Discreta lettura senza pretese raccontata in modo accattivante.
Sui vampiri si è ormai scritto in tutte le salse: demoni, portatori di virus, platinati e luminosi...difficile quindi essere originali. E in fondo nemmeno questo libro si può definire originale...eppure non si riesce a smettere di leggerlo. Lo stile è crudo, diretto e a volte spazzante (nulla a che vedere con le infinite digressioni del Trono di Spade). La vicenda è estremamente coinvolgente, si continua a leggere perchè si vuole sapere come andrà a finire questa vicenda.
Ottima anche la descrizione di questa realtà magica del fiume Mississipi e dell'inquietante ma affascinante territorio della Louisiana. E non guastano nemmeno i riferimenti storici.
Consigliatissimo quindi.
Per quanto sui vampiri si sia visto e letto di tutto e di più Martin riesce a scrivere qualcosa di nuovo ed interessante. Secondo me l'intuizione che ha avuto è veramente innovativa, e l'ambientazione aiutaa creare l'atmosfera giusta. Noto con piacere che anche in questo racconto non perde il vizio di descrivere il cibo in maniera minuziosa, tanto da farti prendere un chilo o due tutte le volte che il protagonista si siede per mangiare.
...ContinuaLe parti entusiasmanti sono quelle sul fiume e i battelli, i battellieri e tutto il mondo legato a quella vita in quegli anni, peccato che Mark Twain l'avesse già fatto, e meglio, parecchi decenni prima.
IL resto è per lo più una sequela di spiegoni e poca azione.
Non che non ami le storie sui vampiri, tutt'altro. Il problema fondamentale è che non amo le storie di vampiri dove gli stessi hanno paranoie - lasciamole al mostro di Frankeinstein - sulle loro origini: da dove veniamo, come mai siamo qui, chi ci ha mandati, qual è il nostro scopo.
E io che ne so?
Il libro di per sé ha del positivo. Mi è piaciuta molto l'ambientazione ottocentesca insediata nel contesto sudista degli Stati Uniti ai tempi dell'abolizionismo e il protagonista Abner l'ho trovato ben congeniato, mai artefatto, sempre coerente. Non posso dire lo stesso sulla sua controparte vampira. Joshua non risalta nella lettura, non strega e appiattisce la narrazione. In realtà, tutti i personaggi non umani come Damon, Cynthia e Valerie, non sono stati tratteggiati a dovere. Unito a questa carenza di profondità dei personaggi, le troppe descrizioni tecniche sui battelli e sulla loro struttura, alla lunga stancano.