Come molte opere di Camilleri "non Montalbano", mi ha fatto molto ridere, in alcuni punti mi ha davvero piegato. L'incrocio di dialetti tra l'altro è spettacolare, il milanese che parla al siciliano, e il siciliano al romano (con psicologia e modo di fare annesso, ovviamente) è veramente divertente e bello da leggere.
...ContinuaIl birraio di Preston.
Il nucleo centrale di questo ingegnoso romanzo è l'incendio del teatro di Vigata, nel giorno della sua inaugurazione avvenuta il 10 dicembre del 1874 con la contestatissima rappresentazione dell'oscura e mediocre opera "Il birraio di Preston" fortissimamente voluta dal prefetto di Montelusa, il pratese Bortuzzi. Tutt'intorno a questa vicenda si snoda una trama circolare in cui i capitoli, disposti come i petali di una margherita, ci presentano personaggi ed episodi coinvolti a vario titolo nella vicenda e disposti temporalmente immediatamente prima, durante, e dopo l'avvenimento principe.
La struttura della trama ricorda quindi quella di "Cronaca di una morte annunciata" di Marquez- che viene oltretutto omaggiato con il titolo di un capitolo che ce lo richiama -ma è molto più elaborata cervellotica e affollata di gente.
L'artificiosità della costruzione è compensata dalla grande perizia dello scrittore.
L'iter del lettore è reso oltremodo faticoso dalla parata di dialetti italiani di cui lo scrittore usa e abusa a seconda della provenienza geografica dei personaggi, accanto al pervasivo dialetto "vigatese" che i cultori di Camilleri conoscono a menadito.
Questa multiforme collazione di vernacoli, ha come unico territorio franco la corrispondenza ufficiale delle varie autorità e il primo capitolo...che in realtà è l'ultimo e fornisce una versione ufficiale- improntata come è ad una verità purgata, parto del solito connubio fra stato e mafia - dei fatti in esame.
Il festival dei dialetti è forse giustificato da un messaggio che lo scrittore vuole trasmetterci di sostanziale alterità e divisione all'interno di uno stato che da soli 15 anni legittimamente si definiva italiano.
Fra i dialetti " altri" spicca il toscano del prefetto Bortuzzi, e una toscopolita come me non può non stupirsi delle topiche fonetiche in cui incorrono immancabilmente tutti coloro che intendono imitare il toscano e pensano che basti aspirare o eliminare indiscriminatamente tutte le "c" per farlo.
Per carità...i fiorentini riescono ad eliminare anche altre honsonanti..." io so di Prao e voglio esse rispettao" recita un vecchio detto locale, ma di seguito a certe preposizioni le nostre "c" possono essere ben più dure della comune dizione italiana e addirittura raddoppiare!!
Dialetti a parte, siamo di fronte ad un romanzo corale in cui nessun personaggio giganteggia, ma in cui ognuno di essi è ben caratterizzato: zi Memé, leccapiedi mafioso del prefetto, il mazziniano Trequandi, bullo violento e ben poco idealista, il sagace addetto della polizia Puglisi, un precursore di Montalbano un tanticchia imprudente, il questore milanese cornuto e ondivago, tanto per citarne qualcuno.
Tutto il romanzo è sorretto da una piacevole vena comica che contrasta vivamente con il suo sconsolante messaggio in cui il male e il malaffare si insinuano ovunque e coinvolgono gli alti ranghi del potere statale, ricadendo nei cuori degli umili e delle persone dabbene con il loro carico da 11 di ricatti mortali.
Chiara l'eredità morale di Sciascia raccolta da questo autore che riesce a rendere ricca di manierismi allettanti la sua "storia semplice".
L'uso della parlata siciliana, ma anche di scampoli di romanesco, fiorentino e di dialetti settentrionali, accresce ulteriormente la naturale vis comica che pervade il racconto di Camilleri. Divertentissimo.
Prima o poi doveva capitarmi un libro del Maestro che non mi piacesse più di tanto... A differenza di altri romanzi "storici", questo non mi ha catturato fin dal principio ma non me la sono sentita di abbandonarne la lettura, per rispetto al grande autore che fu.
...ContinuaNonostante io abbia faticato un po' nell'immediata comprensione del dialetto siciliano che giustificano la mezza stellina in meno, questo è un gran bel libro.
Vigata, in una sorta di realismo magico alla siciliana, far west alla nostrana, ironia che strappa sorrisi, ma avvilisce perché in fondo in fondo molte cose funzionano ancora così.