Romanzo chiave della letteratura americana degli anni '80, trenta e rotti anni dopo (eh sì!) non ha perso un grammo della sua potenza, della sua ferocia, della sua densità.
Condotto a un ritmo indiavolato dalla prima all'ultima pagina, "Il Falò delle Vanità" come tutti i grandi romanzi presenta una struttura a più livelli: il migliore è quello politico. Wolfe condivide la visione del mondo hobbesiana per cui l'uomo è lupo per l'altro uomo e in ogni singola pagina mette in scena una lotta tra individui che cercano di azzannarsi alla gola. E' un tutti contro tutti caratterizzato dalla totale mancanza di scrupoli, che si parli del venditore di obbligazioni o del predicatore nei ghetti, il sostituto procuratore o l'avvocato difensore, la bella moglie del ricco imprenditore o la venditrice immobiliare: chiunque è pronto a calpestare legge e dignità per ottenere i propri vantaggi. Ogni valore è in vendita o preda degli appetiti altrui, nessuna pietà è prevista per chi cade, e chi cerca di restare fedele ai propri ideali viene tritato e sputato via.
Il secondo livello è quello giudiziario. Il racconto del funzionamento della macchina della giustizia è ben articolato e affascinante. Qui il tema è: una volta che finisci preso nell'ingranaggio non c'è modo di uscirne pulito. Tuttavia, anche se trainante, non sembra questo l'aspetto che interessava principalmente all'autore, e alla fine mi sembra che non tutti i conti tornino: prima di tutto c'è una sproporzione tra il fatto in sé e l'effetto finale che mina un po' la credibilità della vicenda ma soprattutto non si capisce se l'incidente nel quale Henry rimane ferito sia quello che coinvolge Sherman o no. O forse quello che interessa all'autore non è la verità, ma quello che succede nel mondo reale dove verità e menzogna sono facce della stessa medaglia.
Il terzo livello è il romanzo di formazione. E' qui che si trova il più grosso limite del romanzo perché l'ingenuità al limite della stupidità del protagonista, un uomo che di mestiere deve prevedere tutti gli eventi che possono influire sull'andamento dei titoli borsistici che tratta, mantenendo il sangue freddo e un atteggiamento analitico in ogni situazione, risulta difficilmente credibile. Comunque il bagno oceanico di umiltà che compie alla fine del percorso raggiunge il suo scopo ma resta un peccato che il punto meno forte di un romanzo fortissimo sia proprio il suo protagonista.
Infine c'è un quarto livello, di satira sociale che è estremamente efficace: alla fine la differenza tra le classi privilegiate e quelle sfavorite è l'eleganza della tenda con cui i primi nascondono le proprie pulsioni ma chi pensa che i poveri siano più virtuosi e che i ricchi siano al riparo dall'invidia sociale si fa delle grosse illusioni.
Insomma, un grandissimo romanzo, penso il più potente nel senso della raffica di sensazioni che produce in ogni singola riga che io abbia mai letto, non privo di difetti ma lo stesso formidabile.
...ContinuaAh, quanto è fragile la condizione umana. Passi la vita a costruirti una posizione, una carriera, una reputazione, ne sei fiero e cammini per il mondo col mento alto, ed un bel giorno ti trovi scaraventato a terra in un abisso inestricabile di ragioni che credi ti siano estranee.
Ma in realtà non sei estraneo a quel che ti succede perché fa tutto parte del tuo mondo, quello stesso mondo le cui condizioni ti hanno permesso di salire e che ora ti fanno precipitare.
Tom Wolfe ci offre un’analisi straordinariamente lucida della New York degli anni 80. Una simile analisi potrebbe essere facile scriverla oggi, col senno del poi, vedendo quegli anni dalla distanza. Lo scrittore la coglie invece dal vivo, mentre è immerso in quel mondo e per questo straordinaria.
Sono gli anni dell’edonismo reaganiano, dell’esplosione di Wall Street e degli yuppies come forza trainante dell’economia di carta, dei soldi facili, delle spese folli.
L’altra faccia della medaglia è la New York dei quartieri degradati, Bronx, Harlem, e dei loro abitanti che si sentono esclusi da quel mondo dorato e maturano verso lo stesso un rancore cieco, attribuendo le cause di questa distanza al razzismo del sistema.
La discriminazione razziale però è più temuta che effettiva. Si teme di essere discriminati per il colore della pelle, per la propria religione, per la propria ascendenza ed il livore aumenta verso chi ha successo, quando in realtà ciò che davvero crea discriminazione è il denaro. Chi ha denaro può mandare i figli nelle scuole migliori, può frequentare circoli ristretti (le élites si direbbe oggi) e questo aumenta la possibilità di accedere alle posizioni migliori nella società. Se sei ricco non importa il colore della tua pelle, la tua religione, la tua ascendenza. Agli occhi degli abitanti di Park Avenue sei ricco e basta. Agli occhi dei poveri sei un aristocratico e basta.
Allo stesso modo la giustizia ed il giornalismo sono visti dagli emarginati come strumento che i ricchi usano per proteggere se stessi e reprimere i desideri di rivincita dei poveri. Ma in realtà non sono più così. Sono ancora peggio, sono diventati lo strumento di chi cerca un’altra forma di ricchezza, quella del consenso elettorale, senza badare se le vittime siano ricchi o poveri, bianchi o neri, ebrei o cristiani, wasp, irlandesi o italiani.
Questa è la New York degli anni 80, questo è il mondo che ti può innalzare e abbattere. La storia scritta durante la storia.
Recentemente scomparso, questo scrittore di nerbo e spessore è noto per questo romanzo, ovviamente, ed è notissimo per avere forgiato un neologismo ritornato oggi prepotentemente di moda: radical chic (riferendosi alla borghesia progressista e snob di Manhattan anni '80..)
Il falò delle vanità è uno spaccato terrificante del milieu sociale di NYC, tra Park Avenue, Harlem e Bronx nella seconda metà degli anni '90.
E' un romanzo uscito nel 1987 e ancora oggi è impressionante.
In definitiva, pur essendo stilisticamente agli antipodi, in qualche modo le feste borghesi dei milionari di Manhattan richiamano le serate di Madame Verdurin descritte nella Recherche..Senza pudore, tuttavia.
Certamente Wolfe è un sublime assemblatore di clichés, ma la potenza della sua scrittura mette in oblio la scarna economicità della scrittura.
Naturalmente il meglio il romanzo lo dà non tanto nella storia giudiziaria (che con i suoi colpi di scena traccia un'immagine inquietante del sistema americano, che sembra trascurare il principio del ne bis in idem, affidando il controllo della libertà personale alle faide e agli accordi politici tra procuratori e avvocati assai discutibili) quanto nella dialettica, volgare, decadente, oscena, tra le parti sociali in causa..
E allora questo libro può sprigionare tutta la sua aura epica, apocalittica, greve, affascinante.
Passaggio importantissimo della narrativa (anzi, della letteratura) dell'ultimo Novecento.
Non dovrei scrivere "io", ma in questo caso lo faccio per un motivo: ho cercato il libro senza trovarlo, perché è fuori catalogo. Possibile, mi dico, che il romanzo più noto di un grande autore contemporaneo non sia disponibile, considerando che è morto da poco? Così l'ho recuperato usato. E leggendolo mi sono spiegato come mai non sia stato più ristampato (anche se non è una giustificazione: "Il falò" è un libro da leggere e da rimettere in circolazione). Ed è questa: la New York descritta è quella degli anni '80, quella di Harlem vero e proprio ghetto, di Tribeca quartiere fatiscente etc etc. Chi ha avuto la fortuna di farci un giro di recente sa che non è più così, anzi, sono due tra le zone più chic. Ed è questo il punto: siamo di fronte a un romanzo dal grande respiro, come potevano esserlo quelli di Dickens, e la prosa di Wolfe è vitale come poche, eppure leggendolo si ha l'impressione di essere di fronte a un quadro un po' datato.
E', in fondo, un grande romanzo come potevano esserlo quelli dell'Ottocento, ma essendo tutto sommato ambientato "ieri", tutt'al più "ieri l'altro", lascia la sensazione di essere legato alla cronaca, quella di un quotidiano del giorno dopo. Sarà che nell'Ottocento il progresso arrivava più lentamente, sarà che quando leggi un romanzo di un secolo fa (ma anche "A sangue freddo", per intenderci, che pure è molto più vicino) entri in quel clima senza pensare a oggi. Se un limite c'è, in questo - lo ripeto, grande - romanzo, è proprio questo.
Magari fra trent'anni sarà riscoperto.
Stile giornalistico, efficace e travolgente, ironico, impietoso e trasgressivo. Tuttavia non trovo pathos, tutto è voluto ed orchestrato, quasi una sceneggiatura.. Un giudizio sulla società contemporanea senza sconti per nessuno. Ma Saul Bellow è un'altra cosa. TW resta in superficie.
...Continua