E' stata curiosa l'esperienza (del tutto casuale) di portare avanti contemporaneamente la lettura di questo romanzo e quella di "L'animale che mi porto dentro " di Francesco Piccolo. La narrazione della complicata adolescenza di un ragazzo omosessuale nell'America degli anni 50 vs la descrizione della formazione (individuale e sociale) del vero maschio. Per motivi diversi entrambi non indimenticabili
...ContinuaChi padroneggia la scrittura padroneggia la vita o perlomeno la sua? Certo che no, ma ne dà l'illusione, o, se conosce la sua arte, l'impressione addirittura: e in scrittura l'impressione è il tutto; e la vita un mezzo come un altro per farla avvenire.
La scrittura di White - per quanto patinata, per quanto abbia il punto di vista che io detesto: quello del figlio dei ricchi divorziati che va al college e dagli psicanalisti - è impressionante.
Tutto ciò che appare svagato non lo è. Tutto ciò che sembra immaturo non lo è perché non lo è la voce che racconta la storia di un ragazzo che forse immaturo lo è stato, ma adesso è lo scrittore che gioca, con il ragazzino che lo scrittore stesso è stato per primo, facendo di lui un esploratore nel mondo e negli abissi contenuti nella superficialità del mondano.
L'esperienza del giovane americano avviene tramite l'esperienza di chi ha attorno: descritti come fossero più avezzi, più preparati, impuri, più forti. Ragazzini viziosetti, genitori, servitori, marchette, compagni di studio o di campeggio, professori e umanità assortita varia: che si fa conoscere attraverso la conoscenza che ne fa lo scrittore da giovanissimo.
White rende giganti i suoi maggiori per rendere più piacevoli le sue rivincite da Golia con niente di maschilisticamente biblico: un Golia moderno, sgambettante, desiderante, fondatore di una propria morale.
Un delatore e un sicario, White, con il suo stile per niente innocente ma che lo sembra per essere tanto più letale.
Uno scrittore, per cui.
...ContinuaQuesto libro, che rispecchia la sintesi dei pensieri, timori e solitudini di un adolescente americano degli anni cinquanta, è come uno specchio in cui si riflette l'immagine di un uomo ma che viene analizzata retroagendo nei pensieri e nelle opinioni di un quindicenne. C'è riportata tutta l'affascinante complessità di un "io" in formazione, pieno di perchè, pieno di solitudine e di voglia di farsi accettare ed amare. C'è la paura di una diversità e la conseguente ricerca di porvi rimedio (oddio è proprio tipico di quegli anni, voglio sperare!) ad ogni costo. C'è l'analisi di ogni emozione, tipica di una mente brillante, e c'è la voglia di emergere, come una farfalla che esce dal bozzolo ed è pronta ad affrontare la vita: sbagli compresi!
Bello!
La prima parte, di questa storia non cronologicamente sequenziale, per quanto mi riguarda, lascia un po' a desiderare; esperienze sessuali infantili (a 10 anni: "noi maschi usiamo incularci fra di noi"!?) un po' inverosimili nella descrizione delle emozioni del momento; né vera eccitazione, erotismo, nemmeno curiosità, morbosità, né paura, vergogna o timore, niente, non trasuda proprio niente.
Tolto questo capitolo un po' forzato il romanzo prende una piega migliore in un'autoanalisi sicuramente sofferta, a tratti credibile ed efficace.