Che io ami sconsideratamente i romanzi del filone “nordico” è ormai fatto notorio. Ne amo lo stile fluido e misurato, le ambientazioni affascinanti e i personaggi che le popolano, spesso freddi e imperturbabili come le terre dove sono nati e cresciuti.
Il porto degli spiriti da subito ti attanaglia e non ti lascia più. Non appena mettiamo (metaforicamente parlando) piede nella gelida Domarö, sperduta isola di pescatori nell’arcipelago di Stoccolma, veniamo trascinati in un turbine di grotteschi ed inquietanti avvenimenti, dove passato e presente si intrecciano, dove il paranormale è elemento pacificamente accettato nella routine quotidiana degli abitanti.
Perché qui ogni tanto le persone scompaiono, è il mare che se le prende. Dicono così. Ma a volte il mare restituisce anche qualcosa, o qualcuno.
Ho letto questo libro con grande entusiasmo e trasporto, tanto che più di una sera ha saputo tenermi con gli occhi incollati alle pagine fino a tarda ora nonostante la sveglia impietosa del giorno dopo.
Purtroppo, inspiegabilmente, il finale non è stato neanche lontanamente all’altezza delle mie aspettative. La storia si chiude in modo laconico, insapore. Il capitolo conclusivo non sembra neppure essere uscito dalla penna dello stesso autore.
Peccato, davvero.
Primo e unico libro letto di questo autore, che mi sono ripromesso di seguire negli altri suoi lavori. La storia è misteriosa, cupa, ambientata in un isola in cui ogni abitante è connesso con un altro tramite segreti e vicende passate. Vecchi rancori che si manifestano nel presente. In questo sfondo, c'è un padre che ha perso la figlia misteriosamente, sull'isola stessa. Una distrazione di un momento, e la bambina non c'era più. Il romanzo si snoda su questa ricerca, che svelerà non solo i segreti degli abitanti, ma anche un mistero sovrannaturale legato all'isola stessa. Il finale è un po' offuscato, e secondo me non proprio chiarissimo, tanto che non lo ricordo proprio bene. L'autrice nonostante sveli, alla fine, che fine abbia fatto la bambina, lo fa in maniera annebbiata, senza eccessivi spiegoni. Rimane un bel romanzo mistery/sovrannaturale, che consiglio assolutamente.
...ContinuaLindqvist è sicuramente uno scrittore in grado di creare atmosfera. In questa sua storia di spettri e mare, la caratterizzazione dei personaggi è molto accurata, ma la trama lascia un pò a desiderare. Per quanto "Lasciami Entrare" fosse compatto e eccessivo, tanto questo "Il porto degli spiriti" appare nebuloso e poco incisivo. La storia stenta a partire e quando lo fa tentenna continuamente, interrompendosi sempre nel momento topico, in un gioco letterario che a volte può funzionare, ma che a lungo andare stanca il lettore. L'idea che sta alla base del romanzo è interessante, anche se non particolarmente originale, ma è il suo svolgimento che non cattura. Passato l'interesse iniziale tutto diventa troppo statico e prolisso, e un finale non azzeccato non contribuisce a lasciare un buon ricordo. Peccato...un'occasione sprecata dal bravo scrittore svedese.
...ContinuaTra alti e bassi ci si avvia verso un finale frettoloso e poco coinvolgente, detta cosi sembrerebbe una bocciatura ma tutto sommato riconosco che si è trattata di una lettura piacevole e con qualche spunto interessante...lo Stephen King di Svezia? Mmmmm non direi ma sicuramente un autore valido con un suo stile e del quale leggero altri libri.
...ContinuaE’ una giornata limpida e fredda quella che si staglia sul faro di Gavasten, guardiano dell’isola di Domaro. Anders, un uomo poco più che trentenne, ammira l’immensa distesa d’acqua che si espande sotto i suoi piedi insieme alla figlioletta di sei anni Maja. Intorno a loro ci sono solo neve e ghiaccio, uniti in un biancore abbacinante.
La piccola Maja, attirata da qualcosa che soltanto lei è in grado di vedere, sparisce nel nulla.
Trascorrono diversi anni. Anders è solo, si è separato da sua moglie Cecilia dopo la terribile tragedia ed è sprofondato nel baratro dell’alcool.
Decide di ritornare sull’isola di Domaro dove l’incubo ha avuto inizio. Rientrato nella casa dove ha vissuto momenti di gioia insieme a sua moglie e a sua figlia, inizia a percepire strani messaggi, vede accadere intorno a sé fatti inquietanti come case che prendono fuoco all’improvviso e uno strano motorino che viaggia da solo di notte nei boschi.
Anders ritiene che tutto questo sia opera di sua figlia Maja che cerca di mettersi in qualche modo in contatto con lui. Decide così di andare alla ricerca della sua bambina, dispersa chissà dove nelle profondità del mare.
Qualcuno ha paragonato John Lindqvist a Stephen King. Devo dire che il paragone ci sta, vedo delle affinità tra i due, più che altro in negativo(purtroppo lo scrittore svedese è affetto dalla stessa pedanteria nel raccontare fatti inutili e la stessa prolissità che lo rende talvolta parecchio noioso come lo scrittore americano e questo romanzo ne è una prova, cinquecento pagine di cui ne bastavano duecento e poco più).
L’incipit è interessantissimo, un’isola sperduta tra i ghiacci, un remoto faro immerso nella bellezza della natura, la sparizione misteriosa di una bambina, ma alla fine il romanzo non da ciò che promette, è una storia soprannaturale che mescola il noir e le classiche storie dei fantasmi, ma arrivati a un certo punto non ci si capisce più nulla, manca un filo conduttore che tenga unita tutta la storia.
L’ho trovato pesante e fumoso, quello che poteva essere un ottimo romanzo gotico sul mare si rivela invece un minestrone dove sono stati mescolati male e senza alcun nesso logico elementi come mondi paralleli, onirismo, fantasmi dal passato e mostri del presente. Il finale poi è inconcludente(alla fine non si spiega il perché dei fatti che accadono).
Da salvare senza alcun dubbio la meravigliosa natura delle isole a nord di Stoccolma, una natura che in qualche modo si vendica dell’arroganza degli esseri umani nei suoi confronti, ma per il resto ne sono rimasta delusa, rispetto a “Lasciami entrare” è un gran bel passo indietro(ed è un peccato perché le premesse erano più che buone).
“E noi poveri piccoli esseri umani, con le nostre piccole luci intermittenti. Stupidamente aveva creduto che il faro avesse qualcosa a che fare con quello che provava. Quell’occhio spettrale sul mare, di notte, lo aveva adescato. Ma cos’è in fondo un faro? Un’invenzione umana di legno e di pietra. Una torre con una lampada, niente di più. La lampada può spegnersi e la torre crollare, ma la profondità…la profondità rimane”.
...Continua