Ritmo incalzante e prosa limpida pur con un intreccio complesso e denso di riferimenti. La ricerca della propria vocazione, del proprio posto nel mondo, qui assume una dimensione epica: gente solida in stretto legame con la terra, che si muove tra il desiderio di conservare una rispettabilità familiare ed obbedire alla volontà di Dio. La Lagerlof li osserva senza giudicare, ne sonda gli animi, seguendo via via il filo dei destini che si manifestano così inesorabili davanti ai nostri occhi.
...ContinuaSono stato subito incuriosito da questo libro. Devo confessare che ho fatto fatica a leggere le prime 80-100 pagine, poi la curiosità a prevalso e devo dire che, soprattutto nella seconda parte, questo libro è veramente bello e interessante. Si sconta la fatica, ma anche la bellezza, di entrare in un mondo completamente estraneo dal nostro: contadini svedesi di fine '800. Dal loro vivere in Svezia alla loro decisione di andare a Gerusalemme per vivere la loro fede, tutto ci sembra estraneo, difficilmente comprensibile, ma apre un interessantissimo squarcio su due mondi, due stili di vita a noi completamente sconosciuti ed estremamente interessanti.
inoltre, non sembra proprio di leggere un romanzo scritto nel 1901, ma di leggere qualcosa di estremamente moderno, quasi contemporaneo. Veramente un'ottima sorpresa!
Il libro è diviso in 2 parti distinete, la prima ambientata in Svezia e la seconda a Gerusalemme.
La prima è permeata della usuale, compassionevole dolcezza della Lagerlof, vero marchio di fabbrica dell'autrice, che si abbina a un'epopea entuasista e felice (anche se ricca di agnizioni) di un popolo fatto di persone autentiche e autenticamente proletarie (anche quando si tratta di latifondisti) arrivando ad affiancarsi alle gesta di Monterey narrate da Steinbeck, con più tenerezza infantile.
La seconda invece deraglia verso il misticismo, ma lo fa con la consueta ingenuità che lo rende, purtroppo, più stucchevole che tenero, più noioso che accattivante.
Un romanzo epico che narrativamente appartiene alla letteratura scandinava, nella descrizione dei personaggi, delle relazioni e delle atmosfere ma che a un certo punto, per raggiungere un utopico sogno di uguaglianza e redenzione, si trasferisce in Terra Santa, a Gerusalemme. Magistrale é l’immaginazione da parte della Signora Gordon, fondatrice della comunità utopica gerosolimitana, tra la pietra sacra e il santo sepolcro.
...ContinuaNoto romanzo della più famosa e premiata autrice svedese del Novecento (il libro apparve appunto all'inizio del secolo scorso).
Ricco di suggestioni e scritto con melodie di favola, di testo sacro o profetico.
I movimenti riformisti messianici - legati al sionismo herzoghiano incipiente - interessarono in effetti qualche oscura provincia svedese, con migrazioni in Palestina di una parte della popolazione.
Il macro filone del viaggio verso la (deludente) Jerusalem (e sta propio, secondo me, nella delusione e nelle difficoltà incontrate dai pellegrini svedesi in Palestina una delle svolte più originali del romanzo) si intreccia con la saga familiare del Grande Ingmar, sorta di reincarnazione, attraverso le generazioni che si susseguono dagli anni 60-70 dell'Ottocento, dell'eroe eponimo, leader economico sociale e morale del villaggio al centro della storia, che domina la scena con le sue debolezze, con i profondi sensi di colpa (leit motiv della letteratura scandinava di ogni tempo, si potrebbe dire), con il sua amore per la terra svedese, dalla quale, in definitiva, scarsamente allettato dal morbo religioso dei suoi conterranei, non si muove mai.
E' un romanzo per certi versi ancora ottocentesco, non privo di pregi e di fascino, splendido nel raccontare il clima spirituale dell'epoca, ma, in qualche modo, troppo "carico", troppo ricco di eventi, di cambiamenti di stati d'animo dei personaggi, che appaiono spesso appena abbozzati e non del tutto persuasivi.
Da leggere, quindi, avendo percezione dei limiti.