Strano romanzo davvero, non sono sicuro di averne afferrata l'essenza. L'ambientazione ottocentesca è stupefacente, come incredibile è la mimesi letteraria di Doctorow che riesce perfino ad acquisire lo stile da penna d'oca nel narrare la sua storia di indagine e mistero, come solo un maestro del genere romanzo storico può fare. Rimane tuttavia la sensazione di un eccesso di sospensione, come eccessivo risulta nel testo l'uso dei famigerati tre puntini, non so se per scelta della (comunque brava) traduttrice Grimaldi o proprio dell'autore; i protagonisti subiscono il fascino un po' poco plausibile dall'oscuro dottor Sartorius, una sorta di dottor Caligari i cui esperimenti scientifici vengono in qualche modo inopportunamente giustificati nel contesto della storia.
Doctorow allestiva ad ogni modo le sue narrazioni con grandiosa perizia, anche in quelli che come questo si possono serenamente annoverare tra i suoi lavori minori.
per gli amanti delle chicche che poi possono raccontare agli amici. esageratamente lungo, commestibile, ma con un retrogusto amarognolo che ti lascia più di un dubbio che sia tossico. non mi ricordo perchè l'ho acquistato
storia interessante, descrizioni anche fin troppo dettagliate, risultato non entusiasmante.
Personaggi un pò sotto tono per questo romanzo che tentano di riscattarsi con una trama un pò a sorpresa, per chi ha letto Homer & Langly un pò una delusione
Il romanzo - anche questo trovato per caso nel fornitissimo remainders di Fiera di Primiero - è ambientato nella New York del 1871 e si apre con un evento misterioso e inquietante: un giovane ed eccentrico giornalista freelancer sostiene di aver visto, su un vecchio omnibus bianco, il padre, morto da tempo. Assente, ciondolante, spettrale, ma senz'altro in carne ed ossa. Nonostante fossero in rotta a causa della spregiudicatezza e mancanza di scrupoli con cui il padre aveva accumulato ricchezza e potere, il figlio si mette sulle tracce del misterioso omnibus, ma sparisce a sua volta, dopo aver raccontato l'evento al caporedattore del “Telegram”, suo amico. In ansia per il giovane, ma anche fiutando una storia interessante, il giornalista, che è anche voce narrante della storia, si mette a sua volta ad indagare, smuovendo le sue conoscenze nella polizia e in vari ambienti sociali, e finendo con lo scoperchiare così una sconvolgente vicenda in cui la scienza è messa cinicamente al servizio della ricchezza.
La trama accattivante e carica di misteri, i personaggi interessanti e ingegnosamente descritti e uno stile allo stesso tempo scorrevole e brillante (vagamente alla Tom Wolfe) basterebbero già a farne un buon romanzo.
Ma a tutto questo bisogna aggiungere ancora la vera protagonista del libro, che è semplicemente ed essenzialmente la città di New York.
Nel 1871 New York era in piena espansione, e allo stesso tempo terremotata da gravissimi scandali finanziari incentrati sulla figura e le malversazioni di W. Tweed, detto “Boss Tweed”, potentissimo esponente del partito Democratico, proprietario terriero e titolare di società ferroviarie, banche e giornali, e in grado di condizionare oltre che le decisioni municipali, anche i tribunali e la polizia. La voce narrante del giornalista, una vecchia volpe dell'ambiente che conosce tutto e tutti, evoca con straordinaria efficacia l'anima della città, che non è ancora quella dei grattacieli che conosciamo noi, ma che non è per questo meno frenetica e turbinante di attività, di ambizioni, di crimine.