è stranissimo questo fenomeno per cui il giorno di natale a farti gli auguri sono principalmente tutte quelle persone che ritieni - e che in effetti sono - le più lontane in assoluto da un qualsiasi spirito natalizio. quest'anno poi, il primo messaggio arrivatomi al mattino presto mi ha lasciata a bocca aperta: una delle "mie" bariste predilette, una che da anni mi serve quotidianamente colazioni a base di caffè e bestemmie. la prima chiamata poi, la mia ex, che può essere annoverata a ragione tra le più grandi e divertenti bestemmiatrici mai esistite sulla faccia della terra. e da lì a seguire tutto un corteo di atei, mangiapreti e gente che dio e compagnia bella, li cita a tutto spiano ogni sacrosanto giorno, non solo a natale. allora io mi interrogo, anche perché tutti questi messaggi e mail e chiamate hanno in comune una profondità spirituale e una bellezza di contenuti che la maggior parte delle persone che si sono recate a una qualche messa di natale si può scordare per le prossime cinquanta vite. mi rivolgo quindi a gesù, di cui tutto sommato io penso abbastanza bene, anche se non smetto di pormi alcune domande che a questo punto non so se avranno mai risposte, e vorrei dirgli questa cosa: gesù, tu che sei riuscito a fare delle cose per noi incredibili - ma che per te erano ovviamente delle robette da dilettanti, perché ad esempio se hai il teletrasporto è una cosa piuttosto facile "risorgere" e sparire da una tomba - io vorrei dirti che forse è arrivata l'ora di tornare a dare un'occhiata da queste parti, e se possibile, mettere una pezza ad alcune cose, a tantissime cose, in verità. io ti suggerisco, umilmente, di cominciare a chiarire questa cosa una volta per tutte, che il giorno del tuo compleanno, la gente deve smettere di indossare i suoi preziosi regali di natale e andare a messa a festeggiarti blaterando automaticamente cose di cui neanche capisce il significato. dovresti invece fare sì che il giorno del tuo compleanno tutti quelli che in chiesa non metterebbero piede neanche dietro pagamento, quelli che tiran giù dei cancheri ogni volta che vedono un prete sculettante per strada, tutti quelli che han capito da subito che bergoglio è un perfetto prodotto di marketing studiato a tavolino, ecco, tutta questa gente dovrebbe potersi occupare come si deve dei festeggiamenti. e magari se tu proprio a loro concedessi per un giorno un po' dei tuoi poteri, moltiplicare il pane (i pesci no, però), teletrasportarsi a piacere, guarire i malati e resuscitare i morti, ecco, quella sarebbe sicuramente una cosa ben fatta, e anche la tua credibilità avrebbe un gran picco, quella credibilità affossata ogni volta che un bambino viene molestato in una chiesa, ogni volta che un papa (morto) si affaccia a un balcone con un dittatore sudamericano o un papa (vivo) riceve un altro schifo di dittatore russo o un criminale israeliano come se niente fosse. e si potrebbe andare avanti a lungo con gli elenchi, vecchi e nuovi. vedi tu, io oggi, nel giorno di natale, questo sento di dirti, che c'è in giro un sacco di gente che non crede a nulla degli inganni della chiesa e delle stronzate natalizie, ma che migliora il mondo come può, e un sacco di gente che invece in quegli inganni e stronzate natalizie ci sguazza, e poi magari peggiora quotidianamente il mondo senza neanche accorgersene. dai, torna qua, chiariamo un po' di cose e facciamo una nuova bella rivoluzione, ché il tuo primo tentativo è andato storto, ma magari il secondo può andar meglio. amen.
(per concludere però, poiché volevo evitare su questo bellissimo testo di Derrida un altro sermone dei miei sull'urgenza di uscire dall'ottusa visione antropocentrica e ricominciare a pensarci come animali tra gli altri animali, dirò solo che il più bel regalo di natale quest'anno me l'ha fatto la mia amica Helga, chiamandomi per farmi gli auguri ma soprattutto per dirmi che in questi giorni ha maturato la decisione definitiva di non mangiare mai più alcun animale, e che la sua piccola Noemi crescerà imparando l'importanza di non farlo. Ho chiuso il telefono tutta commossa pensando che alla fine il natale ha per ciascuno di noi un senso diverso, e che Helga, anche lei imperturbabile atea, quest'anno il suo senso del natale l'ha davvero trovato, per se stessa e per la sua bellissima bimba.)
...Continuail titolo originale è sì "l'animale che dunque sono", ma anche "l'animale che dunque seguo".
e dunque, seguo l'animale che sono, oltre ad essere l'animale che seguo.
seguo nel senso sia di "in-seguo" sia di seguo in quanto vengo dopo, e lui mi precede,
perchè viene prima di me. seguo l'animale lasciato fuori dal cogito,
seguo l'animale che ero e che non sono più, inseguo un animale e scopro di esserlo,
sono un animale in quanto sono il suo prossimo, sogno un animale di cui sono il sogno.
credo che la prima dimostrazione di questo libro sia come con un po' di acume si possa arrivare al...tutto, partendo anche dal minimo.
come, in questo caso, non è. l'abisso è dato da quel passaggio tra l'animale e gli animali: l'uomo è un animale,e dunque pensare di avere l'arroganza di dire l'animalE sarebbe la stessa di una cavalletta che metta sè al centro del mondo e tutti gli altri animali, uomo compreso, in un regno a parte. e poi, dire "cavallenttinità" come sinonimo di magnanima inclinazione propria dell'anima della specie eletta, quale orrore.
e se la causa vera del pianto di Nietzsche fosse stata, non per il cavallo, ma per il sè in confronto al cavallo? L'animale resta imbrigliato e sofferente, ma ci si rende conto in un istante di tremenda lucidità di dove stia la vera schiavitù, fuori dall'eden ateo della conoscenza incosciente.
Presentazione di Marco Tabacchini
in Ctonia -3, Agosto 2008.
www.ctonia.com
Affrontare, dopo Derrida e Agamben, un discorso sull'animale, non è un compito senza difficoltà: vi è un certo rischio, e un certo imbarazzo. Rischio in quanto ogni parola sembra già da sempre compromessa, ripresa in quel meccanismo che interviene costantemente a scrivere sull'animale, e sulla pelle stessa degli animali. Non esistono discorsi innocenti: essi sono già inscritti, fin dalla loro produzione, in sistemi che ne controllano la circolazione, scongiurandone i pericoli e organizzandone strategicamente gli effetti possibili.
La produzione dei discorsi sull'animale è sempre stata funzionale alla sua definizione, alla sua classificazione, in pratica, alla sua cattura e sottomissione in quel dispositivo, la macchina antropologica, che decide di cosa è l'uomo nella sua differenza con l'animale, e che qualifica una certa tipologia di vita a scapito di un'altra, una vita nuda, bassa e inqualificabile. Una vita, quella animale, che è un resto da eliminare, o per lo meno da neutralizzare e circoscrivere, sia pure attraverso l'istituzione di discorsi. Parlare dell'animale corre così il rischio di rovesciarsi in una decisione sull'animale, per poterlo fissare all'interno di una gerarchia, binaria e oppositiva, in cui, a fronte di una violenza incalcolabile verso ciò che il movimento animale porta con sé di sfuggente e indecidibile, si attua l'antropogenesi, il divenir umano del vivente, nella cesura che decide e separa l'umano dall'animale, la vita dalla morte...
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