Milano, 1952. Lungo le strade ancora macerie dei bombardamenti, ma anche le facciate delle case chiuse – in una di queste lavorava la vittima, una ragazza bellissima della bassa pavese, già mondina, già sposa adolescente, vedova di partigiano. L’indagine del commissario Arrigoni esplora un mondo, quello della prostituzione legale, che oggi sfugge alla comprensione.
Crapanzano ricrea le atmosfere d’epoca, di una città in cui la pizza era una novità mentre alla Crota Piemunteisa si mangiava, a dispetto del nome, un ottimo panino wurstel e crauti; i poveri – e i piccoli trafficanti – potevano invece sfamarsi alle Cucine Economiche.
L’autore inserisce dettagli con precisione maniacale: la polvere Idriz, i cachet contro il mal di testa, la moschirola per conservare i formaggi; i denti davanti in oro per ostentare un’ascesa sociale a buon punto – oltre che la mancanza di buon gusto; inserti di milanese popolare, come porta per indicare l’intero caseggiato.
Il libro potrebbe far storcere un po’ il naso a chi cerca una trama gialla più serrata che le divagazioni saggistiche di Crapanzano certamente diluiscono, o ritiene troppe le pagine per arrivare alla conclusione una volta che il colpevole è stato individuato.
A me il romanzo va bene così, era quel che cercavo: atmosfere milanesi, atmosfere d’epoca, il tutto all’interno di un giallo ben costruito.
Una bella passeggiata per le strade di Milano dei primi anni del dopoguerra (siamo nel 1952) in compagnia del commissario capo Mario Arrigoni. Le vie del centro coi suoi bar, negozi, ristoranti e le persone che vi lavorano e li frequentano; i giardini pubblici di Porta Venezia con lo zoo e varie attrattive culturali e naturali, un’oasi di verde e svaghi per grandi e piccini; il naviglio della Martesana (verrà ricoperto negli anni 60) col suo percorso tra fabbriche e rioni popolari; zone ancora abitate dalle macerie dei bombardamenti ma che presto saranno oggetto della ricostruzione. Ci muoviamo con Arrigoni alla ricerca del colpevole dell’assassinio di una giovane donna che esercitava in una casa chiusa (la Chiaravalle, un noto casino) la professione allora legale di prostituta. Il viaggio ci porta alla scoperta dei milanesi o meglio degli italiani che abitano Milano, dei loro vizi, di qualche virtù: di umanità varia e variegata e soprattutto di un mondo, fisico e morale che non esiste più, morto e sepolto ma di cui ci è rimasto qualche sentore. Più che l’indagine poliziesca, che peraltro è svolta in modi ineccepibili, è bello e interessante il viaggio nella città e nei suoi abitanti così come normale ma non banale la vita del nostro accompagnatore. Tutto narrato con semplicità e serenità, senza enfasi, eccessi, volgarità gratuite come capita spesso di leggere.
...ContinuaÈ il primo libro di Dario Crapanzano che leggo e mi è piaciuto.
Il romanzo è ambientato a Milano nei primi anni 50 e, nonostante non conosca molto bene questa città, mi sono trovata ad aggirarmi tra le sue vie in un passato che sembra davvero lontano.
La storia è lineare e senza grossi colpi di scena, ma credibile, non volgare (nonostante l'argomento trattato) e senza scene di violenza gratuita... Insomma, pur essendo un giallo, è un romanzo "riposante" e tranquillo.
La scrittura di Crapanzano è fluida e semplice, ma non banale con richiami al modo di parlare usato allora, che aiutano a tornare indietro nel tempo.
I personaggi creati dall'autore sono ben tratteggiati e mi sono stati subito simpatici, anche quelli più burberi.
Dopo questo "esperimento" di successo, leggerò sicuramente anche gli altri libri della serie.
Milano anni 50. Un po' prima che ci arrivassi io nel 64. I "gialli" che leggevo allora erano tutti ambientati in America. Adesso leggo con piacere tanti gialli ambientati qui in Italia. Se sono, come questo, ambientati a Milano e in zone in cui ho vissuto, o che ho frequentato mi piacciono di più.
Non ho frequentato i casini, li avevano già chiusi quando sono arrivato a Milano, e comunque non avrei avuto l'età, e forse non li avrei frequentati comunque. Ma c'erano, invece, pochi anni prima e sono al centro della storia, perché il Chiaravalle era un casino e "la bella", la Lina, bella e sfortunata, giovane vedova di un partigiano ucciso dai tedeschi, ci fa la vita.
Anzi, ci faceva, visto che quando il romanzo inizia era già morta. Morte violenta, in casa dello zio Attilio, che la scopre rincasando dal turno di notte alla Marelli. A indagare il commissario capo Mario Arrigoni, del commissariato di Porta Venezia a Milano, Maigret meneghino.
Lento, lentissimo. E' stato faticoso arrivare all'ultima riga del racconto. Il giallo, se così lo vogliamo chiamare, non ha guizzi e svolte improvvise. Se ne ricava un racconto triste, come il suo protagonista, che al massimo si concede un sigaro o un pranzo in una trattoria.
...Continua