Diciamo De Sade e subito si pensa al sesso estremo; esempio lampante di quanto la nomea faccia il doppio del lavoro delle azioni stesse dei soggetti in esame. Vorrei quindi iniziare in maniera stra diretta, come mio solito: De Sade non è = sesso. Erica Jong è = sesso. De Sade è l’equivalente settecentesco e un po’ più acculturato delle quattordicenni che pubblicano le loro fanfiction spacciandole per romanzi, solo che lui spacciava il suo elenco della spesa parafiliaco per una dissertazione filosofica a sfondo sociologico esistenziale e chi più ne ha più ne metta. Ma il fatto che lui fosse così fissato per l’ano in generale e per quello che ne viene fuori già dovrebbe farci capire quanto questa sua “filosofia” debba essere presa sul serio.
Di De Sade provai a leggere, un paio di anni fa “Le 120 giornate di Sodoma e Gomorra”, ma sono stato frenato non tanto dai contenuti quanto dalla pesantezza delle esposizioni e dei racconti che, ad un certo punto, hanno iniziato ad annoiarmi. Ho deciso quindi, in tempi più recenti, di dargli una seconda possibilità perché, dopo Cassandra Clare, posso dare una possibilità a chiunque a questo punto (non me ne vogliano gli appassionati di “Shadowhunters”, ma io proprio non capisco come abbia fatto ad avere tutto questo successo). Ma sorvolando sulle varie “Justine” e “Juliette”, sulle “disgrazie della virtù” e “il trionfo del vizio”, che già da qui avrei da rispondergli per le rime, o preferito puntare a quella che è la sua opera sintesi, “La filosofia nel boudoir”, completa esposizione della sua filosofia del libertinaggio e dell’apoteosi della crudeltà sotto forma di dialogo filosofico, nella forma del racconto dell’educazione della (non tanto) innocente Eugenie, appena uscita dal collegio, che viene iniziata al vizio e al piacere da madame di Saint Ange, dal fratello incestuoso di lei, cavaliere de Mirval, e dal vizioso omosessuale (ma aperto al sesso anale con le donne) conte di Dolmancé, che le insegnano non solo i piaceri della carne, ma anche che i precetti morali e religiosi alla quale è stata educata fino ad ora sono “falsi” (leggasi, stonano col loro stile di vita quindi vanno rifiutati a prescindere perché sì) e che deve abbracciare la via più autentica e sincera della malvagità.
Potrebbe anche andar bene un punto di vista del genere… se solo fosse ben esposto e non fosse, invece, una caterva di contraddizioni da far rivoltare la pelle alla persona più contraddittoria che esista al mondo. Tutto questo solo perché il “Divin Marchese” deve per forza giustificare il suo modo di pensare e fare, quasi a voler trovare una giustificazione alle sue parafilie e già qui c’è la prima contraddizione: lui, tramite i suoi personaggi, si fa portabandiera dell’orgoglio del sadismo e della disumanità più pura, quindi dovrebbe altamente sbattersene di trovare una giustificazione; ma lui, invece no, deve per forza trovare un espediente che confermi l’esattezza del suo pensiero e del suo modo di fare le cosacce.
Sinceramente, sarebbe stato meglio se si fosse limitato a farlo e basta, perché il problema non è il sesso, quello è il minimo, anzi io ne ho letto di migliore, personalmente, ma è proprio il suo voler a forza fare l’intellettuale pieno di argomenti aulici che devono innalzare l’abbattimento dello statuto famigliare, dello spirito religioso, delle più basilari norme della leggi riguardanti la salvaguardia dell’individuo (ok, con questo ci troviamo in linea con le attuali condizioni legislative mondiali) e lui fallisce platealmente. Fallisce sul piano della pornografia, perché persino le scene “erotiche” ad un certo punto diventano noiose e pesanti da leggere, soprattutto perché sono solo un elenco di posizioni del tipo “Tu mettiti così, io mi metto cosà, tu invece mettiti in questa maniera e voi mettetevi in quest’altra” e basta. Fallisce sul piano dell’esposizione della sua pseudo filosofia, perché è solo una caterva di discorsi incompleti che si contraddicono facilmente.
Faccio un esempio: la religione. Lui abbatte la religione, tacciando Gesù e i suoi apostoli di essere stati degli imbroglioni che hanno turlupinato l’intera umanità e ci sta. Ma tre quarti di questi dialoghi sono fondati sull’innalzamento delle persone malvagie, dei filibustieri, degli imbroglioni; allora perché proprio Gesù e dodici apostoli in veste di imbroglioni dovrebbero essere trattati da schifo quando, secondo i parametri del suo metro di giudizio della morale umana, sono l’esempio dell’umanità ideale, secondo De Sade?
E questo è uno.
Poi: il termine “puttana”. Elogio di tale definizione, secondo De Sade ogni donna che si rispetti dovrebbe aspirare ad essere una puttana… allora perché quando massacrano la madre di Eugenie usano il termine “puttana” in termine evidentemente dispregiativo nei confronti della donna? Per non parlare del fatto che la trattano come una criminale perché è una bigotta quando loro sono dei criminali assassini. Qualcuno mi spiega il senso? Sono troppo stupido per arrivarci.
Per non parlare del suo modo di glissare su argomenti più spinosi che lui è consapevole di non poter costruire in maniera discorsiva. Come nel passaggio in cui Eugenie chiede a Dolmancé di trovare i lati negativi di varie virtù morali da lei elencate. Ma al rigo successivo, dopo un secco “sì”, si molla il discorso e si sceglie di passare a parlare del libertinaggio, terreno sul quale De Sade si sente più sicuro. E da allora non sentiremo più una parola su queste “virtù da smontare a parole”. De Sade sceglie la via più semplice: prendere un discorso troppo complesso per le sue corde, metterlo sotto il tappeto e sperare che il lettore se ne dimentichi e per agevolare questa amnesia, piazza tette, vagine, peni e culi di ambo i sessi ad ogni metà di discussione.
Be’, non c’è che dire, De Sade dimostra di essere molto intelligente da questo punto di vista.
Ma come ho detto all’inizio, troppe contraddizioni e il peggio del peggio penso sia proprio il suo concetto della amoralità, anche se qui andiamo più sui gusti personali, anche se anche qui un bel po’ di contraddizione da parte del Divin Marchese continua ad esserci.
Per giustificare la crudeltà, De Sade afferma che, visto che in natura esiste solo la crudeltà, allora anche l’uomo deve essere crudele, e quindi la bontà è un’invenzione che va rigettata. Ma lui anche qui sbaglia grossolanamente, perché in natura non esiste la crudeltà, anzi non esiste nemmeno il bene, esiste solo la Natura appunto che agisce per un unico scopo: la sopravvivenza. Gli animali si mangiano tra loro per nutrirsi o per difendersi, non perché godono nel fare del male, quella è prerogativa di una sola specie animale: l’uomo. E abbiamo visto molte volte quanto questo “difetto di fabbricazione” sia costato in termini di vite umane e animali e vegetali nel corso dei secoli.
Mi piacerebbe vedere De Sade ai giorni nostri, a farsi una bella panoramica dei grandi genocidi dell’ultimo secolo. Probabilmente godrebbe nel vedere tanta acqua che va al suo mulino, ma per il resto, mi permetterei di chiedergli una cosa: se quello che tu sogni di fare agli altri, gli altri lo facessero a persone che ti stanno a cuore? A tua moglie? Tua madre? Tua sorella? I tuoi figli? Ti starebbe bene? O entrerebbe in gioco la cara vecchia filosofia dei potenti impuniti “finché tocca agli altri mi sta bene, ma state lontani dalla mia famiglia e da me”?
Purtroppo, queste sono domande che rimarranno senza risposta. Ma almeno posso rispondere tranquillamente alla domanda “Cosa ne penso di questo libro e di tutta l’opera di De Sade?”
Parafrasando il mai dimenticato Paolo Villaggio che da poco ci ha lasciati: “Per me, l’opera omnia di De Sade… È UNA CAGATA PAZZESCA!”
Sade avrebbe potuto essere un pornografo e basta - alla maniera di certi affreschi pompeiani. Ma ambiva a essere considerato un "philosophe". E in fondo c'è riuscito se perfino uno dei maestri della critica letteraria del '900, cioè Barthes, gli dedicò una saggio.
il fatto è che era fermo alla fase anale, o almeno a quella che Freud chiamava così. Il che non significa solo che il culo fosse la sua ossessione erotica - in chiave attiva e passiva. Ma significa soprattutto che l'oscenità e la coprolalia, l'empietà e uno spiritaccio blasfemo, fossero i motori della sua invenzione letteraria.
Alla fine il meccanismo di giustapporre ammucchiate - sia pure ben orchestrate - e tirate filosofiche da miscredente incallito ha l'effetto di tediare il lettore del XXI secolo.
L'epilogo di sadismo applicato al personaggio della madre giunge sgradevole e a tempo scaduto.