Fa uno strano effetto leggere questo racconto. La piccola Giulia perde la mamma che si butta dal balcone come per raccogliere la scarpetta sfuggita alla figlia. Giulia cresce grazie alla nonna Agata, una donna forte, autonoma, colta che dimentica gradualmente i nomi e le cose, non il suo dolore. Marco e Giulia si conoscono fin da bambini e la loro amicizia riprende anche dopo il viaggio e l’assenza di Giulia. La scrittura corre a mille, il tracciato però non è tortuoso, il ritmo vorrebbe essere sincopato, il traguardo raggiunto è tuttavia un testo scorrevole. Forse anche troppo. Troppe le parole che si consumano. O forse no. Si sa che Marco vuole Giulia, lei vuole e avrà la donna di Marco. Ma è attorno a quell’incomprensibile tragedia infantile mai superata di Giulia e di quel microcosmo che si sviluppa il tema del dolore, quello di un’amicizia e poi di un amore senza speranza. Forse è vero che siamo dentro un grande incantesimo e che per svegliarci aspettiamo il bacio di un principe o di una principessa. Forse è vero che il nostro dolore è il rospo delle fiabe che abita dentro di noi e la nostra esistenza è fatta di alcune piccole gioie che cerchiamo solo per il bisogno di salvarci almeno un po’. Fa uno strano effetto leggere questo racconto. Un orecchio sui binari.
...ContinuaUna scrittura che per essere profonda si fa pesante, perché usa troppe parole; per essere originale si fa scontata, perché oggi tutti si sforzano di essere originali senza limitarsi a esserlo per ciò che sono. A ciò si aggiunge il fatto che l'autrice non va per niente d'accordo con i verbi ausiliari. Stancante. Un libro che grida e qualche volta stona. A me piacciono i libri che raccontano.
...Continua