Continuo a provare un sentimento di profondo affetto incondizionato per questo autore, così come continuo a fate una grande ( grandissima ) fatica a seguire il suo stile anche in questa raccolta, così che anche questa volta getto la spugna ed ancora, anche questa volta mi deludo nel farlo.
Uff.
...ContinuaHo letto questo libro con grandi aspettative dopo aver sentito parlare dell'autore durante un monologo e dopo essermi informato.
Ammetto quindi la mia ignoranza.
Avevo aspettative riguardo alle emozioni che cercavo, non so determinate da cosa. Forse cercavo un po'di saggezza da strada, un po'di beat generation, in po'di Updike...invece ho trovato altro.
È stata un'esperienza inattesa e se tornassi indietro lo rileggerei ma non è entrato nel mio cuore come invece hanno fatto altri libri.
Mi rimane una sensazione vaga che mi ricorda: " ultima fermata Brooklyn" . Un libro che mi ha lasciato emozioni dure da digerire.
Cosa devo dire? Sarò snob, sicuramente lo sono, ma quando ci sono dei passaggi in cui rimani secco come un baccalà e torni indietro per rigustarli, all’interno di un evanescenza che a volte non ha né capo ne coda, ci trovo del genio. Mi faccio condizionare dal personaggio? Dalle interviste e dalla sua vita? Forse. Ma tant’è, bisogna sperimentare e mollare giù un po’ di zavorra.
...ContinuaOgni volta che leggo una raccolta di racconti penso sempre che sarà l'ultima, che non ci casco più, basta mi dico (e quasi sempre bestemmio perché non soddisfatto e con la sensazione finale di aver sprecato tempo).
Anche ora con DFW arrivo alla stessa conclusione... possibile che per la mia esperienza solo Donald Barthelme riesca ad appagarmi con dei racconti?
Avevo già detto, in occasione dell’altro libro da me letto, che DWF (sigla che racchiude più velocemente il lungo David Foster Wallace) non mi convinceva. Certo, quella “cosa che non farò mai più” aveva anche lati divertenti, ed un piglio di simpatia che questo scritto, anche in virtù del suo essere una raccolta di racconti (genere a me molto ostico) non raccoglie. Qui escono fuori due caratteristiche peculiari ed opposte di DWF, la sua indubbia capacità di scrivere (punto a favore) e la sua onnisciente cerebralità (punto molto a sfavore). Caratteristiche che si intrecciano spesso, che DWF usa (almeno in parte) i racconti per dire (anche) altro. Non è a caso che si lancia in strali o analisi crude su diverse caratteristiche della cultura americana. La cultura della televisione, ad esempio, in due dei migliori racconti (Piccoli animali senza espressione, La mia apparizione), o il delirio punk alienato sadico lisergico nel racconto del titolo (La ragazza dai capelli strani). Fino a quello che a me più è rimasto impresso, per la ricostruzione storico-farsesca di decenni della politica americana, attraverso gli occhi e la carriera di un segretario omosessuale di un presidente americano emblematico (Lyndon). Devo notare comunque che l’edizione italiana è monca rispetto all’originale, laddove il decimo è più lungo racconto ha visto luce autonoma presso la “minimum fax”, editore italiano di DWF. Come altrove notato, i racconti non hanno legami tra loro, se non per la continua tensione verso la denuncia delle paranoie del mondo americano. Notando anche che, in ogni testo, DWF riesce a variare registro, ad utilizzare un modo di scrivere e di proporre consono al tema trattato. Il viaggio comincia con Piccoli animali senza espressione dove si narra, con continui salti temporali e logici, la vicenda di una ragazza lesbica che partecipa ad un quiz televisivo per pagare le cure al suo fratello autistico, aprendo la prima riflessione sia sulle tematiche personali che sul ruolo della televisione. Si prosegue con uno dei meno riusciti: Per fortuna il funzionario commerciale sapeva fare il massaggio cardiaco resoconto dell’incontro di due funzionari in un notturno parcheggio, ma che non riesce ad intrigarmi. Il livello si alza con La ragazza dai capelli strani racconto in prima persona di un sadico avvocato repubblicano e del suo incontro don uno strano gruppo di punk, all’interno di un concerto di Keith Jarrett. Che essendo uno dei miei numi tutelari della mia colonna sonora della vita, trovo faticosamente la capacità di astrarmi, pur riconoscendo le astuzie e le cattiverie narrative verso l’avvocato stesso. Si arriva così al migliore, Lyndon fittizia ricostruzione della carriera di Lyndon B. Johnson, dal governatorato del Texas, alla presidenza degli Stati Uniti, alla morte, attraverso gli occhi di un suo stretto collaboratore omosessuale. Un utilizzo delle capacità di scrittura di DWF che passa dall’intimismo del segretario alla volgarità del Presidente. Da qui si comincia a scivolare. Prima con John Billy storia della vendetta perpetrata del ranchero Chuck Nunn Junior, che in originale mi si dice ben resa allo strano accento del narratore, ma che in traduzione non riesce a riportarci nei luoghi della storia (per chi lo volesse sapere, l’Oklahoma). Poi con Da una parte e dell'altra dove due ragazzi narrano la versione personale della loro storia, senza grandi patemi. Si risale abbastanza con un’altra narrazione anti-televisiva con La mia apparizione dove vediamo un’attrice una volta famosa ed ora dedita a spot commerciali partecipare allo show di David Letterman “Late Night”, e dove DWF riesce a ridicolizzare tutti, dall’attrice ai vari personaggi che ruotano negli show televisivi, sino all’intoccabile, all’epoca, Letterman. Il finale è tutto in discesa verso la poca incisività. La lunga storia a più voci di un adulterio nell’ambito di un circolo ebraico di Chicago in Dire mai ed il brevissimo testo sul matrimonio di un uomo ed una donna nel conclusivo È tutto verde. Come dicevo, DWF scrive maledettamente bene. Ed inoltre ne è consapevole, motivo per cui a volte gigioneggia un po’. I suoi strali ci sono, ma per me si annegano nella brevità del testo, nelle modalità di porlo. Non ultimo, io mi perdo quando le storie rimangono sospese, quando non si arriva mai al punto, quando si parla a nuora perché suocera intenda. E poi, personalmente, non riesco mai a disgiungere il DWF scrittore dal DWF uomo. Per cui, ad un certo punto, mi perdo. È di certo un autore migliore di quanto riesco a comprenderne, ma non ce la faccio ad entrare mai di più nel dettaglio.
“Un ragazzo … prende in prestito una copia dell’’Anatomia del Gray’…” (49) [capisco al momento della prima traduzione di trenta anni fa, ma ora si può citare il libro come ‘Grey’s Anathomy’ e tutti capiscono]
“Mi mandò dei fiori dicendomi di andare a vivere con lui e di essere il suo amore.” (216) [dalla poesia di Marlowe che dice ‘come live with me and be my love’, bellissima]