Died about a month ago, I always have considered author Philip Roth as one of the greatest US contemporary writer, because his style and because what he wrote really was determined into the proposal to rapresent several aspects into the human nature and behaving telling stories which were apparently related to just a limited context. He did the same with this romance titled "Portnoy's Complaint" on the other hand, but results are definitely not so good as you could expect. Basically centred on the sexual and then of course social complexes of Alex Portnoy, grown up into a middle class family in New Jersey, the story it's narrated as first person supposing a psychological therapy of the protagonist. Not so brilliant, I found it almost trivial and with aplenty of trivial things we had yet more and more both about sexual and social complexes than about having irony about Jewish. Roth really failed that time.
...ContinuaUna rapsodia in forma di monologo: Roth da voce alla crisi d'identità e di valori dell'uomo moderno. Il protagonista è in frantumi, sull'orlo della nevrosi. Una disgregazione psico-fisica che non è solo di matrice etnica (il non sentirsi pienamente americano, il non voler essere ebreo), ma che riguarda più in generale lo spaesamento del non avere un posto nel mondo come uomo. Una crisi che è solo in parte spinta alla liberazione (come quando il "lamento" diventa critica feroce di una piccolo-borghesia incastrata nei suoi schemi e nei suoi rituali). Il sesso, ad esempio, riveste per Zuckerman un ruolo duplice e ambiguo: tensione libertaria e specchio delle proprie frustrazioni.
Una riflessione non retorica, senza peli sulla lingua, tutt'altro che auto-conclusiva. Il più volte menzionato "provincialismo" rothiano è sottoposto ad una feroce ed implacabile autoanalisi.
Il monologo ovvero il lamento, ovvero l'esistenza di Alexander Portnoy, uomo tormentato da desideri che ripugnano la coscienza e da una coscienza che ripugna i desideri. "Sbirciate attraverso l'oblò e guardateci qui, ammassati contro le paratie nelle nostre cuccette, gementi e lamentosi di autocompassione, tristi figli lacrimosi di genitori ebrei, stravolti dal rollio in questo mare di colpa". Un grido autoironico e dissacrante, un inno alla libertà dell'individuo e alla libertà di pensiero, un inno alla liberazione da dogmi, preconcetti, formalismi e bigottismi:
!«Io disprezzo gli ebrei per la loro ristrettezza mentale. Per l'ostentazione della loro rettitudine […] ma quando si tratta di pacchianeria e ostentazione, di credenze che farebbero vergognare persino un gorilla, è praticamente impossibile raggiungere i livelli dei goyim (i non ebrei n.d.r.). Che razza di rincoglioniti da quattro soldi sono costoro per adorare un tizio che, primo, non è mai esistito e, secondo, se è esistito, a giudicare da quel quadro era senza dubbio La Checca della Palestina»
Il linguaggio volutamente forte,secco ed esplicito (tipico di roth) che ha reso celebre il libro è in qualche modo necessario: esso trasmette infatti tutta la rabbia e la frustrazione sociale del protagonista, la sua disapprovazione verso le imposizioni, e quì non manca anche una critica alla società capitalista americana, che soffoca l'individuo. Capolavoro da leggere tutto d'un fiato anche per lo stile ipnotico dello scrittore americano. Buona lettura ;)
Doveri e pulsioni di un (giovane) 33enne.
Non ci sarebbe niente si speciale se non fosse che qui si tratta di un ebreo newyorkese: ecco l’ossimoro, il conflitto, lo scontro: la rigida educazione ebraica contro la vita newyorkese di un giovane (anche di successo, con annessi e connessi) – nell’america degli ultimi anni ’60. Nevrotico, erotomane ("Seghe" e "Figomania" s’intitolano due capitoli, per capirsi), mammone e continuamente stritolato tra le proprie tradizioni ebraiche ed il vivace mondo esterno (popolato quasi interamente da ragazze goym, manco a dirlo tutte da concupire, quasi che possederle fosse l’unico modo per penetrare il loro mondo wasp, farne parte – od almeno venirne accettato, tollerato).
Alex Portnoy tritura tutto: convenzioni, religione, affetto filiale, morale, amore, tutto.
Per goder appieno di questo libro sono indispensabili: ironia, senso del ridicolo, sarcasmo.
Basta? No. Meglio se si conosce un po’ di autori di matrice ebraica – ma non è fondamentale, diciamo che si apprezzano di più alcuni contrasti.
Comunque, erotismo adolescenziale a parte, il libro introduce anche i vari contrasti culturali all’epoca presenti (ricordo, il libro esce nel 1967!) tra cui: genitori/figli, ebrei/non-ebrei, rituali (tradizione)/modernità.
Insomma, vari piani di lettura, dal più semplice ai più complicati: ognuno scelga il suo, sono tutti godibili!
(N.B. esser (stati) maschi adolescenti, aiuta, in effetti)
extremely well written, and nearly as extremely boring