Non ripetendo, per ovvi motivi di concisioni, quanto detto nelle varie intro agli ultimi libri di Scerby, affrontiamo questo quindicesimo volume della meritoria opera del Corriere della Sera. Uno Scerby più di atmosfere che di misteri. Non è un giallo, ma rimane comunque pieno del senso amaro della vita che a profusione emana dagli scritti del nostro. Non perché non ci sia possibilità di finali felici, ma sembra sempre che la catastrofe ci aspetti appena dietro l’angolo. E come non aspettarsi una catastrofe dalla storia che, in prima persona, narra la bella Ornella Dallas? Lei, appunto, bella, giovane, traduttrice simultanea plurilingue, si innamora, riamata, del bello e tenebroso Falk. Il quale, prima di chiederla in sposa, le rivela la tragica verità: lui è una spia. Ora non sappiamo di che spia si tratti, perché nelle sue vicende sembra dare un colpo al cerchio ed una alla botte. Capiamo di sguincio che nelle sue trame ricascano uno scienziato ungherese ed un diplomatico portoghese (nonché una strana puntata in Svezia). L’azione più “divertente”, poi, è quando, per non far cadere un messaggio in mano ai loro nemici, lo fanno imparare a memoria ad una squinzia francese. Ma non in una lingua qualsiasi, bensì traducendolo in finlandese. Ed è carino veder nascere frasi per noi insensate in una lingua che sentimmo estati fa, e che ci rimane ad oggi incomprensibile. Come ad esempio il bellissimo scioglilingua “Tottelemattomuudestansa”, che significa soltanto “Egli era disubbidiente”. Anche se questo ci dovrebbe far propendere per il fatto che Falk sia una spia d’oltre cortina, che altrimenti i russi avrebbero potuto capire presto l’origine del finlandese. Ma ci sono pochi elementi “alla James Bond” nella storia, che servono più che altro a connotare meglio l’affetto “oltre ogni limite” che lega i due (tra l’altro, di Falk non sapremo mai il nome). Come quando Falk è costretto a circuire la moglie dello scienziato ungherese (facendo ingelosire Ornella) o come quando Falk chiede ad Ornella di fare la svenevole con il diplomatico portoghese. Entrambi poi finiranno male (suicidi o suicidati), cosa che metterà sempre più in crisi Ornella. Che si confida con l’amica Lorely, la quale verrà prontamente fatta fuori. O come quando si affidano a Karl e Marta, di cui non vediamo, ma immaginiamo, la fine. Ma non è tanto l’attività di spionaggio al centro dell’idea romanzesca di Scerby. Quanto, invece, l’assunto del titolo e la derivazione che ne viene nel momento in cui, amando, si cerca di non essere più una spia. Ma come direbbero i baci perugina, una spia “è per sempre”. Insomma, tutta la storia cardine del romanzo è il tentativo di Falk di “dimettersi” dallo spionaggio senza dimettersi dalla vita. Prima tenta con le buone, i suoi capi facendo finta di accogliere la richiesta, per poi tentare subito dopo, di farlo fuori. Falk capisce allora che bisogna attuare un piano più ardito. Allora, tramite Ornella, riesce a far avere alla polizia (ma in modo quasi naturale, senza che si capisca possa essere un piano studiato) dei fogli di carta ed una rubrica. E mentre la polizia li decifra ed inizia a smantellare, con l’aiuto degli omologhi servizi segreti, la rete spionistica di Falk, lui ed Ornella spariscono nel grande continente australiano. Altro mito del nostro ucraino negli anni Settanta. Per sparire, solo due mete: il Messico o l’Australia. Ma prima di perdersi nell’outback, con un grande colpo di “sfortuna” uno dei cattivi che li stanno cercando, incrocia la coppia all’aeroporto di Calcutta. Ti pare più sfiga di così? Uno volta scovati anche in Australia, Falk deve concepire un piano ancora più audace per cercare di spezzare i legami con lo spionaggio. Ed è seguendo questo piano in tempo reale che Ornella poi descrive in flash-back la sua storia con Falk. Non ha molta importanza questo piano, sarebbe quello che ognuno di buon ragionamento avrebbe suggerito ai due per avere un lieto fine, vivere felici e contenti da qualche parte, senza il rischio né di essere uccisi né di passare un paio di vite in carcere. Falk però ci mette quasi 200 pagine per arrivarci. E Ornella ci arriva solo perché portata di peso da Falk e dal suo amore. Quale sia questa soluzione, non ve lo dico, rimanendo il solo, piccolo, elemento di suspense della storia stessa. Che, come dicevo, è poco importante come suspense o giallo o thriller, ma più come atmosfera. Che Scerby, con due tratti di penna, ti cala dentro la storia. Con la sua abilità da sceneggiatore (anche se mai lo fu) ti costruisce intorno un film, che alla fine non puoi non andare a vedere, tanto risulta attraente nelle prospettive. E nelle inquadrature, che il nostro ti porta con mano da Roma a Parigi, da Göteborg a Melbourne, da Budapest a Napoli. Confesso, che ho letto di lui cose più avvincenti e con meno speranza, storie di disadattati e disfunzionali alla società che ti prendevano allo stomaco e non ti lasciavano più. Qui si legge, e si nota con piacere l’evolversi della storia. Un solo punto di biasimo è quando, ad un certo punto, esce fuori la parte molto maschilista di Scerby, che fa dire ad un uomo “Tu sei una donna e non puoi capire”. Nel contesto può avere tanti significati, ma io non l’avrei espressa così.
“Quando un uomo ha veramente in testa una donna, non se la può levare più dalla testa, mai, qualunque cosa faccia. Tu sei la donna che ho in testa e non ci posso fare niente: m’interessi solo tu.” (51)
fra i vari libri che ho letto e che mi sono molto piaciuti, questo mi ha leggermente deluso.
l'ho trovato piuttosto ripetitivo e molto virato al rosa.
o forse le storie di spie, con annessa devozione totale della consorte, non fanno per me.