Avrebbe potuto essere un libro interessante, dove l’unione della scrittura di A. M. Homes si sarebbe unita alla struttura atipica, per le città americane, di Los Angeles. Una specie di guida turistica nella quale ci sarebbe stato posto non solo per le attrazioni più in vista, quella mainstream, ma anche per tutti quei particolari che magari solo un occhio attento come quello dell’autrice di La fine di Alice e Jack avrebbe potuto saper cogliere. Se vogliamo essere buoni possiamo dire che l’operazione è riuscita a metà, ma solo se vogliamo essere buoni. Perché Homes, che in realtà è newyorkese, arriva a Los Angeles e si barrica, sia quasi fisicamente ma anche narrativamente, all’interno di un hotel, che per quanto possa essere interessante e ricco di aneddoti è pur sempre un hotel e non può giustificare il titolo del libro. Se le intenzioni iniziali erano comunque quelle di incentrare la narrazione sull’hotel, allora il titolo è forviante e avrebbe dovuto essere cambiato. La sensazione è che Homes ci abbia davvero messo tutta la sua buona volontà nel cercare di scrivere un libro focalizzato su Los Angeles, infatti di tanto in tanto prova a mettere il naso fuori dall’albergo (per poi inevitabilmente tornarci), ma si sia scontrata contro un’impossibilità che le veniva fuori dal profondo, soffermandosi così su un soggetto magari più piccolo e ristretto rispetto a un’intera città. L’hotel fa quindi la parte di un vortice che risucchia tutto e nel quale tutto, nel libro, pare avere il destino di finire. È un peccato, soprattutto per quelli come me che si erano immaginati di visitare un giorno Los Angeles alla ricerca dei posti indicati da A. M. Homes per rivivere gli aneddoti raccontati in questo libro.
...ContinuaMolte recensioni dicono che il libro non parla affatto di L.A. ma a suo modo la scrittrice lo fa. Vedere in L.A. un luogo da ascoltare e indagare è un modo di vedere L.A ma da dove iniziare? Ovviamente non è una città semplice da comprendere e sicuramente parlare con personaggi che possono delineare parti di questo colosso può essere utile, l'unico problema del libro è che è troppo breve!Per il resto il modo di guardare L.A. come ha fatto la Homes non mi è dispiaciuto.
...ContinuaAvevo acquistato questo romanzo della Homes in previsione del viaggio fatto in ottobre a Los Angeles, ma poi non lo lessi, preferendo vivere la città direttamente, sulla pelle, senza filtri dettati da altre esperienze. Ora che è passato un mese dal mio ritorno, me lo sono ritrovato sul comodino e la nostalgia me l’ha fatto divorare in poche ore!
Los Angeles è una città diversa da tutte le altre, nessuna le somiglia, ma per entrare davvero nella sua anima bisogna viverla per almeno una settimana, per riuscire a fare ordine nel suo disordine.
La cosa che più ti colpisce è che tutti sono “stranieri”, non c’è nessuno che si arroga il diritto di considerarsi il cittadino più vecchio che detta le regole per i nuovi arrivati, guardando con diffidenza chi ha un accento diverso da quello locale, come invece capita spesso nelle nostre città. E’ una città che ti attrae e ti respinge allo stesso tempo, a causa della sua stravaganza, del miscuglio di umanità.
Quando incontri un abitante del posto, sai che è molto probabile che faccia un lavoro “per vivere”, ma che poi abbia un sogno nel cassetto da realizzare, spesso legato al mondo del cinema e che abbia scelto questa città proprio con questo obiettivo!
Il libro scorre via veloce, ma la Homes non è stata brava, come lo è nei suoi romanzi, a comunicare emozioni: se una persona dovesse decidere se andare a Los Angeles dopo aver letto le sue descrizioni, probabilmente deciderebbe di non andarci!
Emerge di continuo il confronto con New York, la città dove l’autrice abita, e la Grande Mela risulta sempre vincitrice! Con questo non voglio dire che sia falso, ma lo scopo del libro commissionatole dal National Geographic era quello di descrivere atmosfere e peculiarità di Los Angeles e in questo non è riuscita!
Il volumetto di A. M. Homes è lettura estremamente godibile: pur non avendo pretese artistiche di rilievo, riesce al meglio nell’obiettivo per cui è stato pensato, ossia accompagnare il lettore in un viaggio ideale nell’immensa, tentacolare "Città degli Angeli".
Lungi dall’assumere una cadenza didascalica, il libro è piuttosto un diario di bordo, impreziosito da una prosa scorrevole e da sprazzi di autentico humour, che certamente contribuiscono a rendere l’Autrice vicina a chi legge, come se fosse una cara amica, od anche un’occasionale compagna d’avventura tra le vie di Hollywood, La Cienega, Vine, Wilshire, Sunset.
E' di certo apprezzabile l’idea di tratteggiare la fisionomia di L.A. attraverso i racconti di gente comune, tra cui spiccano il mohel di origine ebraica e il portalettere di Beverly Hills, che ci schiudono il mondo di losangelini appartenenti a classi sociali diversificate.
Ne vien fuori un ritratto dalla matrice spiccatamente antropologica, che risalta nel racconto di quanto il mitico Château Marmont ha rappresentato per i costumi di una città che, a giusta ragione, è icona incontrastata del Sogno Americano, depositaria di sogni e speranze di generazioni di emigranti.
La lettura è particolarmente stimolante per chi ha già vissuto la magica atmosfera di L.A., che racchiude tra le sue pieghe qualcosa di unico. Esteticamente non bella ma dal fascino ipnotico e dai colori opalescenti, decadente e sfavillante allo stesso tempo, Los Angeles incanta i suoi visitatori come una splendida sirena... Con le palme a definire la sua inconfondibile, magica silhouette, da sempre immortalata nei cartelloni pubblicitari bruciati dal calore di un'estate senza fine.
Veramente deludente: speravo si raccontassero storie di L.A. invece alla fine un libro ego-riferito che non mi ha detto veramente nulla.